Polline in cucina: come utilizzarlo e perché

Usiamo questo termine soprattutto agli inizi della primavera, individuando in questo elemento la causa della ricomparsa dell’allergia stagionale e della fastidiosa rinite, ma negli ultimi anni è diventato uno degli integratori alimentari più popolari grazie alla riscoperta delle sue proprietà (e anche alla maggiore attenzione al lavoro delle api). Il tema odierno è il polline e, in particolare, il polline di api, che può diventare un utile ingrediente in cucina da sfruttare per le sue capacità antinfiammatorie, antiossidanti e antimicrobiche ma anche per il gusto particolare, che permette di insaporire vari piatti.

Che cos’è il polline d’api

Il polline è l’elemento maschile dei fiori e si forma nella parte terminale degli stami; la parola deriva dal termine latino “pollen” che significa “fior di farina” o “polvere finissima”, e in effetti allo stato naturale il polline si presenta come una polvere sottile che consistenza appiccicosa e colore, dimensioni e forme diverse a seconda della specie vegetale da cui si ricava. Solitamente, il colore varia dal giallo al rosso, ma può anche essere marroncina e, in alcuni casi, viola o bluastra.

Come detto, questi granuli rappresentano le cellule riproduttrici maschili di una pianta e vengono facilmente trasportati dal vento per raggiungere i pistilli, che sono invece gli organi femminili dei fiori, e consentire la fecondazione e quindi la replicazione della specie. Il processo del trasporto del polline si chiama impollinazione e può essere diretta (la fecondazione avviene all’interno dello stesso fiore) o incrociata, quando il polline è trasportato sul pistillo di un altro fiore dal vento oppure da insetti come le api.

polline di api in cucina

Il ruolo delle api

Proprio le api hanno un ruolo cruciale nella diffusione del polline (e anche per la sua trasformazione in alimento per l’uomo), perché sono i più efficaci agenti d’impollinazione: in particolare, le api bottinatrici entrano di fiore in fiore e provocano in maniera involontaria la dispersione del polline, che resta anche attaccato sul loro corpo e rilasciato sul pistillo del fiore successivo.

Oltre a questa azione, che racconta uno dei tanti motivi per cui le api rivestono un’importanza particolare per la prosperità dei frutteti e in generale per la diffusione vegetale, le bottinatrici raccolgono volontariamente il polline per portarlo all’interno dell’alveare, trascurando in quella fase la classica raccolta di nettare.

Il polline è un elemento di vitale importanza per la vita dell’alveare intero in quanto è l’unico apporto proteico dell’alimentazione di questi insetti, la sostanza che permette la riproduzione e la crescita dell’ecosistema: è proprio dal polline che le api riescono a ricavare i protidi, i lipidi, le vitamine e gli elementi minerali che sono essenziali per la sopravvivenza, i principi elementari di base della nutrizione.

Il polline viene elaborato dalle api e immagazzinato nei favi, prendendo il nome di pane d’api; come avviene per il nettare che genera il miele, le api raccolgono quantità maggiori di polline rispetto al loro fabbisogno, e quindi la raccolta da parte dell’uomo non arreca squilibrio alimentare alla famiglia.

Le caratteristiche nutritive del polline d’api

Abbiamo già individuato la prima caratteristica del polline d’api, una sostanza che solitamente troviamo commercializzata sotto forma di polverina di colore giallo o talvolta marroncina e che possiede una rilevante ricchezza alimentare.

In particolare, 100 grammi di prodotto assicurano un apporto di 285 kcal e 1195 KJ, distribuite in quota predominante in carboidrati (che rappresentano il 50% del totale), proteine e amminoacidi essenziali (fino a un massimo del 30%), lipidi come steroli e acidi grassi insaturi (circa 10%) e sostanze estrogeniche, enzimi e diversi pigmenti per la quota restante.

