Tra le varie tendenze gastronomiche e culinarie di questi ultimi anni non possiamo non citare anche la diffusione di tipologie alternative di cottura delle pietanze, carni su tutte: parliamo, in particolare, delle tecniche che invitano a impiegare piastre in pietra lavica, in pietra ollare o ancora le cosiddette refrattarie, ideali per i lievitati. Proviamo a fare il punto della situazione e a definire meglio le caratteristiche di questi prodotti.
La diffusione delle pietre naturali
Anche se in genere si pensa che siano di composizione affine, e nonostante i metodi di cottura comunque simili, in realtà queste piastre sono realizzate in materiali naturali molto differenti, che è bene conoscere e distinguere per valutare al meglio le preparazioni da eseguire e gli alimenti da posizionare in cottura, oltre che le migliori tecniche di pulizia e di manutenzione.
Che cos’è la pietra lavica
Diffusa classicamente per l’impiego in architettura, per rivestire gli esterni e per arredare gli interni con gusto e stile, negli ultimi anni il colore scuro della pietra lavica ha trovato nuova linfa e applicazione anche in campo gastronomico. Dal punto di vista pratico, si tratta di una roccia effusiva nota come diorite, esclusivamente di origine magmatica, che dunque si ricava dalle cave presso le zone vulcaniche, come l’Etna e il Vesuvio in Italia, con composizione chimica simile al granito e al basalto; in cucina, il suo comportamento è simile a quello della steatite di origine vulcanica (più semplicemente, pietra ollare) ed è adatta a una serie di preparazioni grazie innanzitutto a un sistema di cottura uniforme.
Le caratteristiche della pietra lavica
La cottura su pietra lavica riesce a combinare due aspetti essenziali: infatti, è salutare ed esalta i sapori dei cibi. Merito delle sue qualità naturali: questo tipo di roccia si ricava da antiche colate laviche, risultando così assolutamente pura (come il vetro di categoria A) e senza alcuna traccia di piombo; inoltre, anche la piastra non emette sostanze nocive né determina la formazione del benzopirene. I cibi cotti in questo modo non necessitano di condimenti e i grassi che si disciolgono nel processo non entrano in contatto con l’alimento, né si crea fumo che infastidisca. La cottura avviene per assorbimento di calore in modo omogeneo, così da conservare il valore nutritivo e vitaminico dei cibi.
Che cos’è la pietra ollare
Non dissimili le caratteristiche della steatite, che come abbiamo detto è comunemente detta pietra ollare o pietra saponaria: si tratta di una roccia metamorfica che ricorda la giada, anche per il colore verde, per esistendone varianti di tono bianco, crema o rosso. In Italia, la produzione deriva essenzialmente dal Nord (Piemonte, Liguria, Valtellina in Lombardia e Friuli, per lo più), ma esiste anche quella estera, che spesso costa meno ma, allo stesso tempo, ha anche una resa peggiore. Il prezzo di questo materiale varia a seconda dello spessore, delle dimensioni e della presenza di telaio, e può andare da alcune decine di euro a somme superiori ai 100 euro.
Le caratteristiche della pietra ollare
La roccia steatite, a differenza di quella magmatica, non viene lasciata allo stato grezzo ma arriva in commercio dopo un trattamento di levigazione; simile però è il comportamento in fase di cottura, perché anche la pietra ollare assorbe una gran quantità di calore che poi rilascia in modo graduale, con tempi di riscaldamento lievemente superiori rispetto all’altra tipologia. Questo è reso possibile dalla composizione della pietra, che è costituita da magnesio, talco e, in parte, clorite; il nome, invece, deriva dallo storico utilizzo per le “olle” latine, vasi aperte o pignatte dell’Antica Roma. Altre qualità importanti sono il suo essere antiaderente e chimicamente neutra, fattore che permette di non modificare minimamente i sapori e gli aromi dei cibi.
Le differenze tra pietra lavica e pietra ollare
In sintesi, entrambe le pietre sono adatte per cotture lunghe perché hanno capacità di mantenere il calore; inoltre, sono naturalmente antiaderenti e non cedono odori e sapori alle pietanze posizionate in cottura. Tuttavia, c’è una differenza di fondo: la pietra lavica è un elemento radiante che viene scaldato dal gas utilizzato, mentre la pietra ollare è piuttosto uno strumento per cuocere, alternativa ad esempio alla piastra in ghisa; inoltre, come accennato, i tempi di riscaldamento sono differenti. Oggi, vista la moda, si sono diffuse varie tipologie di pentole, griglie, padelle in lega di alluminio con rivestimento in pietra antiaderente, ma non si tratta di vere piastre in pietra (ed è pertanto importante prestare attenzione ai certificati di conformità dell’alluminio e dei rivestimenti), mentre le pietre “originali” trovano applicazione in piastre e barbecue.
