Pellegrino Artusi, l’inventore della cucina italiana

Si scrive Pellegrino Artusi, si legge “cucina italiana“; o, per meglio dire, cultura gastronomica del nostro Paese, che questo scrittore e gastronomo, stando alla secca (e asfittica) definizione enciclopedica ha contribuito se non a far nascere sicuramente a diffondere in tutto il mondo.

Chi era Pellegrino Artusi

Il nome di Artusi è indissolubilmente legato al successo del suo libro più famoso, diffuso e consultato, il trattato e ricettario – ancora oggi capostipite della cucina italiana – intitolato “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene“, che denota sin da subito i suoi obiettivi. Per la verità, questo tomo non è stato l’unico lavoro del letterato, che ha dato alle stampe anche un saggio sulla “Vita di Ugo Foscolo. Note al Carme dei Sepolcri” (edito dalla Casa Editrice Barbera di Firenze nel 1878) e delle Osservazioni su una trentina lettere di Giuseppe Giusti, noto poeta italiano del diciannovesimo secolo. Eppure, inutile negarlo, è proprio La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene il punto più alto raggiunto dall’Artusi, il lavoro che lo rende in pratica l’inventore della nostra cucina italiana.

Gli studi classici e la bottega paterna

Ma chi era questo personaggio? Pellegrino nasce il 4 agosto 1820 a Forlimpopoli, in piena Romagna, da una famiglia benestante; fu perciò possibile per lui proseguire gli studi in seminario e frequentare successivamente gli ambienti studenteschi bolognesi, appassionandosi ai classici. Tuttavia, tornò comunque nel paese natale per proseguire l’attività del padre, un droghiere commerciante di spezie, fino a quando la vita sua e della famiglia non fu sconvolta da un fatto increscioso.

Il terribile incidente

Il 25 gennaio 1851, infatti, un pericoloso brigante (Stefano Pelloni, detto il Passatore), assaltò Forlimpopoli con l’intento di rapinare le famiglie più ricche del paese, riunite per assistere al dramma La morte di Sisara; non contenta, la banda criminale saccheggiò anche le case private, compresa la bottega degli Artusi, malmenando Pellegrino e stuprando alcune donne, tra cui una sorella del futuro inventore della cucina italiana (che, impazzita per il trauma, fu ricoverata presso il manicomio di Pesaro). Dopo questa brutta pagina, la famiglia Artusi si trasferì nella più tranquilla Firenze, mentre Pellegrino iniziò a lavorare a Livorno e a divenire esperto di affari, accumulando anche delle ricchezze che gli consentono di coltivare le proprie passioni, come libri e buona cucina.

Un’altra disavventura

All’età di cinquanta anni, Pellegrino decise di iniziare a dedicare parte del suo tempo allo studio e all’analisi della letteratura, dando alla luce i testi citati in precedenza; la scintilla per la cucina invece è “datata” 1855, quando l’Artusi vive una disavventura che però si rivelerà decisiva. Nel corso della stagione dei bagni a Livorno, infatti, il futuro gastronomo entra in contatto diretto con il colera, temibile malattia che imperversava in Italia all’epoca: stando al racconto dello stesso Artusi, in un primo momento si pensò che il contagio derivasse da un minestrone consumato in una trattoria locale, ma successivamente si appurò la “responsabilità” di una più generale infestazione che aveva colpito Livorno.

L’intuizione delle ricette personali

Questo episodio però convinse Pellegrino Artusi a cimentarsi nella ricerca e nella elaborazione di una ricetta personale del minestrone, che sarà poi inserita nel suo capolavoro come ricetta numero 47. Tuttavia, anche nella realizzazione della sua opera gastronomica l’esperto romagnolo non ebbe particolare fortuna, visto che dovette pagare di tasca propria la prima pubblicazione dopo il rifiuto di vari editori, con una distribuzione piuttosto limitata.

