Datteri di mare: cosa sono e perché è vietata la loro pesca

Si chiamano datteri di mare, sono una prelibatezza e sono illegali, o meglio ne sono vietati la loro raccolta e commercializzazione, anche se ciò non ferma il loro consumo e la loro diffusione: proviamo a scoprire qualcosa in più di questo pregiato frutto di mare, dal costo ragguardevole e dalle caratteristiche molto particolari.

Che cosa sono i datteri di mare?

Il nome scientifico è Lithophaga lithophaga, ma il colore bruno e la forma allungata del guscio di questo mollusco bivalve ricordano immediatamente il noto frutto tipico dell’Africa settentrionale e dei climi caldi ed è per questo che lo chiamiamo comunemente dattero di mare.

Si tratta di un mollusco che si annida negli anfratti delle rocce calcaree in varie zone del Mediterraneo (ad esempio nell’Adriatico), del Mar Rosso e dell’Oceano Atlantico, e che ha una caratteristica fisica particolare: ha una crescita estremamente lenta, e ad esempio possono servire da 15 ai 35 anni per far sviluppare un frutto lungo 5 centimetri.

Dal punto di vista gastronomico, i datteri di mare hanno un sapore che ricorda sia quello delle ostriche che quello delle cozze (che sono sue “parenti”, facendo parte della famiglia del Mytilidae), e sono utilizzati soprattutto per primi piatti o per il consumo assoluto.

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Datteri di mare prezzo al kg

In realtà, le occasioni per mangiare datteri di mare sono poche, perché questo prodotto è sulla lista dei “piatti proibiti“, ovvero degli alimenti di cui sono vietate la raccolta e la commercializzazione; ciò nonostante, è fiorente un mercato illegale e parallelo, che permette l’acquisto (ribadiamo, in modo illecito) di datteri di mare a un costo decisamente alto.

Nello specifico, la vendita sottobanco può spingere il prezzo dei datteri di mare fino a 100 euro al chilo, con incrementi ulteriori nel periodo delle festività di fine anno. Non è un caso, quindi, che spesso la stampa utilizzi l’espressione “cocaina del mare” in riferimento ai datteri di mare, che sono una fonte di guadagno appetibile per le organizzazioni criminali che sfruttano questo mercato di contrabbando per i loro interessi.

Perché i datteri di mare sono vietati?

A pagare gli effetti negativi di questa situazione sono l’ambiente e la biodiversità: la raccolta e la commercializzazione di questi molluschi è vietata in Italia sin dal 1998 e anche l’Europa ha stretto le maglie nel 2006 per proteggere appunto l’ecosistema marino, messo a dura prova dai sistemi usati per recuperare i datteri, ma questo purtroppo ne ha fatto solo accrescere il valore sul mercato “nero”, alimentato da criminali e da persone senza scrupoli.

La pesca di questi molluschi – anche di frodo – si esegue con picconi, martelli pneumatici o, nel peggiore dei casi, con esplosivo e questo, ovviamente, ne distrugge l’habitat e altera in maniera pericolosa e irreversibile i fondali rocciosi marini.

Per questi motivi, come accennato, in Italia sono vietati consumo, detenzione, commercio e pesca di datteri di mare sin dal 1998, mentre l’Unione Europea ha reso illecite queste attività con il Regolamento (CE) 1967/2006. Chi contravviene a questa legge e pesca dei datteri di mare può essere punito severamente (detenzione in carcere da 2 mesi a 2 anni o multa da 2.000 a 12.000 euro), ed è sanzionabile anche chi è scoperto in flagrante a mangiare questi molluschi.

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Datteri di mare allevamento: forse c’è una speranza

Il dattero di mare è destinato quindi a restare oggetto proibito dei nostri desideri gastronomici? Forse no, perché da alcuni anni sono state avviate delle iniziative per soddisfare la richiesta di chi vuole gustare in maniera lecita e legale questo alimento.

Sono in corso di sperimentazione, infatti, vari progetti di allevamento di datteri di mare, compatibili con la tutela ambientale, che prevedono la messa in dimora dei molluschi in appositi blocchi di cemento, che possono essere distrutti per il recupero dei frutti di mare senza causare alcun danno ecologico o paesaggistico.

Uno dei principali esempi è quello avviato nel golfo di Manfredonia con il finanziamento della Regione Puglia, incentrato in particolare sui datteri bianchi, più rapidi a crescere.

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