Una vecchietta che vola su una scopa, di aspetto non certo ricercato o raffinato, con alcuni tratti vistosi e poco affascinanti, ma un cuore grande per chi si comporta bene durante l’anno: è questa la rappresentazione più tradizionale della Befana, la figura che in Italia accompagna (in realtà anticipa) il più internazionale Babbo Natale e pone fine da rito alle festività di fine dicembre e inizio anno, come ricorda anche il noto proverbio (che recita “L’Epifania tutte le feste si porta via”).
Le origini della Befana
Prima di scoprire la vera storia della Befana, o quanto meno le principali leggende che si tramandano, è bene capire più nel profondo l’origine storica di questa figura, iniziando dall’etimologia della parola. In realtà, Befana è solo la “corruzione lessicale” del vocabolo di origine greca Epifania, che significa manifestazione e che, in termini religiosi, fa riferimento alla “presentazione” e alla manifestazione (appunto) della divinità di Gesù Cristo all’umanità; nel mondo del Cristianesimo occidentale si celebra in concomitanza alla visita dei Magi (indicati da iconografia classica come Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, che recavano oro, incenso e mirra), mentre il quello orientale si ricorda il Battesimo di Gesù.
Il legame tra Befana e Re Magi
Già quanto scritto fa capire che c’è oggi un legame tra la vecchia Befana e i tre Re Magi che portarono i doni a Gesù Bambino; in realtà, la figura della vecchietta affonda le radici in un passato antecedente ai Vangeli, ma il Cristianesimo ha “trasformato” un po’ la storia. E dunque, secondo la leggenda più diffusa, in una sera di tanti anni fa la vecchia Befana era in casa, quando sentì bussare alla porta: erano tre personaggi elegantemente vestiti, i Re Magi provenienti dall’Oriente che, seguendo la Stella Cometa, si stavano recando a Betlemme per omaggiare Gesù. I tre chiedevano indicazioni per raggiungere il Salvatore, che la vecchietta non riuscì a fornire, rifiutando inoltre di unirsi a loro nonostante le tante insistenze; dopo che i Magi si furono allontanati, però, la Befana fu presa dai rimorsi e decise di raggiungerli per portare anche lei un dono al Bambin Gesù. Tuttavia, non trovò la grotta (o la Capanna), ma da allora ogni anno, nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, ripete il giro delle visite, in sella alla sua scopa, portando un regalo a ogni bambino nella speranza di trovare Gesù.
La figura della Befana
L’iconografia della Befana è ormai molto standardizzata: questa anziana signora indossa una gonna larga, scura e ampia, un grembiule con varie tasche, uno scialle, un paio di ciabatte o scarpe consunte e, sulla testa, un fazzoletto o un cappellaccio che coprono dal freddo i capelli ingrigiti, con tante toppe colorate a vivacizzare il tutto. Secondo il mito vola sui tetti a cavallo di una scopa, riuscendo a compiere anche innumerevoli prodigi, ed è spesso coperta di carbone e fuliggine perché sceglie i camini per entrare nelle case e lasciare i propri doni.
I regali della Befana
Quando tutti dormono, nella notte del 6 gennaio, la Befana entra nelle case e lascia doni, regali e dolciumi nelle calze che, da tradizione, sono appese al camino o sul letto. La calza della Befana si riempie di tanta cioccolata, caramelle, dolcetti di ogni tipo e così via, ma in molte regioni d’Italia l’Epifania è anche la giornata in cui per i piccoli arrivano i regali come giocattoli, pupazzi e macchinine. E poi, immancabile è il carbone, piccolo rimando alle cattive azioni commesse nel corso dell’anno e “premio” per i bambini cattivi, appunto.
La storia della Befana
In realtà, come dicevamo prima, le origini della Befana risalgono anche a prima della nascita di Cristo, perché secondo gli esperti questa figura è connessa a una serie di riti propiziatori pagani che venivano eseguiti tra il X e il VI secolo a.C: in particolare, si trattava di momenti legati ai cicli stagionali dell’agricoltura, per salutare il raccolto dell’anno trascorso e aprire la strada al nuovo. Gli antichi Romani ereditarono questi riti, associandoli al proprio calendario e fissandone la celebrazione nell’interregno temporale che va tra la fine dell’anno solare, che coincideva con il solstizio invernale e la ricorrenza del Sol Invictus: in particolare, nella dodicesima notte dopo il solstizio invernale veniva celebrata Madre Natura, morte e rinascita della natura.
La Befana degli Antichi Romani
In queste dodici notti (numero “magico” perché rappresenta sia i mesi del nuovo calendario romano sia altri simboli mitologici), i cieli erano solcati da figure femminili che volavano sui campi coltivati, propiziando in questo modo la fertilità dei futuri raccolti; si trattava, secondo alcuni, della dea lunare Diana, oppure di una divinità minore chiamata Sàtia (dea della sazietà) oppure Abùndia (dea dell’abbondanza). Secondo altre teorie, invece, la Befana nasce insieme alle feste romane dedicate a Giano e Strenia (divinità da cui deriva anche il termine “strenna”), che prevedevano proprio lo scambio di regali.
L’intervento della Chiesa
Agli albori del Cristianesimo, e già dal IV secolo d.C., la Chiesa di Roma iniziò a condannare tutti i riti e le credenze pagane, che venivano viste come frutto di influenze sataniche: tuttavia, il ricordo delle vecchie tradizioni non è andato perduto, ma in molto casi ha dato vita a nuove personificazioni e sovrapposizioni di figure e storie. Per la Befana, in particolare, il rimando immediato è a quello della strega, da cui però si discosta per il carattere benevolo e benefico, e per questo viene rappresentata a cavallo di una scopa volante, simbolo di purificazione di case e anime (anche per l’anno nuovo), ma con seduta al contrario rispetto alle “cattive” megere, tenendo cioè le ramaglie davanti a sé. Piano piano, questa antica figura pagana femminile fu accettata dal Cattolicesimo, che ne metteva in luce anche il dualismo tra bene e male: fu così che fu proposto di festeggiare l’Epifania nella dodicesima notte dopo il Natale, proseguendo l’antica simbologia numerica romana.
La Befana e il carbone
Anche per l’aspetto trasandato e “da vecchia” della Befana c’è una spiegazione che possiamo definire “logica”: si tratta infatti di una raffigurazione simbolica dell’anno vecchio che, una volta finito per davvero, può esser bruciato (come avviene ancora in vari Paesi europei, dove si bruciano fantocci vestiti all’inizio di ogni anno). Ed è forse da quest’altra tradizione che nasce anche il simbolo del carbone e della cenere, che anticamente rimandava il pensiero ai falò e che ha sempre trovato spazio all’interno delle calze. Nell’ottica morale cattolica successiva, e odierna, il carbone è diventato la punizione per i bambini che si sono comportati male durante l’anno appena finito.