Report torna sulla pizza napoletana: cosa è successo?

Pizza napoletana, una nuova inchiesta di Report rivela i miglioramenti

A distanza di otto anni dalla famosissima inchiesta del 2014 “Non bruciamoci la pizza”, che fece luce sulla presenza eccessiva di “idrocarburi” potenzialmente cancerogeni nei forni non adeguatamente puliti, la trasmissione Report di Rai 3 torna a dedicarsi alla pizza napoletana. Se però all’epoca si levò un coro di indignazione e polemiche sui contenuti veicolati, oggi la notizia è stata accolta con differente spirito, anche perché la situazione sembra migliorata e la qualità del prodotto e dei processi sembra essersi elevata in tutta Italia (o quasi).

Inchiesta Report sulla pizza, la situazione nel 2022

“Se oggi mangiamo una pizza migliore è anche un po’ merito nostro”, ha detto il conduttore Sigfrido Ranucci sintetizzando i risultati dell’inchiesta firmata da Bernardo Iovene, che in effetti sembra un po’ un aggiornamento del precedente lavoro e quasi un modo per dimostrare la buona fede della trasmissione all’epoca, anche in replica ai tanti attacchi subiti nel tempo.

E non è un caso che nel video compaiano anche due interviste ad Antimo Caputo di Mulino Caputo e al giornalista gastronomico Luciano Pignataro, che nel 2014 furono tra i primi a criticare Report e che oggi, invece, raccontano i miglioramenti avvenuti nel mondo-pizza.

In particolare, se l’inchiesta di otto anni fa aveva rivelato le criticità della pizza napoletana, non solo per l’utilizzo dei forni a legna ma anche per l’uso di farine meno raffinate e per il tipo di impasto, oggi l’amministratore delegato di Mulino Caputo ammette gli errori commessi e racconta della “virtuosa rivoluzione” avviata riscoprendo il passato, usando grani italiani e farine di tipologie differenti.

Allo stesso modo Luciano Pignataro, che aveva capeggiato il fronte delle critiche a Report nel 2014 (definendo vergognose le accuse mosse alla tradizione napoletana e accusando la trasmissione di aver messo sotto assedio la pizza), oggi riconosce il contributo meritorio offerto da quella inchiesta per migliorare la situazione della produzione della pizza, elevando la qualità in tutta Italia.

Il mondo della pizza oggi: più qualità, ma ancora qualche ombra

La fotografia sulla pizza in Italia rivela quindi notizie positive per i consumatori, che possono gustare prodotti più buoni e più sani, e il risultato sta anche nell’incremento degli acquisti e dell’apprezzamento: secondo i dati di Aibi, l’associazione italiana bakery ingredients aderente ad Assitol (associazione italiana dell’industria olearia), in tutto il 2021 nel nostro Paese sono state consumate oltre 2,7 miliardi di pizze, con predominanza del servizio in pizzeria (65%) rispetto all’asporto (35% dei volumi).

Numeri che confermano alcune tendenze, ovvero che il mondo della pizza italiana è in pieno boom commerciale, strategico e qualitativo, e che gli italiani hanno riscoperto dopo il lockdown il piacere di consumare l’amata pizza al tavolo di un locale, non disdegnando la consegna a domicilio. Anche in questo ambito, però, si ricerca la qualità (e possiamo leggere in tal senso l’abbandono di Domino’s pizza al mercato italiano), segno di un consumatore sempre più attento ed esperto.

Allargando il quadro di analisi, ogni giorno si annunciano nuove aperture in tutto il mondo di pizzerie di altissimo livello, le scuole di formazione sono molto gettonate tra i giovani (e non solo), la pizza napoletana conquista anche le altre città d’Italia, le materie prime sono sempre più italiane e selezionate… e poi ci sono i grandi chef o imprenditori famosi che cercano di lanciarsi nel settore e di seguire il trend “perché dà notorietà”, come gli emblematici casi di Cracco o di Briatore, con risultati alterni.

A proposito dell’imprenditore, in particolare, la puntata di Report del 22 novembre ha accompagnato due ispettori della selezione 50Top pizza world nella prova di degustazione delle pizze della catena Crazy Pizza di Flavio Briatore, che non hanno raggiunto la sufficienza e hanno subito parecchie critiche da parte degli esperti giornalisti Barbara Guerra e Albert Sapere.

Tra le altre “ombre” evidenziate dalla trasmissione di Rai3, poi, c’è quella legata all’utilizzo dei forni: l’Associazione Verace Pizza Napoletana, che ha l’obiettivo di promuovere il corretto disciplinare per la preparazione della pizza napoletana in tutto il mondo, ha ammesso l’utilizzo nel processo di farina tipo 1 e tre forni diversi (a gas, elettrico e a legna), segnalando però che con il forno a legna “le pizze non si devono infornare quando c’è il fumo“. Eppure, dice Iovene, “c’è ancora chi non sembra aver recepito questa indicazione”, che ha implicazioni sulla salute del consumatore.

Insomma, la pizza napoletana è viva e in salute, dice Report, che si ascrive il merito di aver contribuito a migliorare alcune situazioni critiche, legate ad esempio alla poca digeribilità e alle cotture approssimative in forni mai puliti, ma il settore può ancora compiere qualche passo in avanti.

 

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