Come si usano le pietre in cottura
Il procedimento per la preparazione delle pietanze è simile alla cottura alla piastra, ma non serve utilizzare il classico fuoco acceso in cucina: la “rivoluzione” sta infatti che una pietra preriscaldata mantiene per oltre mezz’ora il calore sufficiente per cucinare, e pertanto è possibile portarla in tavola e posizionarci sopra ogni tipo di cibo preferito, come carne, pesce, formaggi o verdure. La cottura deve iniziare con la pietra molto calda, evitando forti sbalzi di temperature e facendo attenzione a non versare acqua fredda direttamente sulla pietra, che altrimenti rischia di lesionarsi.
I metodi di cottura delle piastre naturali
Sia la pietra ollare che la pietra lavica si rivelano adatte sia per cottura su carbonella sia su gas. Chi ama i barbecue dovrà scegliere prodotti adatti, privi cioè di eventuali supporti in legno: questa tipologia di cottura può far raggiungere temperature elevate alla pietra lavica, anche vicine ai 600 ° C. Il classico fornello a gas invece porta la temperatura massima a 250 ° C, così come quella in forno, e le caratteristiche delle pietre consentono di riscaldare cibi fino a un’ora dopo il raggiungimento della temperatura ottimale (in genere, almeno 200 ° C) anche lontana dalla fonte di calore.
I vantaggi delle pietre naturali
Qualcosa abbiamo già detto, sul fronte degli aspetti positivi che derivano dall’utilizzo in cucina di questi prodotti: si va da un tipo di preparazione “dietetica” – senza aggiunta di grassi animali o vegetali né di condimenti particolari, che crea pietanze perciò più leggere – alla salubrità degli stessi cibi, che non subiscono alterazioni né di gusto né di processo grazie alle proprietà antiaderenti (che impediscono inoltre agli alimenti di bruciare) e non presentano residui carboniosi. È poi un procedimento che crea anche una “convivialità” maggiore, perché è possibile riscaldare le portate direttamente in tavola, e che consente di servire pietanze più naturalmente gustose e con basso consumo di energie. Ovviamente, c’è anche la possibilità di condire in un secondo momento le portate, aggiungendo olio, erbe o spezie o con marinature nel vino.
Gli svantaggi delle pietre naturali
In realtà non esistono vere e proprie controindicazioni all’uso di pietre laviche o pietre ollari, quanto piuttosto accorgimenti da seguire per una corretta manutenzione e un utilizzo giusto delle stesse. Questi prodotti sono infatti molto fragili e delicati, e temono urti e shock termici: vanno insomma maneggiati con cura, anche perché molto pesanti. Un altro fattore negativo potrebbe essere il prezzo, che comunque sarà ripagato dalla qualità delle preparazioni. Infine, se troppo sottili le pietre non riescono a trattenere a dovere il calore, e quindi questo è un aspetto da considerare al momento dell’acquisto.
La manutenzione e la pulizia delle pietre naturali
In entrambi i casi, prima di utilizzare per la prima volta una pietra nuova bisogna effettuare una serie di operazioni: innanzitutto, lavare il prodotto con acqua salata, senza alcun detersivo che potrebbe impregnare la pietra; successivamente, si deve cospargere la superficie con olio d’oliva e lasciarla così per 24 ore, per poi pulire con carta assorbente. Dopo l’utilizzo, a cottura terminata non si deve utilizzare acqua per pulire, ma attendere il raffreddamento e solo allora usare uno straccio imbevuto di aceto e una spazzola di ferro per rimuovere i residui di cibo. Se si sfruttano le pietre per cibi diversi, prima di cambiare pietanza è consigliabile passare mezzo limone sulla piastra per far sfumare i profumi precedenti. La pietra lavica e la pietra ollare possono essere conservate sia al freddo sia al caldo e non assorbono gli odori dei cibi.
Che cos’è la pietra refrattaria per la pizza
Accanto alle due tipologie naturali si inserisce poi un altro prodotto, la pietra refrattaria, che si sta diffondendo per la cottura di impasti lievitati come pane e pizza, con risultati simili a quello dei forni a legna professionali. La pietra refrattaria è una piastra realizzata con un materiale di tipo refrattario (principalmente argilla o cordierite) che cuoce velocemente ad alte temperature, superando perciò i limiti dei forni domestici nella preparazione della pizza.
Le caratteristiche della pietra refrattaria
Queste piastre hanno inoltre una serie di qualità: evitano le bruciature (dorando le superfici a contatto), assorbono i liquidi in eccesso negli alimenti (conferendo pertanto una croccantezza particolare a prodotti lievitati), mantengono costante la temperatura del forno e riducono gli sbalzi termici provocati dalle eventuali aperture dello sportello.
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