Cibo in scatola: com’è nato? Storia, origine e curiosità

È difficile immaginare un mondo senza vasetti di confetture di fragole nell’armadio, pomodori in lattina, scatolette di tonno, conserve di legumi e così via, eppure era ciò che accadeva “appena” duecento anni fa, prima dell’intuizione dello chef francese Nicolas François Appert, che nel 1810 inventò l’inscatolamento. Rispetto ad altri metodi di conservazione come l’essiccazione, la stagionatura, il congelamento e la fermentazione, che hanno radici profonde nelle antiche culture alimentari dell’uomo, il processo di inscatolamento è piuttosto nuovo ma è anche quello più diffuso, con oltre 40 miliardi di lattine all’anno consumate solo in Stati Uniti ed Europa. Ma cosa significa in concreto questo processo produttivo e quanto è sicuro?

Cibi in scatola: storia e origine

Conservare più a lungo possibile gli alimenti è una sfida con cui l’uomo ha fatto i conti da sempre, ma è diventata sempre più pressante con l’evoluzione (sociale e demografica) della nostra civiltà. Ad esempio, gli antichi Romani compresero che aria e umidità erano fattori di deterioramento dei cibi, e quindi sperimentarono metodi di conservazione usando pelli e ossa animali, mentre nei secoli successivi contenitori in legno o terracotta riposti in ambienti asciutti iniziarono ad accogliere frutta, legumi essiccati e verdura.

Sul finire del Settecento, però, ci si rese conto che non esisteva ancora un sistema di conservazione efficiente e veramente efficace, soprattutto per sostenere le necessità di nutrizione dei soldati impegnati sui vari fronti aperti in Europa e, in particolare, nelle Guerre Napoleoniche.

cibo in scatola

Per questo motivo, il governo francese diede il via a un vero e proprio concorso alla ricerca di una svolta nella conservazione degli alimenti, mettendo in palio un premio di 12.000 franchi per chi trovasse un metodo economico ed efficace di conservare grandi quantità di cibo: a vincere fu nel 1809 il metodo inventato dal pasticcere Nicolas François Appert, che osservò come il cibo cotto messo all’interno di un barattolo o bottiglia di vetro non si deteriorava, a patto di mantenere la chiusura sigillata, e sviluppò un metodo per sigillare il cibo.

Più precisamente Appert (che pubblicò contestualmente anche L’Art de conserver les substances animales et végétales, che rappresenta in pratica il primo ricettario di cibi in scatola) inseriva gli alimenti in barattoli di vetro privati di aria e sigillato ermeticamente con un tappo, usando ingredienti svariati come carne, pollame, uova, latte e piatti pronti. Il processo si completava avvolgendo il contenitore pieno in una tela e immergendolo poi in acqua bollente fino a quando il cibo non fosse cotto, così da assicurarne la conservazione.

A spiegare il motivo di questo fenomeno fu Louis Pasteur circa mezzo secolo dopo, dimostrando il ruolo svolto dai microrganismi nel deterioramento degli alimenti. Ad ogni modo, l’esercito francese iniziò a sperimentare il metodo di Appert producendo e inviando cibi in scatola per suoi soldati, ma il lento processo di conservazione degli alimenti (e le fasi ancora più lente di sviluppo e trasporto) impedirono di distribuire efficacemente questi prodotti, e la guerra finì prima che il processo fosse perfezionato.

Più successo ebbe invece il processo di inscatolamento, che divenne gradualmente impiegato in altri Paesi europei e negli Stati Uniti: in particolare, già nel 1810 l’inglese Pierre Durand brevettò un suo metodo, utilizzando dei recipienti di stagno (i barattoli di vetro erano ingombranti e tendevano ad esplodere) e gettando le basi dell’attuale conservazione dei cibi in scatola, mentre due anni dopo Bryan Donkin e John Hall furono le precedenti invenzioni e iniziarono a produrre delle conserve.

La disponibilità di cibo in scatola ha svolto un ruolo cruciale nel Diciannovesimo secolo, alimentando gli enormi eserciti della guerra di Crimea, della guerra civile statunitense e della guerra franco-prussiana, e offrendo a esploratori e colonialisti la possibilità di portare assaggi di casa in terre sconosciute. Dopo la depressione globale del 1873, le esportazioni statunitensi di cibi in scatola sono esplose, guidate dalle società Campbell, Heinz e Borden. Intanto, cominciarono ad apparire anche i primi apriscatole e, soprattutto, la fondamentale “apertura a chiavetta” (un bastoncino metallico fissato al coperchio della scatoletta, che funge da leva per aprire facilmente l’involucro), introdotta nel 1866.

cibo da scatola

 

L’inscatolamento oggi: caratteristiche e prodotti

La seconda metà dell’Ottocento è stata molto dinamica su questo fronte anche in Italia, dove ad esempio Cesare Balena lancia la pasta d’acciughe in tubetto, Pietro Sada spopola grazie alla carne bollita in scatoletta (1881, poi perfezionata nel 1923 con l’aggiunta di gelatina) e l’imprenditore Francesco Cirio presenta i primi pomodori in scatola (Esposizione Universale di Parigi del 1889).

Oggi l’industria del cibo in latta o “banda stagnata“, come si diceva una volta, si è estesa fino a coprire praticamente ogni tipo di prodotto e merce, sperimentando anche forme diverse per le “scatolette“, che possono essere basse e rettangolari (quelle che accolgono le sardine o lo sgombro, ad esempio), cilindriche (usate per legumi, pelati e zuppe) o tonde (spesso usate per tonno e cibo per animali).

