Parafrasando Sergio Leone, possiamo dire che ci sono “la buona, la tossica e la cattiva“: parliamo di muffe alimentari per andare a sfatare alcuni dei principali preconcetti in cui possiamo cadere al riguardo. In effetti, se pensiamo alle muffe ci viene in mente come prima immagine un cibo andato a male, ricoperto di macchie indistinte di colore blu, verde e nero, da buttare immediatamente. Non tutte le muffe sono cattive, e anzi ci sono tante muffe buone, fondamentali per la produzione di alcuni degli alimenti che amiamo, come salumi, formaggi e non solo.
Che cosa sono le muffe
Le muffe sono organismi microscopici che appartengono al regno dei funghi e sviluppano su vari substrati, sia di origine vegetale che animale, alimenti compresi. Più precisamente, sono composte da una massa chiamata micelio (a sua volta composto dalle ife, strutture cellulari filamentose che rappresentano la del fungo che vediamo e riconosciamo come muffa) e sono ubiquitarie: in pratica, ciò significa che le troviamo praticamente ovunque, nell’aria, nel suolo, sugli alimenti e persino sul nostro corpo.
Le muffe si riproducono attraverso piccole spore che possono viaggiare nell’aria e resistere a condizioni ambientali estreme, fino a iniziare a crescere quando trovano condizioni favorevoli, come un ambiente umido e ricco di nutrienti.
Questi funghi svolgono un ruolo fondamentale nell’ecosistema, contribuendo alla decomposizione della materia organica e al riciclo dei nutrienti, ma sono di migliaia (o addirittura centinaia di migliaia) di tipologie differenti. Per questo motivo, ci sono sicuramente alcune muffe che risultano dannose per la salute umana perché producono le tossiche micotossine, ma anche altre che invece sono utilizzate in maniera controllata nel campo alimentare, in particolare per la produzione di formaggi, salumi e bevande alcoliche.
Le muffe alimentari: la buona, la cattiva e la tossica
Le muffe, quindi, possono essere per noi alleate o nemiche in cucina. Esistono praticamente in tutti i tipi di ambienti e compaiono continuamente sul nostro cibo: nella maggior parte dei casi preferiscono e prosperano in condizioni calde e umide, ma alcuni tipi si sviluppano anche in condizioni fredde e secche, come le muffe che si formano nei frigoriferi o nei magazzini freddi in cui si fanno asciugare o stagionare la carne e i salumi.
La maggior parte delle persone evita gli alimenti che hanno segni di spore di muffa, associandoli immediatamente a infezioni, malattie e pericoli, ma non sempre la muffa è tossica e, anzi, abbiamo vari esempi di muffa buona, che ha il ruolo di preservare le qualità commestibili di alimenti come formaggi e salumi.
La carne fresca o i salumi non devono mai presentare segni di formazione di muffe, che dimostrino che l’alimento è in avanzato stato di decomposizione, e anzi se abbiamo un pezzo di carne che presenta della muffa, la soluzione migliore è buttarlo via.
Qual è la muffa buona
Più precisamente, nell’industria alimentare si utilizzano da secoli (o forse millenni) muffe in maniera controllata per la produzione di una varietà di prodotti: sono quelle che compongono la famiglia delle muffe “buone”, che contribuiscono a conferire ai cibi un sapore e una consistenza unici.
Tra le muffe più utilizzate in campo alimentare troviamo le specie del genere Penicillium: ad esempio, Penicillium roqueforti e Penicillium camemberti sono utilizzate nella produzione di formaggi come Roquefort e Camembert, mentre altre caratterizzano l’ampia famiglia dei formaggi erborinati, tra cui spicca il nostro Gorgonzola.
Un’altra muffa utilizzata nell’industria alimentare è Aspergillus oryzae, utilizzata nella produzione di alimenti fermentati come la salsa di soia e il miso, che contribuisce a scomporre i grani di soia e il riso, rendendo disponibili i nutrienti e conferendo ai prodotti il loro sapore unico.
Tra le muffe buone annoveriamo Penicillium nalgiovense, comunemente utilizzata nella produzione di salumi, che forma una patina bianca o grigia sulla superficie dei salumi durante la fase di stagionatura, contribuendo a proteggere il prodotto dalla crescita di muffe e batteri indesiderati. Un ingrediente speciale di salame di Felino o culatello è Penicillium chrysogenum, una muffa che contribuisce a proteggere il salume durante la stagionatura e a conferirgli il suo sapore distintivo.
