Tecnicamente è solo una piccola coppetta di metallo, una ciotolina argentea che permette una rapida degustazione di qualsiasi tipologia di vino per una valutazione immediata; in realtà, il tastevin è uno degli oggetti più iconici nel campo dell’enologia ed è uno simboli della professione dei sommelier, che ancora oggi in molti casi portano al collo questo oggetto, anche se ormai il suo utilizzo pratico è superato.
Che cos’è il tastevin
Traducendo letteralmente dal francese, tastevin significa semplicemente “assaggia-vino“, e quindi il termine descrive sinteticamente la funzione di questo pratico oggetto, creato alcuni secoli fa per facilitare le operazioni di degustazione dei viticoltori, chiamati a valutare le qualità organolettiche delle produzioni in cantine prive di illuminazione, supportati solo dal fioco lume di candela.
Grazie al tastevin, invece, i vari professionisti potevano scoprire se effettivamente la vinificazione stava procedendo come previsto (e sperato), perché la forma dello strumento consentiva non solo di assaporare il vino, ma anche di giudicarne velocemente il colore e la limpidezza.
A cosa serve il tastevin: tipologie, forma e caratteristiche
E quindi, la coppetta che siamo abituati a vedere al collo dei sommelier e che abbiniamo proprio a questa figura professionale non è una “novità”, e il suo design accurato ed elegante risponde a motivi precisi, legati alla sua funzione.
Questa piccola ciotolina, in argento o in metallo argentato, nasce in Francia nel XVII secolo e si diffonde velocemente in gran parte d’Europa nei secoli successivi, diventando uno strumento di lavoro inseparabile per tutti coloro che lavoravano nell’ambito della vinificazione e avevano il compito di esaminare, a vario titolo e ruolo, l’evoluzione del prodotto. Era infatti un oggetto piccolo, facile da trasportare e infrangibile (anche quando si viaggiava a cavallo), ma soprattutto costruito per agevolare un rapido apprezzamento del colore del vino e una buona ossigenazione per l’assaggio, favorita anche dall’utilizzo dell’argento (soprattutto per i vini bianchi, perché aiuta la rapida dissoluzione dell’anidride solforosa).
Nello specifico, la forma del tastevin è studiata per rendere efficace l’analisi visiva del vino, grazie a un gioco di livelli, rilievi e riflessi che permettono al coltivatore o all’esperto di controllare e leggere il colore del vino anche in condizioni di scarsa illuminazione. La struttura concava – come un piccolo piattino poco profondo – permette invece di versare e gustare una certa quantità di vino, senza mai superare la grande bollicina con cuspide posta al suo centro, che indica appunto il livello massimo di vino da versare.
La forma tipica del tastevin prevede circa 14 piccole bollicine disposte a corona, che servono a favorire l’ossigenazione del vino (che va ruotato all’interno dello strumento); sulla destra troviamo 8 perle concave che servono per l’analisi visiva dei vini rossi, mentre a sinistra ci sono 17 pieghe (nervature) che servono a mettere in risalto le sfumature dei vini bianchi.
Quella appena descritta è la tipologia di tastevin Borgognone, nata appunto nella Borgogna francese e poi adottata come emblema da varie associazioni di degustatori: il tastevin così fatto risponde anche a precise misure (diametro di 8 centimetri e profondità di 2 centimetri, ad esempio), mentre leggermente diverso è il cosiddetto tastevin Bardolese. Questo secondo tipo è originario della regione del Bordeaux, è privo di manico e di catena, ma soprattutto è liscio, mantenendo forma concava con un’ogiva centrale.
La storia del tastevin
La storia del tastevin ci porta quindi nella Francia dei secoli scorsi (i primi riferimenti letterari sull’uso di Tastevin risalgono ad antichi manoscritti del XIV e XV secolo) e la sua creazione risponde a specifiche esigenze di tipo pratico, avvertite da chiunque fosse connesso al mercato vinicolo, in particolare produttori e sommelier che dovevano giudicare la maturità, la qualità e il gusto di un vino anche “al volo”.
Il processo era piuttosto semplice: una piccola quantità di vino veniva versata nella ciotolina d’argento dai riflessi brillanti, assaggiato e fatto roteare dall’intenditore, che poi sputava il liquido in un’altra ciotola. Rispetto ai profondi bicchieri di vino in vetro, il tastevin consentiva di eseguire un giudizio accurato del colore del vino anche in condizioni di luce molto debole, perché le sfaccettature, il fondo convesso e la superficie interna lucida argentea catturano quanta più luce possibile, riflettendola in tutto il vino con diverse angolazioni contemporaneamente, rendendo possibile vedere attraverso il liquido per controllarne le caratteristiche.
Andando nello specifico, per usare il tastevin bisognava innanzitutto aprire il moschettone e staccarlo dalla catena: quando l’assaggio riguardava vini bianchi, il professionista impugnava lo strumento con la sinistra e
Secondo le teorie più accertate, questo speciale strumento fu originariamente creato dai produttori di vino della Borgogna (dove nacque anche la prestigiosa società vinicola Confrerie des Chevaliers du Tastevin, che prese il nome proprio da queste ciotoline da degustazione) per poter giudicare la limpidezza e il colore del vino che veniva conservato in cantine illuminate solo da lume di candela. In realtà, altri studiosi ritengono che questo emblema dei sommelier abbia origini ancora più antiche, perché forme arcaiche di tastevin (suoi veri e propri antenati) erano già presenti nell’Antica Roma, come testimoniato da alcuni affreschi rinvenuti a Pompei che testimoniano come al tempo si usasse testare la qualità di un vino attraverso una piccola ciotolina.
A cosa serve davvero il tastevin oggi?
Nonostante la loro storia piuttosto romantica, oggi il tastevin è diventato uno strumento piuttosto inutile o comunque obsoleto: innanzitutto, la diffusione dell’elettricità e lo sviluppo di tecniche produttive ottimizzate per il vetro consentono di poter fare la valutazione visiva senza problemi in ogni momento e luogo.
E poi, gli esperti spiegano che le stesse caratteristiche dell’oggetto non sono ottimali: essendo larghi e poco profondi, i tastevin in realtà non consentono di apprezzare a pieno l’aroma o il bouquet del vino in degustazione, mentre il materiale metallico (anche l’argento) può interferire con l’assaggio e influenzare il sapore del vino stesso. Infine, fattore non meno rilevante, lo strumento non è adatto a degustare gli spumanti.
Pertanto, oggi il tastevin conserva una funzione più che altro decorativa e viene portato al collo dai sommelier come emblema di prestigio, oltre che come “ricordo” di un passato glorioso, mentre per le degustazioni si fa affidamento ai più pratici bicchieri e calici.