Vari anche i materiali: il moderno barattolo di latta è realizzato per il 98,5% in lamiera d’acciaio con un sottile rivestimento di stagno (cioè banda stagnata) e accoglie la maggior parte delle verdure, della frutta, della carne, dei latticini e degli alimenti trasformati, ma ci sono anche le lattine di alluminio (che sono più leggere e non arrugginiscono) usate per bibite e altre bevande, o ancora lattine bimetalliche realizzate con corpi in alluminio e coperchi in acciaio.

Volendo offrire una panoramica dei cibi in scatola in base alle caratteristiche nutrizionali, possiamo così raggruppare gli alimenti:

  • Frutta: pesche, pere, mandarini, ananas, pompelmo rosa e cocktail di frutta
  • Verdure: mais, fagiolini, funghi, carote, barbabietole, asparagi, zucca e pomodori.
  • Cereali: pasta, zuppa di noodle e zuppa d’orzo.
  • Latticini: latte in polvere.
  • Proteine: tonno, gamberi, sardine, salmone, sgombro, pollo, fagioli al forno, fagioli borlotti, fagioli, ceci e lenticchie.

Cibo in scatola fa male? Perché?

Un’ampia scelta di prodotti, da tenere in dispensa e utilizzare al momento opportuno, pronti da mangiare o da cucinare anche quando non è stagione: il cibo in scatola continua ad avere grande successo perché è pratico, semplice e conveniente sotto tanti punti di vista, anche se ci sono alcuni aspetti da tenere in considerazione per la nostra salute.

Guardando il profilo nutrizionale degli animali, il processo di inscatolamento conserva la maggior parte dei nutrienti negli alimenti, non influenzando le quantità di proteine, carboidrati e grassi presenti, né le vitamine A, C, D e B2; per altre vitamine, come la vitamina C e la B1, la “sopravvivenza” dipende dalla quantità di calore utilizzata durante l’inscatolamento, mentre altre vitamine e minerali possono dissolversi nella salamoia o nello sciroppo aggiunto in lattina durante la lavorazione, ma mantengono il loro valore nutritivo se quei liquidi vengono consumati.

C’è poi un altro fattore che, estremizzato, può portare all’affermazione (allarmistica) che il cibo in scatola fa male, ovvero l’eventuale aggiunta di grassi, sale e sostanze chimiche al processo produttivo, che rende alcuni alimenti trasformati e in scatola meno salubri dei corrispettivi al naturale. In realtà, la lettura accurata delle informazioni riportate in etichetta ci può aiutare a limitare l’assunzione di sodio e altre sostanze poco salutari, così come l’etichetta è cruciale per scoprire se nel processo sono stati aggiunti eventuali additivi coloranti o addensanti, che potrebbero non essere di origine naturale.

Sembra invece ridotto un altro classico rischio legato al consumo di cibo in scatola, ovvero la migrazione di sostanze dalla lattina stessa al contenuto, e nello specifico di sostanze tossiche come piombo o bisfenolo A (BPA): la maggior parte delle lattine per alimenti oggi sul mercato, infatti, non contiene più BPA (comunemente usato in passato per rivestire la superficie interna delle lattine) e questa informazione è solitamente riportata in etichetta.

Botulino cibo in scatola

In realtà c’è un altro pericolo più insidioso che si nasconde all’interno dei barattoli confezionati, ovvero il botulismo di origine alimentare che deriva appunto da alimenti contaminati dalle spore di C. botulinum, che producono una rischiosa tossina. Questo pericoloso fenomeno avviene tipicamente in sostanze alimentari non acide in scatola che non hanno ricevuto un trattamento termico sufficientemente forte, perché il botulino prolifera in ambienti a basso contenuto di ossigeno, ma non resiste al calore (così come “teme” sostanze quali zucchero, sale e aceto),

Per fortuna, il consumo della gran parte degli alimenti in scatola è sicuro dal rischio botulino, perché prevede la cottura del cibo o l’utilizzo di sostanze che inibiscono la proliferazione delle spore, ma ad ogni modo è sempre opportuno prestare attenzione, soprattutto quando mangiamo conserve a base di pesce o carne in scatola. Un metodo per riconoscere lattine e barattoli pericoli è controllare la presenza di rigonfiamenti: i batteri del botulismo producono gas, e quindi lattine con dei “bozzi” imprevisti sono da eliminare senza nemmeno aprile e, ovviamente, consumare gli alimenti all’interno.

A proposito di sicurezza degli alimenti in scatola, poi, dobbiamo prestare molta attenzione anche ad altri aspetti esteriori della confezione, perché (anche se raro) a volte i cibi in scatola in commercio possono andare a male: i segni da ricercare sono perdite, ammaccature, ruggine o rigonfiamenti dell’involucro esterno, soprattutto quando profondi, perché potrebbero causare l’ingresso di aria e batteri e innescare il deterioramento del cibo. Da evitare anche le lattine visibilmente arrugginite, perché il processo di corrosione potrebbe favorire l’ingresso di batteri.

Quanto durano i cibi in scatola?

Il processo di inscatolamento garantisce una lunga durata degli alimenti, che in genere durano da almeno uno a cinque anni, semplificando quindi le operazioni di acquisto e gestione della dispensa di casa.

La durata salubre del prodotto però dipende anche da fattori legati alla conservazione: ad esempio, le lattine esposte a temperature molto calde possono essere soggette a deterioramento, così come il forte freddo (congelamento e poi scongelamento) può essere potenzialmente pericoloso in termini di qualità e sicurezza.

In generale, prima di consumare il cibo in scatola bisogna usare i sensi, controllando visivamente (e magari anche con il tatto) che la lattina sia in buone condizioni, per poi passare a una “prova olfattiva” per verificare che il cibo non abbia cattivi odori, evitando nel caso di assaggiare. In definitiva, vale una regola aurea: in caso di dubbio sulla sicurezza e sulla salubrità del prodotto, meglio buttare via tutto.

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