Anche nella produzione di pomodori si sfruttano le proprietà delle muffe buone: è il caso della Penicillium expansum, che serve a fare pomodori pelati e passata di pomodoro perché produce enzimi che aiutano a rompere la pectina, la sostanza che conferisce ai pomodori la loro consistenza, e rende quindi la passata di pomodoro più liscia e omogenea.
Un altro ambito in cui le muffe svolgono un ruolo fondamentale è la produzione di cibi e bevande fermentate. Un esempio è il tempeh, un alimento fermentato a base di soia molto popolare nella cucina indonesiana, che prevede l’utilizzo della muffa Rhizopus oligosporus, che fermenta i grani di soia e conferisce al tempeh il suo sapore distintivo, aumentandone al contempo la digeribilità. In modo simile, anche il sake, la tipica bevanda alcolica giapponese, si produce a partire dalla fermentazione del riso grazie alla muffa Aspergillus oryzae, conosciuta in Giappone come “koji”, che scompone gli amidi del riso in zuccheri, che vengono poi fermentati dal lievito per produrre alcol.
Tornando a prodotti a noi geograficamente e culturalmente più vicini, non possiamo non citare l’impatto e l’importanza delle muffe nella produzione di vini e birre. In particolare, il vino di Sauternes, in Francia, è impreziosito dalla Botrytis cinerea, chiamata anche “muffa nobile”, che si sviluppa sulle uve in condizioni di umidità, causando una parziale disidratazione dell’uva che concentra gli zuccheri e contribuisce a creare un vino dolce, complesso e molto apprezzato. Un altro esempio è il vino Sherry, in Spagna, dove la muffa Flor forma uno strato sulla superficie del vino durante l’invecchiamento, contribuendo a creare il suo sapore unico. Spostandoci in Belgio, le muffe possono avere un ruolo nello sviluppo delle birre Lambic, uno stile di birra che prevede una fermentazione spontanea grazie ai lieviti e alle muffe presenti nell’aria, che danno alle bevande un sapore acido e complesso, molto diverso dalle birre prodotte con fermentazione controllata.
Cosa significa muffa cattiva
Ancora più esteso è però l’elenco delle muffe cattive, che sono tutt’altro che benefiche o innocue, soprattutto quando contaminano gli alimenti che consumiamo, perché possono micotossine che, se ingerite, rischiano di causare conseguenze anche gravi alla salute umana.
Prima di parlare delle muffe tossiche, però, possiamo analizzare quelle che sono un po’ meno pericolose, come ad esempio la muffa verde che possiamo trovare sui salumi e che rappresenta un segno che il locale di conservazione in cui li conserviamo ha troppa umidità o una ventilazione molto scarsa. Queste muffe indesiderate possono formare colonie di vari colori, tra cui verde, nero, blu o rosso, e muffe possono produrre sapori e odori sgradevoli, rendendo il salume inadatto al consumo, ma non è detto che sviluppino micotossine (servono appositi test di laboratorio). Ad ogni modo, per sicurezza, se notiamo una muffa di colore diverso dal bianco o grigio su un salume, è meglio evitare di consumarlo.
Lo stesso processo si verifica su alcuni formaggi, per cui è però necessario fornire qualche indicazione più specifica.
La presenza di muffe sulla crosta di formaggi a pasta dura o semidura, che hanno un basso contenuto d’acqua, non è necessariamente un segnale di allarme: in questi casi, è spesso sufficiente rimuovere la parte alterata del formaggio e consumare senza troppi problemi. Tuttavia, quando una muffa è visibile sulla superficie, i suoi filamenti potrebbero aver penetrato all’interno del formaggio, alterandone l’aspetto, il sapore e l’odore.
Per i formaggi a pasta dura, come il Parmigiano Reggiano o il Pecorino Romano stagionato, è raro che le spore delle muffe si diffondano sotto la superficie: in queste situazioni, è probabile che l’interno del formaggio sia sicuro da mangiare, a condizione che venga rimosso almeno 2 cm di formaggio intorno e sotto la zona incriminata.
Se notiamo la presenza di muffa sulla crosta di un pecorino fresco o una caciotta, è possibile rimuoverla strofinando la zona interessata e quelle circostanti con una spugna e acqua tiepida; dopo aver fatto asciugare il formaggio a temperatura ambiente, è importante consumarlo entro 15-20 giorni. Se la muffa compare su formaggi più stagionati, infine, è consigliabile utilizzare una spugna da cucina imbevuta di olio d’oliva per lucidare la crosta, conservando poi il formaggio in credenza, avvolto in carta o tessuto, purché la temperatura non superi i 15° (in caso contrario, è consigliabile conservarlo in frigorifero).
