Buste della spesa riutilizzabili: facciamo chiarezza

Nonostante le iniziative trans-nazionali e quelle dei singoli Stati (ricordate la memorabile “battaglia” di inizio 2018?), i sacchetti di plastica continuano a essere ovunque e ogni minuto i clienti escono da negozi e supermercati con sacchetti monouso, non sempre tutti e completamente biodegradabili. In realtà, per dare il nostro contributo alla sostenibilità ambientale possiamo compiere un piccolo gesto che però può diventare il primo passo di un percorso più rispettoso dell’ambiente, ovvero scegliere sacchi, borse e buste della spesa riutilizzabili.

I problemi dei sacchetti di plastica

I sacchetti di plastica monouso fanno male all’ambiente: non ci dovrebbero essere più dubbi di fronte a questa affermazione, che si basa su molte ragioni. Dai metodi di produzione alla mancanza di riciclabilità, alle difficoltà di dismissione (accumulo in discarica o, peggio, fuori di esse) e agli anni necessari per la decomposizione, i sacchetti di plastica pongono molti problemi quando si analizza il profilo dell’impatto ambientale.

Alcuni numeri e fatti, poi, ci raccontano la verità dietro ai sacchetti di plastica e ci offrono tanti elementi su cui ragionare per virare poi sulle buste riutilizzabili.

  1. Impatto ambientale notevole

All’apparenza piccoli e leggeri, i sacchetti di plastica hanno un impatto ambientale maggiore di quanto possiamo immaginare: innanzitutto, realizzarli richiede molta energia (solo negli Stati Uniti servono ogni anno dodici milioni di barili di petrolio per soddisfare la produzione, e circa l’8% della produzione mondiale totale di petrolio viene utilizzato per produrre plastica) e, secondo alcune stime potremmo guidare l’auto per oltre 1,5 chilometri con la stessa quantità di benzina necessaria per produrre appena 14 sacchetti di plastica.

  1. Una causa di inquinamento multiplo

Gli effetti della plastica sull’ambiente possono essere devastanti, e lo sappiamo: nello specifico, prodotti come i sacchetti di plastica possono impiegare dai 15 ai 1.000 anni per degradarsi, e questo presupponendo che finiscano in una discarica invece di finire in acqua come ruscelli, fiumi o oceano o disperso genericamente nell’ambiente. Sempre negli Stati Uniti, solo l’1 per cento degli 80 miliardi di sacchetti di plastica usati ogni anno viene riciclato. Aggiungiamoci anche un altro aspetto: per la distribuzione su scala globale, le aziende produttrici di sacchetti di plastica utilizzano mezzi di trasporto con combustibili fossili.

  1. Fattore di rischio per la salute umana

Gli scienziati, poi, spiegano che i sacchetti non si disintegrano completamente ma si fotodegradano, diventando microplastiche che assorbono le tossine e continuano a inquinare l’ambiente. Questo è particolarmente pericoloso, perché la plastica tipicamente utilizzata per fare i sacchetti (ma anche bottiglie e contenitori per alimenti) può contenere additivi chimici come gli interferenti endocrini, che sono associati a effetti negativi sulla salute tra cui tumori, difetti alla nascita e soppressione del sistema immunitario negli esseri umani e nella fauna selvatica.

  1. Problemi mortali per la fauna selvatica

Ogni anno, 1 milione di uccelli marini e oltre 100mila mammiferi marini muoiono perché scambiano i sacchetti di plastica nell’oceano per cibo, e circa il 34% delle tartarughe marine morte ha ingerito plastica. Sulla terraferma, invece, si verificano morti nella fauna selvatica perché piccoli animali possono restare intrappolati nei sacchetti di plastica impigliati tra gli alberi. Non dobbiamo poi dimenticarci del fenomeno delle microplastiche (rintracciate in suolo, acqua potabile, carni animali e persino nella placenta umana), né dei pericolosi percolati chimici, che possono compromettere la crescita dei microrganismi più importanti del mondo, il Prochlorococcus, un batterio marino che fornisce un decimo dell’ossigeno mondiale.

  1. Costi economici

Come detto, e come ben sappiamo, in molti posti nel mondo, Italia inclusa, i negozi impongono una sorta di “tassa” sui sacchetti di plastica, che costano solitamente 10 centesimi; tuttavia, anche se potremmo non pagare direttamente il loro acquisto quando andiamo a fare la spesa, sono tutt’altro che “gratuiti”.

In media, i sacchetti di plastica costano circa 3-5 centesimi ciascuno – da moltiplicare per il numero totale di prodotti da fornire durante un anno – ai rivenditori, che quindi incorporano questo costo “nascosto” nei prezzi degli altri articoli venduti in negozio. Inoltre, bisogna aggiungere il costo della gestione dei sacchetti di plastica nel ciclo dei rifiuti, in termini di raccolta, pulizia e lavorazione nelle discariche, che secondo alcune stime internazionali si aggira intorno ai 17 centesimi a sacchetto, anche questi a carico dei contribuenti. Le comunità e i governi spendono milioni di dollari per gestire la quantità crescente di rifiuti di plastica: il California Integrated Waste Management Board stima che i contribuenti spendano 25 milioni di dollari all’anno per mettere in discarica i sacchetti di plastica e la sola città di San Jose spenda 3 milioni di dollari all’anno per rimuovere i sacchetti di plastica dai suoi corsi d’acqua.