Analizzando ancora in profondità maggiore, il polline fresco è anche una fonte di importanti elementi nutritivi e, a seconda della provenienza floreale, può contenere vitamina C, vitamine del gruppo B e acido folico, vitamina E, beta-carotene (che l’organismo trasforma in vitamina A), e poi ancora sali minerali come calcio, zinco, magnesio e fosforo e poi ancora flavonoidi, fitosteroli e carotenoidi che apportano diversi benefici alla nostra salute. Inoltre, il polline può contenere da 1 a 10 milioni di fermenti lattici per grammo e anche fibre, elementi che hanno un benefico effetto sulla flora intestinale e sulla regolarizzazione delle funzioni intestinali.

L’elenco di queste proprietà non deve stupire: come detto, il polline serve per la nutrizione delle api (in particolare delle giovani larve) e per la sintesi della pappa reale da parte delle api nutrici, e quindi non può che essere altamente nutriente. Per l’essere umano, rappresenta un alimento perfettamente bilanciato che può essere impiegato come integratore alimentare naturale.

polline-d'api

Il polline in cucina: come si mangia e quando si usa

Il polline è quindi un alimento vivo che può aiutare l’equilibrio organico del nostro organismo; solitamente si vende in vasetti di vetro o di plastica, sotto forma di granuli, e ha un leggero aroma floreale, con sapore piuttosto intenso che potrebbe risultare sgradevole al palato.

Per questo motivo, non è suggerito sempre il consumo tal quale del prodotto – anche se è possibile consumare un cucchiaino di polline d’api al giorno come “ricostituente” masticando e spezzando i granelli – ma piuttosto l’utilizzo in infusione in acqua, tè, succhi di frutta, yogurt, bowl di frutta, frullati, latte o insalate, preferibilmente a temperature basse, in quanto la cottura ne inattiva tutti i principi. Negli ultimi tempi, poi, si stanno diffondendo anche ricette con il polline, che diventa ingrediente per preparare risotti sfiziosi, contorni o secondi piatti, a cui aggiunge una sfumatura aromatica molto raffinata, senza stravolgere però il sapore della pietanza.

Polline: allergie e controindicazioni

Nonostante le sue rilevanti proprietà, non a tutti è consigliato il consumo di polline d’api, che può provocare intolleranze o allergie – due fenomeni differenti ma entrambi in forte crescita nei paesi industrializzati.

Secondo studi recenti, i pollini raccolti dalle api sono differenti per conformazione da quelli spinti dal vento e, in particolare, sono privi di allergeni e più ricchi di micronutrienti dai benefici effetti: ciò nonostante, però, c’è una quota di persone che soffre comunque di specifica allergia ai pollini raccolti dalle api (dall’uno al due per mille della popolazione mondiale), composta da soggetti che dimostrano anche allergie generalizzate (almeno a otto o dieci allergeni), che dovrebbero pertanto evitare di mangiare polline.

Inoltre, si suggerisce a pazienti affetti da rinite allergica, allergia da fieno o che hanno intolleranze alimentari di evitare il consumo di granuli di polline, che può scatenare la reazione, prolungare le manifestazioni e indurre addirittura shock anafilattici.

In linea di massima, per evitare controindicazioni possiamo fare un semplice esperimento prima di mangiare il polline, ovvero metterne in bocca pochi granelli senza deglutire: se avvertiamo subito una sensazione di ispessimento e/o un’infiammazione della mucosa della bocca, sta avvenendo una reazione allergica e dobbiamo smettere di consumare polline. Invece, se la sensazione è un lieve pizzicore alla gola o voce che diventa roca per un periodo breve di tempo, si tratta solo di un effetto momentaneo che anzi può dare beneficio alle corde vocali.

L’altro fenomeno è quello della specifica intolleranza alimentare al polline, che interesserebbe all’incirca il 2 per cento delle persone, che avvertono sintomi quali dolori alla pancia o nausee in seguito all’assunzione del prodotto. La soluzione in questi casi è limitarsi a consumare dosi crescenti di polline per controllare l’evoluzione del problema (iniziando da piccolissime quantità per poi salire) e provare tipi diversi di polline (selezionando pollini monofloreali).

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