In linea di massimo, il formaggio andrebbe conservato avvolto in carta gialla da formaggi, panno di cellulosa, panno di lino o cotone inumidito, o semplicemente in un sacchetto del pane, e messo in un luogo fresco e asciutto a una temperatura non superiore ai 10-11°; in alternativa, possiamo conservarlo in frigorifero, che tuttavia deve essere pulito regolarmente per prevenire la proliferazione delle muffe.
Quali sono le muffe tossiche
Ben altro discorso riguarda le muffe tossiche, quelle da evitare accuratamente per metterci al sicuro da problemi che possono essere anche gravi.
La più pericolosa è la muffa nera, chiaro segnale che bisogna buttare subito l’alimento su cui si è sviluppata: questo specifico tipo di muffa è velenoso e appare, ad esempio, quando si conserva la carne secca in una stanza priva di ventilazione e dove l’umidità è a un livello molto elevato.
Per quanto riguarda i formaggi, poi, la presenza di muffa su latticini a pasta molle o filata, come ricotta, mascarpone, stracchino e mozzarella, o nei formaggi grattugiati e affettati, è un segno pessimo che può indicare la possibile contaminazione dell’intero prodotto, che dobbiamo considerare non più commestibile.
Ci sono poi altri tre tipi di muffe tossiche, che possono produrre le micotossine, nocive se ingerite: è Aspergillus, che può contaminare una varietà di alimenti, tra cui cereali, noci e spezie; Fusarium, che può contaminare cereali come il mais, soprattutto se le condizioni di conservazione non sono adeguate; Penicillium (ovviamente non le specie utilizzate nell’industria alimentare), se producono l’ocreatossina A e la patulina.
Come riconoscere le muffe sugli alimenti e cosa fare
Insomma, è importante prestare attenzione alla presenza di muffa sugli alimenti e conoscere le caratteristiche dei prodotti che consumiamo e, in caso di dubbio, conviene sempre essere prudenti e non consumare alimenti che presentano segni di muffa.
Possiamo però dire che c’è possibilità di riconoscere le muffe buone e cattive sugli alimenti, anche se può essere una sfida. In linea di massima, la presenza di muffa su un alimento non previsto per la fermentazione o la maturazione è un segnale che lo stesso potrebbe essere andato a male e dovrebbe essere scartato, ma è bene scendere in dettagli.
- Salumi
Nei salumi, una muffa bianca o grigia sulla superficie è generalmente un segno di una muffa buona, come Penicillium nalgiovense, che contribuisce alla maturazione del prodotto. Tuttavia, se notiamo muffe di colori diversi, come verde, blu o nero, o se il salume ha un odore sgradevole, è meglio non consumarlo.
- Carne
Nella carne, la presenza di muffa è generalmente un segnale che la carne è andata a male e non dovrebbe essere consumata. Anche se alcune carni, come i salumi, possono essere maturate con l’uso di muffe, la carne fresca non dovrebbe mai presentare muffa.
- Pane
Nel pane, la presenza di muffa è generalmente un segnale che il pane è andato a male. Le muffe sul pane possono essere di vari colori, tra cui bianco, verde e nero, e possono produrre tossine dannose. Pertanto, se notiamo la presenza di muffa sul pane, è meglio scartarlo.
- Formaggi
Nei formaggi la situazione è più complessa, come visto. Sintetizzando, alcuni formaggi, come il Roquefort o il Camembert, sono prodotti con l’uso di muffe e presentano venature o patine di muffa che fanno parte del prodotto. Tuttavia, se notiamo muffe di colori diversi da quelli previsti, o se il formaggio ha un odore sgradevole, è meglio non consumarlo. Per i formaggi a pasta dura, se la muffa si forma sulla crosta, è spesso possibile rimuovere la parte alterata e consumare il resto.
- Altri Alimenti
Per altri alimenti, come frutta e verdura, la presenza di muffa è generalmente un segnale che l’alimento è andato a male. Tuttavia, in alcuni casi, come per esempio la marmellata, è possibile rimuovere la parte alterata e consumare il resto, purché la muffa non sia diffusa.
Per fornire un ultimo consiglio pratico, non basta far riferimento al colore della muffa per comprendere se siamo di fronte a un caso di muffa buona, cattiva o addirittura tossica, perché molto dipende dalla tipologia di prodotto che la “ospita”. Ad esempio, se notiamo muffa bianca (o di qualsiasi altro colore) sul pane, pomodori, banane e altri vegetali freschi, è un pessimo segnale; al contrario, però, la muffa bianca su salume artigianale è normale, anzi più la muffa è bianca, migliore sarà il salame, il prosciutto o la salsiccia secca.