In media, quindi, in un anno finiamo per pagare circa 80 euro per i rifiuti di sacchetti di plastica, a cui dobbiamo addizionare il prezzo pagato alle casse: solo negli USA, famiglia media usa 1.500 sacchetti di plastica ogni anno che, ipotizzando un costo di un centesimo a borsa, equivalgono a una spesa vicina ai 100 dollari all’anno (anche considerando la possibilità di riutilizzo di un sacchetto).

  1. Spreco di risorse

L’aspetto più problematico è che tutto quello che abbiamo scritto si riferisce a un oggetto che, in media, viene utilizzato per soli 12 minuti: trascorso questo tempo, infatti, nella maggior parte dei casi il sacchetto di plastica diventa un rifiuto. Sono l’esatta definizione di spreco, sia economico che di risorse: oltre ai costi associati alla produzione e all’acquisto di sacchetti di plastica da parte dei rivenditori, ci sono molti costi esterni che spesso non vengono considerati, come quelli ambientali dell’estrazione e dell’esaurimento delle risorse, il peggioramento della qualità della vita, la perdita economica dovuta all’abbandono dei rifiuti e la mortalità della fauna selvatica.

Valutiamo le alternative

Una soluzione immediata al problema della plastica è ovviamente cambiare il materiale di composizione delle buste per la spesa; in tal senso, una prima alternativa sostenibile sono i sacchetti di carta, che effettivamente presentano alcuni vantaggi rispetto ai sacchetti di plastica ma non sono “perfetti”.

In particolare, si rivelano più facili da riciclare e sono biodegradabili, quindi possono essere anche utilizzati per scopi come il compostaggio. Tuttavia, ci sono delle ombre legate alla produzione di carta, che richiede molte risorse e, secondo le stime, realizzare un sacchetto di carta richiede circa quattro volte l’energia necessaria per produrre un sacchetto di plastica. Inoltre i prodotti chimici e i fertilizzanti utilizzati nella produzione di sacchetti di carta creano ulteriori danni all’ambiente.

Studi dimostrano che, per neutralizzare l’impatto ambientale rispetto alla plastica, un sacchetto di carta dovrebbe essere utilizzato da tre a 43 volte: una quota poco verosimile, perché questi prodotti sono i meno resistenti tra tutte le opzioni ed è improbabile che una persona possa utilizzarli a sufficienza. Tuttavia, il fatto che la carta sia riciclabile aiuta a ridurne l’impatto: nel 2018, il 68,1% della carta consumata negli Stati Uniti è stata recuperata per il riciclo, percentuale in aumento nell’ultimo decennio. Ma c’è un altro “però”: le fibre della carta diventano più corte e più deboli ad ogni processo di riciclaggio, e quindi esiste un limite al numero di volte in cui la carta può essere riciclata.

La scelta migliore: le buste della spesa riutilizzabili

Ben più efficaci sono le borse riutilizzabili in stoffa, tessuto o in materiali quali la iuta, disponibili in varianti differenti come borsa per la spesa pieghevole, borsa per la spesa richiudibile e busta per la spesa lavabile: in generale, sono tutte semplici da utilizzare, pieghevoli, poco ingombranti, riutilizzabili per molto tempo, più resistenti delle classiche buste del supermercato e anche economicamente convenienti.

Questi prodotti costano solitamente pochi euro e possono essere facilmente acquistati nella maggior parte dei negozi al dettaglio e supermercati, ma ci sono anche dei modelli “speciali” che si trovano sulle piattaforme e-commerce, come ad esempio le borse spesa per carrello.

Al di là delle differenze specifiche, rappresentano una scelta pratica ed etica che agevola le operazioni di trasporto della spesa a casa, anche perché dotate di manici solitamente confortevoli, anche quando le buste della spesa sono particolarmente pesanti.

I vantaggi dei sacchetti riutilizzabili: sostenibilità e praticità

Dal punto di vista della praticità, un sacco di iuta riutilizzabile dovrebbe durare almeno 4 anni, durante i quali può evitare l’utilizzo di 600 sacchetti di plastica monouso.  E quindi, anche il costo di acquisto (molto più elevato rispetto ai pochi centesimi di un sacchetto di plastica) diventa una sorta di “investimento”, perché le borse riutilizzabili sono un acquisto una tantum che può durare per anni.

Rispetto ai sacchetti di plastica alle casse che sono monouso per definizione, e quindi generalmente fragili e sottili (e quante volte capita di ritrovarsi con un sacchetto strappato da oggetti appuntiti o da un carico pesante!), le borse riutilizzabili sono più resistenti e durevoli: possono sopportare un peso maggiore rispetto ai normali sacchetti di plastica e sono meno inclini a strapparsi anche se acquistiamo con oggetti pesanti o appuntiti.

Ancora, sono disponibili in una grande varietà di materiali e design diversi: esistono modelli in cotone, tela, tessuto, plastica riciclata da bottiglie d’acqua, e in alcuni casi possiamo addirittura personalizzare il disegno o lo slogan.

Insomma, abbiamo solo l’imbarazzo della scelta e possiamo essere certi di portare a casa borse della spesa riutilizzabili che sono leggere, resistenti e lavabili e di intraprendere un percorso più rispettoso dell’ambiente.

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