Grom chiude alcune gelaterie e fortifica la presenza al supermercato

Udine, Treviso, Viareggio, Modena, Mestre, Alessandria e Torino, lo storico locale in via Cernaia dove tutto ebbe inizio, meno di venti anni fa: il progetto Grom, nato agli inizi del Duemila dall’idea di Federico Grom e Guido Martinetti e passato nel 2015 nelle mani di Unilever, sembra davvero aver concluso la sua parabola con la chiusura delle storiche gelaterie, nell’ottica di una strategia commerciale che punterà a privilegiare la grande distribuzione organizzata o altri canali di distribuzione.

Chiude la storica gelateria Grom a Torino

Già nei mesi passati, sul finire del 2019, c’erano state le prime avvisaglie di questa trasformazione commerciale con le chiusure di quattro gelaterie, a cui ha fatto seguito un altro triplo addio, compreso quello doloroso del punto vendita di Torino, per un totale di 11 da raggiungere entro il 2020.

La spiegazione di Unilever

Una nota di Unilever spiega i motivi di questa decisione: “Negli ultimi anni c’è stata un’evoluzione del modello di business e una visione proiettata sul medio e lungo periodo”, si legge, e quindi la multinazionale sta valutando “nuove opportunità, nuovi canali e nuovi modelli di acquisto e consumo“.

Si comincia innanzitutto dalla grande distribuzione, ma non si esclude di portare il marchio Grom in giro per il “canale on the go con chioschi o biciclette gelato“, o ancora di sfruttare i bar e “il canale direct to consumer” per mettere in pratica “una strategia multicanale a supporto del piano di crescita del brand“.

La situazione del marchio Grom

La stampa ha anche fotografato la situazione attuale del brand: oggi Grom vanta ancora 46 negozi monomarca in Italia, più due chioschi all’interno dei Carrefour Gourmet a Milano e Roma. Quando nel 2015 ci fu la cessione del marchio a Unilever, Grom contava su 67 negozi in Italia e nel mondo e su un fatturato di circa 30 milioni, ma si iniziavano a percepire le prime voci di perdite e di problemi.

Secondo Unilever, comunque, in questi cinque anni l’attività di Grom è sempre stata in crescita, con un incremento complessivo “del +46,7% se si considera il brand comprensivo di tutti i paesi e tutti i canali”, con un fatturato di 44 milioni di euro dichiarato per il 2019.

La strategia di Unilever per il gelato Grom

In questo periodo, la multinazionale ha puntato sull’internazionalizzazione, ha sviluppato altre linee di prodotto per diversificare la presenza di Grom sul mercato (lanciando ad esempio marmellate, confetture, biscotti e prodotti da forno a firma Grom), ma soprattutto ha cercato di portare il brand sul canale della grande distribuzione, concentrando l’attenzione sulla vendita dei barattoli di gelato nei banconi frigo dei supermercati.

Tuttavia, come già notavamo in un articolo di oltre due anni fa, la scalata di Grom verso la leadership del comparto è bloccata da vari ostacoli; da un lato, c’è il prezzo del gelato (più di 22 euro al chilo, stratosferico anche a fronte di un prodotto gourmet, con un barattolo da 313 grammi venduto a circa 7 euro!), a cui si aggiungono la concorrenza e altre tematiche legate alla percezione del brand.

In particolare, guardando ai dati di vendita Grom non è riuscita ancora a sfondare nella fascia alta dei gelati, dominata dall’americana Häagen-Dazs che propone un prodotto caratterizzato in maniera nettamente differente (e con molte più varianti), mentre ovviamente le altre fasce più economiche della categoria sono appannaggio di altre marche (tra cui Algida, Magnum, Ben&Jerry’s, tutte di proprietà di Unilever).

Grom gelato, una storia con qualche polemica

Sin dal lancio commerciale nel 2003, Federico Grom e Guido Martinetti avevano puntato sul motto “Il gelato come una volta”, cercando di promuovere una produzione legata a ingredienti del territorio per creare un prodotto con materie prime di qualità, che rispecchiasse i gusti piemontesi.

Da subito, l’azienda si caratterizza per una filosofia “artigianale“, anche se l’aggettivo è stato pesantemente contestato e ridimensionato, tanto che il Codacons aveva diffidato Grom per l’utilizzo improprio del termine.

In particolare, come ricostruisce questo articolo di Wired, sotto accusa è la produzione delle miscele liquide del gelato di Grom, che avviene uno stabilimento vicino a Torino, in cui le miscele vengono imbustate, surgelate e “distribuite in tutti i punti vendita, dove i commessi-gelatieri le scongelano, le mantecano e le trasformano in gelato”. Processo che è lontano dall’idea di prodotto “fresco” al 100%.

Il futuro di Grom

Unilever quindi tenta ora una nuova carta per tentare di rivitalizzare il brand Grom, rinunciando quindi alle caratteristiche originarie del progetto dei due fondatori. In questi anni, Martinetti e Grom hanno mantenuto ruoli dirigenziali all’interno dell’azienda (rispettivamente, risultano come consulente per la Ricerca e Sviluppo e come procuratore), ma ora stanno diventando insistenti le voci che vorrebbero un loro “passo indietro” e un abbandono definitivo.

Nel frattempo, la stampa racconta che Guido Martinetti e Federico Grom si stanno concentrando su un progetto alternativo, la produzione di vino della tenuta biologica Mura Mura a Costigliole d’Asti.

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