Donuts: tutti pazzi per le ciambelle colorate amate da Homer

Le conosciamo perché sono il cibo preferito da Homer Simpson, che ne fa incetta anche sul lavoro, e siamo abituati a considerarlo un tipico dolce statunitense: in realtà, i donut hanno un’origine europea e una storia piuttosto curiosa, che ha portato la ricetta di queste ciambelle fritte e glassate a diventare uno dei dolci più famosi al mondo.

Che cosa sono i donut

Chiamati donut o doughnut (sul nome è in corso una vera e propria diatriba, come vedremo), questi dolci sono una specie di ciambella solitamente fritta per intero, dalla pasta morbida e cedevole al morso, che può essere arricchita con vari tipi di decorazioni esterne (glassa colorata, zuccherini, zucchero a velo, cioccolato, creme eccetera) o direttamente farcite con ingredienti diversi.

Alla base c’è una semplice pasta lievitata, ma ci sono anche altri tipi di pastella (usando ingredienti quali acqua, lievito, uova, latte, zucchero, olio, grasso alimentare e aromi naturali o artificiali), ma la caratteristica più riconoscibile sono i vari rivestimenti e aromi, come zucchero, cioccolato o glassa d’acero.

I tipi di donut

Sono due le “scelte” che differenziano i donut: il tipo di lievito e la forma.

Per quanto riguarda l’agente lievitante, si può usare il lievito di birra o lievito chimico; nel primo caso si preparano i cosiddetti yeast doughnut, che sono solitamente di dimensioni maggiori, con struttura soffice a nido d’ape (ideale per una farcitura) e una superficie satinata che rende semplice la glassatura o la ricopertura di cioccolata. Si chiamano invece cake doughnut le ciambelle con lievito chimico, solitamente impastate con altri aromi, che hanno consistenza più dura e compatta che si rivela più adatta ad accogliere in superficie zuccherini e frutta secca; ideali da essere inzuppati a colazione, sono quelli più diffusi a livello industriale.

Dal punto di vista delle forme, invece, possiamo identificare il classico doughnut a ciambella (ring donut), il più iconico e diffuso, oppure il donut farcito (filled doughnut), praticamente un krapfen in cui si iniettano confetture di frutta, panna, crema inglese o altri ripieni dolci. Ma ci sono anche varianti originali, ovvero donut a forma di anello, palla, sfera piatta, treccia (un po’ come succede con le graffe napoletane), e ancora doughnut a torta e lievitati, anche se la variante più curiosa sono i doughnut holes: letteralmente sono i “buchi dei donut”, e rappresentano proprio i piccoli pezzi di impasto che “mancano” alla classica ciambella.

Le origini dei donut

I donut sono diventati un simbolo della gastronomia degli Stati Uniti, tanto che le statistiche locali parlano di 10 miliardi di ciambelle mangiate all’anno, con una media di 31 donut a testa per ogni americano, venduti quasi a ogni angolo di strada in negozietti takeaway.

Eppure, come accennato, stando a vari storici gastronomici la ricetta originale dei donut non è americana – anche se, indubbiamente, è negli Stati Uniti che queste ciambelle hanno trovato la forma e l’affermazione definitive – ma affonda le radici in Europa e per la precisione nei Paesi Bassi.

È proprio qui che, sin dal Quattrocento, si preparavano le oly koeks (o olykoecks, traducibile come “torta all’olio”), tortine rigonfie e soffici con impasto lievitato di uova e farina, fritte in olio bollente e ricoperte di zucchero e, talvolta, frutta secca e mele; anche uno dei più famosi e antichi ricettari olandesi, De Verstandige Kock (Il cuoco avveduto), stampato nel 1667, contiene la ricetta delle olykoeks, la più antica di cui si abbia documentazione scritta.

Queste ciambelle ante litteram viaggiarono insieme ai Padri Pellegrini nel Nuovo Continente, sbarcando con ogni probabilità insieme ai coloni olandesi in quella New Amsterdam (fondata nel 1625) che sarebbe diventata poi l’attuale New York. Sul suolo americano si sono evolute anche le olykoeks, mantenendo lo stesso impasto e procedimento originario ma trovando anche il classico buco e forma ad anello che oggi caratterizza i donut.

La forma dei donut

Fino a metà Ottocento, i doughnut restarono comunque una tipicità nota per lo più nella comunità olandese (e olandese è stato il primo negozio a vendere le ciambelle in America, a Broadway nel 1673 per intuizione della signora Anna Joralemon) e, soprattutto, avevano ancora una forma semplice di strisce o palline (tipo krapfen), senza buco.