Un libro travagliato ma fortunato

Comunque sia, nel 1891 finalmente Pellegrino riesce a convincere la tipografia “L’Arte della Stampa” di stampare almeno alcune copie del lavoro, e nonostante tutto il libro ha un successo travolgente: nei venti anni rimanenti vita di Artusi, infatti, si contano già 14 diverse edizioni e aumentano anche le ricette contenute, che dalle originarie 425 diventano 790. D’altra parte, il ricettario si apre con una notazione “programmatica”, che recita letteralmente “La storia di un libro che rassomiglia alla storia della Cenerentola“.

l arte di mangiar bene

L’inventore della cucina italiana

L’opera di Artusi è comunque considerata la prima trattazione gastronomica dell’Italia unita ed è citata nella corrispondenza tra due grandi protagonisti dell’Italia del Novecento, i filosofi Benedetto Croce e Giovanni Gentile. A dare nuova importanza al trattato è stata poi l’edizione critica curata da Piero Camporesi nel 1970, che ha valorizzato il prodotto e lo ha di fatto riportato a pieno titolo nel canone della letteratura italiana grazie a un lavoro di rigore filologico, teso a dimostrare l’importanza del testo al di là della manualistica culinaria.

Meglio dei Promessi Sposi

Come si legge nella corposa introduzione di Camporesi, infatti, Artusi e la sua Scienza in cucina hanno cementato l’unità d’Italia non solo a tavola, ma anche sotto il profilo della lingua, facendo “per l’unificazione nazionale più di quanto non siano riusciti a fare i Promessi sposi“. In particolare, i “gustemi artusiani sono riusciti a creare un codice di identificazione nazionale là dove fallirono gli stilemi e i fonemi manzoniani”, sostiene Camporesi.

Ricette da tutta l’Italia

Dal punto di vista pratico, il libro include per la prima volta in un unico volume ricette culinarie di tutte le regioni italiane: è questo che fa di Artusi il padre e l’inventore della cucina nazionale italiana. Di matrice positivista sin dal titolo, il manuale è “scientificamente testato“, perché ogni ricetta nasce dopo prove e sperimentazioni eseguite personalmente da Pellegrino Artusi.

Piatti per tutti i gusti (e gli stomachi)

Entrando ancora più in dettaglio dell’analisi dell’opera, La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene è organizzato in tre sezioni: si comincia con una parte introduttiva, proseguendo poi con le ricette e terminando con un’appendice con la Cucina per gli stomachi deboli e con le Note di pranzi. Il ricettario vero e proprio, invece, è organizzato secondo specifiche portate, e per la precisione

  • Brodi, Gelatine e Sughi

  • Minestre (di brodo, asciutte e di magro)

  • Principii

  • Salse

  • Uova

  • Paste e Pastelle

  • Ripieni

  • Fritti

  • Lesso

  • Tramessi

  • Umidi

  • Rifreddi

  • Erbaggi e Legumi

  • Piatti di pesce

  • Arrosti

  • Pasticceria

  • Torte e dolci al cucchiaio

  • Siroppi

  • Conserve

  • Liquori

  • Gelati

  • Cose diverse

Il successo del libro di Pellegrino Artusi

È abbastanza semplice spiegare il motivo del successo del libro di Artusi; oltre a quanto scritto sul fronte “politico”, bisogna anche considerare il numero e la qualità delle ricette oltre che il loro equilibrio, adatto alla classe sociale media che si sta sviluppando agli inizi del Novecento.

Il miglior chef della storia d’Italia

Ancora oggi, uno degli chef più importanti del mondo, il “nostro” Massimo Bottura, ritiene Pellegrino Artusi il più grande cuoco della storia, perché “ha provato, messo a punto, codificato la cucina del popolo italiano, la tradizione”, e invita a leggere il suo libro per “conoscere noi stessi e la nostra nazione, un cucchiaio alla volta“. Nelle note di introduzione alla Garzantina della Cucina, viene invece rivelato un segreto dell’Artusi, ovvero che le sue ricette sono in larga parte “il risultato di scambi epistolari con le sue lettrici, come egli stesso dichiara in numerose divagazioni, e rappresentano tutte le regioni italiane, novità assoluta rispetto ai precedenti ricettari”. Insomma, senza voler fare irriverenti paragoni, è un po’ quello che succede con le ricette del blog proposte nelle varianti di chi legge e commenta!

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