La cucina non è solo innovazione e ricerca. C’è una storia fatta di ingredienti antichi, sapori da riscoprire, ricette tradizionali. Un aspetto che accomuna le cucine regionali italiane e quelle del mondo intero. La storia che i Presidi Slow Food, ogni giorni, si impegnano a difendere, tutelando le produzioni tradizionali di tutti i Paesi. Una sfida da vincere, con impegno e costanza.
Cosa fa la Fondazione Slow Food
Nata nel 2003, la Fondazione Slow Food si pone da sempre l’obiettivo di tutelare la biodiversità alimentare in tutto il mondo attraverso diversi progetti che spaziano dai Presìdi all’Arca del Gusto, dagli orti in Africa all’Alleanza Slow Food dei cuochi e Mercati della Terra. E’ presente in più di 100 paesi e coinvolge migliaia di piccoli produttori, garantendo loro assistenza tecnica, formazione e comunicazione. Tutte le iniziative vogliono farsi promotrici di un modello di agricoltura basato sulla biodiversità locale, sul rispetto del territorio e della cultura locale.
I Presidi Slow Food
Tra le tante iniziative promosse c’è quella dei Presidi Slow Food. Slow Food Roma e Slow Food Milano sono le sentinelle italiane di questa iniziativa nata per difendere un prodotto tradizionale a rischio di estinzione; una tecnica tradizionale a rischio di estinzione; un paesaggio rurale o un ecosistema a rischio di estinzione. Due gli aspetti, o le condizioni, che devono verificarsi per dare vita a un presidio: la sostenibilità ambientale e quella sociale. Nel mondo i Presidi sono 570, in Italia se ne contano 250.
I Presidi in Italia
I principi che caratterizzano i Presidi sono numerosi: la tutela della biodiversità, dei saperi produttivi tradizionali e dei territori, l’impegno a stimolare nei produttori l’adozione di pratiche produttive sostenibili, pulite e a sviluppare un approccio etico al mercato. E’ ai Presidi che si deve la sopravvivenza di diverse razze animali, specie vegetali, formaggi, pani e salumi che rischiavano l’estinzione, il sostegno ai produttori più piccoli, la nascita di un modello capace di trasformare il modo di fare agricoltura. Nel 2008 è nata l’idea di una certificazione dei Presidi Slow Food, emblema di una filosofia nuova alla base del processo di produzione. I Presidi Slow Food spesso si incontrano con l’Arca del Gusto, il catalogo dei sapori e degli alimenti che stanno scomparendo.
Alimenti in via di estinzione
Rientrano in questo ampio catalogo dei sapori di una volta a rischio di estinzione l’aglio nero e la cipolla egiziana. L’aglio nero, ad esempio, è noto anche come aglio storico di Caraglio, comune della zona pedemontana della Valle Grana. Il particolare microclima del territorio, caratterizzato da una stagione invernale fredda e nevosa e da una stagione estiva fresca e ventilata, è perfetto per la coltivazione dell’aglio, che si caratterizza per un sapore delicato e una facile digeribilità. Le tecniche di coltivazione non possono che essere quelle tradizionali. Seminato in autunno, la coltivazione di caratterizza per: lavorazioni manuali, niente chimica di sintesi, rotazione almeno triennale con leguminose, cereali e altre specie coltivate su terreno eventualmente fertilizzato con letame bovino maturo. Il bulbo dell’aglio nero è piccolo e gli spicchi sono affusolati con striature color rosso vinaccia. Una volta seccati vengono confezionati a mano. Il suo profumo è delicato, proprio come il suo sapore, ed perfetto per la cucina piemontese, in particolare per alcune ricette come la soma d’aj, la bagna cauda e il bagnetto verde.
La cipolla egiziana
La cipolla egiziana è rigorosamente italiana, ligure. E’ nota anche con nomi diversi: la cipolla albero o cipolla che cammina. Si tratta di un ortaggio molto antico, coltivato tra Ventimiglia e la Valle della Nervia. Perché egiziana? In realtà, le origini di questo nome sono avvolte nel mistero, Si sa che la popolazione dell’antico Egitto considerava la cipolla un simbolo della vita eterna, grazie alla sua forma sferica e agli anelli concentrici, tanto da inserirla anche nei sepolcri dei faraoni. Basta questo a creare un collegamento con la produzione italiana? No ma la storia è affascinate. Una volta piantata, questo ortaggio riesce a ogni anno e per gli anni a venire numerose cipolle aeree, accrescendo la produzione di raccolto in raccolto. Interrando i bulbi raccolti dalla pianta madre in primavera, infatti, la pianta cresce senza troppe attenzioni e resistendo bene alle malattie. Resiste bene all’inverno, quindi apre anche all’autunno come stagione per la semina. E’ nota anche come cipolla albero perché riesce a raggiungere anche altezze pari a 1,2 metri e qui, tende a piegarsi e a generare nuove produzioni lì dove la cima tocca il suolo (cipolla che cammina). I Presidi Slow Food sono davvero una vera e propria finestra su un mondo e su produzioni che spesso ignoriamo ma che raccontano parte delle nostre radici e che fanno parte del nostro vissuto. Un patrimonio culturale a rischio che non possiamo davvero perdere e che dobbiamo tutelare tutti insieme per difendere le coltivazioni che caratterizzano le diverse produzioni nazionali.