Starbucks apre a Roma e offre lavoro: vogliamo vederci chiaro

Doveva aprire i battenti entro il 2019, stando alla promessa fatta quasi esattamente un anno fa, e anche se i tempi si sono prolungati l’intenzione resta sempre la stessa: aprire uno Starbucks a Roma, nelle immediate vicinanze dei Musei Vaticani, per portare anche nella Capitale d’Italia il menu di caffè, bevande e non solo che caratterizza il brand statunitense.

Uno Starbucks a Roma entro la fine del 2020

Cominciamo dalle (poche) notizie certe che sono state diffuse alla stampa da rappresentanti del gruppo Percassi, l’azienda italiana che si occupa di accompagnare l’espansione italiana del colosso americano, sviluppando e gestendo anche le caffetterie. Secondo quanto riportato da Repubblica, Starbucks a Roma aprirà “entro il 2020, sicuramente dopo l’estate”.

Individuata la location in zona Prati

Il rallentamento delle operazioni è dovuto anche a difficoltà nella scelta della giusta location: manca ancora la formalizzazione definitiva del contratto, e anzi ci sono più ambienti in lizza, anche se tutti concentrati nella zona vicino al Vaticano, ad altissima intensità turistica. Al momento, in vantaggio sembrano essere i locali dell’ex libreria Maraldi, chiusa definitivamente 5 anni fa, che sorgono tra via dei Bastioni di Michelangelo e piazza Risorgimento con ben 9 vetrine.

Starbucks Roma, poche informazioni confermate

Non ci sono informazioni specifiche neanche sul tipo di punto vendita con cui Starbucks intende metter piede a Roma, ovvero se aprirà una Roastery di lusso sul modello già visto in piazza Cordusio a Milano o se invece sarà una caffetteria più tradizionale come quelle di Corso Garibaldi o della Stazione centrale. L’opzione più probabile sembra essere questa seconda, e quindi il format Starbucks Core, adatto a servire una clientela numerosa e di passaggio come quella della zona Prati.

L’unica notizia aggiuntiva che arriva dal gruppo Percassi riguarda la selezione del personale romano, e in particolare la ricerca di uno store manager e di un vice, che dovranno seguire “un periodo di formazione a Milano che durerà minimo 4 mesi”, coerentemente con le previsioni sull’apertura nell’ultimo trimestre del 2020.

Le reazioni degli altri imprenditori romani

L’articolo dell’edizione romana di Repubblica riporta anche le voci di alcuni dei responsabili degli altri locali “all’ombra del Cupolone“, che sono già in fibrillazione e si dividono, classicamente, tra chi guarda con curiosità alla novità e chi invece demonizza la filosofia della catena americana. Ad esempio, Stefano Callegari di Trapizzino (uno dei locali ospitati nel progetto Be.Re.) è convinto che “l’apertura di Starbucks potrebbe essere un punto di forza per la zona”, perché non pensa che “diventerebbe concorrenziale per il panino e forse nemmeno per i caffè all’italiana”.

Completamente opposta la posizione di Pierfrancesco Tudini di Knick Knack Yoda, che anticipa di non esser “contento dell’ipotetico arrivo della caffetteria in zona Prati”, perché a suo parere “le multinazionali come Mc Donald’s, Burger King e, appunto, Starbucks, non dovrebbero proprio entrare nel cuore della città”.

Il caso McDonald nel 1986

Sembra quasi di rileggere le polemiche che accompagnarono lo sbarco di McDonald a Roma, il primo in Italia, nel lontano 1986: allora avvenne la cosiddetta “battaglia di piazza di Spagna” che vide schierati in maniera trasversale intellettuali, personalità della tv e della moda (su tutti Valentino) e addirittura prelati contro l’invasione americana, l’odore di frittura e il processo di trasformazione della gastronomia.

Un investimento in zona turistica

Oltre trenta anni dopo, le nostre città si sono riempite di ogni tipo di fast food e catene che propongono ogni forma di alimento, e il caffè di Starbucks è solo uno dei tanti esempi in questa direzione. Al di là delle valutazioni personali, l’unica considerazione che conti è quella dei numeri: i Musei Vaticani sono una vera miniera per un investimento imprenditoriale, uno dei luoghi più frequentati al mondo con oltre 6 milioni di visitatori, e quindi uno Starbucks in zona sarebbe un ottimo apripista anche per aperture successive.

La strategia americana ha già previsto infatti una ulteriore diffusione del brand sul territorio capitolino, con successive aperture in zone iconiche come la stessa Piazza di Spagna o di grande afflusso come le stazioni Termini e Tiburtina. Completata questa fase – e conquistate le due più grandi metropoli d’Italia – Starbucks dovrebbe poi svilupparsi poi nel Centro-Nord con punti vendita nelle città di medie dimensioni, come Firenze, Venezia, Torino e Bologna.

La strategia di Starbucks in Italia

L’obiettivo finale, annunciato già nel 2017 da Antonio Percassi, è di arrivare entro il 2025 a un numero complessivo tra i 200 e i 300 Starbucks distribuiti in tutta Italia, e quindi è anche prevedibile un forte incremento di investimenti e aperture già dai prossimi mesi. Lo ha confermato di recente anche Vincenzo Catrambone, general manager di Starbucks Italia, che ha anche raccontato l’approccio del gigante americano al complicato mercato tricolore.

“Starbucks non è venuto in Italia per insegnare qualcosa a qualcuno, bensì per mettere a disposizione un’esperienza diversa e particolare“, e per questo “ha modificato la propria offerta per intercettare le esigenze della clientela italiana, ad esempio differenziando la parte food con tante novità inserite ogni 3-4 mesi e inventando nuove ricette”, spiega il dirigente. Soprattutto, la catena di caffetterie “ha dato vita a luoghi di incontro, relax, lavoro“, “quello che Starbucks definisce il suo essere the third place, il terzo posto tra casa e lavoro, un luogo da vivere come meeting point”, conclude Catrambone.

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