Per arrivare all’attuale forma ad anello con il buco centrale bisogna saltare fino al 1847 e ringraziare Elizabeth Gregory, madre del capitano di una nave da guerra del New England: preoccupata per la salute dell’equipaggio e per il rischio di scorbuto, la signora impastò dei donut speciali, aggiungendo noce moscata, cannella e scorza di limone e, come ulteriore carico nutrizionale, noci e nocciole al centro dell’impasto. Stando alla leggenda, però, la parte centrale delle ciambelle era rimasta cruda per l’eccesso di ingredienti, e il capitano Gregory pensò bene di eliminarlo infilzandolo nel timone, creando così la ciambella col buco che diventò poi la routine.

Ancora la guerra – stavolta la Prima Guerra Mondiale – diede una spinta alla diffusione dei donut, perché le donne volontarie in battaglia (poi passate alla storia come “doughnut lassies”) offrivano queste ciambelle come “comfort food” ai soldati malati o impegnati al fronte, per dare loro un ricordo del sapore di casa. Nel 1938, poi, il Salvation Army organizzò una raccolta fondi per i bisognosi della Grande Depressione attraverso la raccolta di donut, dando origine al National Doughnut Day che si celebra ancora oggi ogni primo venerdì di giugno.

La diffusione commerciale

Proprio durante la Grande Depressione i donut divennero popolari, e il loro costo ridotto (un nichelino l’uno) li rese accessibili al grande pubblico, per cui rappresentavano uno dei pochi sfizi dell’epoca; inoltre, erano diventati anche il simbolo dell’accoglienza negli Stati Uniti, perché gli immigrati a Ellis Island ricevevano appunto solo un doughnut e una coperta.

A contribuire alla diffusione commerciale fu anche l’invenzione di Adolph Levitt, un rifugiato ebreo scappato dalla Russia zarista, che nel 1921 inventò la prima macchina automatica per fare donut nel suo forno di Harlem: la chiamò “Wonderful Almost Human Automatic Doughnut Machine” ed era capace di sfornare circa 60 ciambelle all’ora, raccogliendo un successo così straordinario da fruttare a Levitt (che intanto iniziò a vendere il macchinario anche ad altri forni) 25 milioni di dollari all’anno in uno dei periodi più bui della storia americana.

Intanto era cambiata anche la modalità di frittura dei donut, perché al posto di olio vegetale (leggero ma troppo costoso) e lardo di suino (poco costoso, saporito e capace di mantenere le ciambelline soffici e durevoli per più giorni, grazie alla presenza del lievito di patate) si iniziò a usare nel 1911 un nuovo prodotto: il Crisco, speciale olio di cotone idrogenato, una specie di grasso vegetale insapore, inodore e Kosher, che rimase facilmente reperibile nei negozi anche durante la crisi economica.

Per tutti questi motivi, i donut furono dichiarati “Hit Food of the Century”, il cibo del secolo, alla Fiera mondiale di Chicago del 1933, e più o meno negli stessi anni iniziò l’avventura commerciale di uno dei due brand che ancora oggi si contendono il primato mondiale in questo settore.

La “guerra” di donut e doughnut: Krispy Kreme contro Dunkin’

Trasferitosi a Winston-Salem, in North Carolina, il giovane Vernon Rudolph portò con sé la ricetta segreta per le ciambelle a base di lievito di birra ottenuta dallo chef francese Joe LeBeau (attivo a New Orleans) e la sfruttò per proporre i suoi doughnut in un negozio che chiamò Krispy Kreme. Già alla fine degli anni Trenta Rudolph vendeva all’ingrosso in tutto lo stato, e in meno di venti anni arrivò a possedere 29 fabbriche in 12 Stati, e ancora oggi Krispy Kream è una delle catene di ciambelle e caffè più famose d’America, di proprietà della JAB Holding Company, marchio privato con sede a Lussemburgo, con 350 punti vendita “a stelle e strisce” e oltre mille negozi in tutto il mondo, in cui è possibile gustare oltre 40 tipi di doughnuts diversi, più versioni stagionali (come quelle natalizie) e formati speciali come le mini ciambelle.

L’avventura commerciale del principale brand rivale iniziò invece nel 1948 quando William Rosenberg, esponente di una famiglia di ebrei immigrati dalla Prussia, aprì a Quincy, in Massachusetts, il negozio Open Kettle, che offriva solo donut e caffè. Due anni dopo l’azienda fu ribattezzata Dunkin’ Donut (ciambelle da inzuppare, letteralmente) e già nel 1963 Dunkin’ Donut aveva più di 100 caffetterie negli Stati Uniti, salite a oltre mille nel 1979 e in costante espansione. Dal 2020 il brand è di proprietà di Inspire Brands ed è stato rinominato semplicemente Dunkin’, e vanta più di 12mila store in 42 Paesi al mondo ed è effettivamente “la più grande catena di caffè e donuts nel mondo”, come sognava il fondatore Rosenberg.

Oltre a una battaglia di tipo territoriale e commerciale, Krispy Kreme e Dunkin’ si differenziano anche per ingredienti utilizzati e modo di chiamare le ciambelle: i primi producono e vendono doughnut con lievito di birra come agente lievitante, mentre la seconda catena propone donut con lievito chimico.

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