Terremoto al Centro Italia, un patrimonio agroalimentare a rischio

Lenticchie, zafferano, ma anche vini, tartufo e prosciutto: il terremoto che sta continuando a far danni nel Centro Italia ha effetti disastrosi anche sull’enogastronomia di regioni come Umbria e Marche, mettendo a dura prova l’economia locale e un pezzo importante del patrimonio gastronomico del nostro Paese.

Un patrimonio a rischio. Il terremoto – o, per meglio dire, la serie continua di scosse – che nelle ultime settimane non sta offrendo tregua al Centro Italia provoca danni non solo alle case e alle famiglie, ma all’intera economia di regioni come Marche e Umbria, con effetti diretti anche sui prodotti tipici dell’agroalimentare, mettendo in ginocchio aziende e imprenditori locali.

L’ultimo allarme arriva dalla Coldiretti, che ha presentato una prima stima dei danni al Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina: tra le produzioni messe a repentaglio dal sisma di ottobre ci sono varie IGP (Indicazione geografica protetta) che ricadono nella zona vicina a Norcia, uno dei centri maggiormente colpiti, come la lenticchia di Castelluccio, la patata rossa di Colfiorito, il vitellone bianco e il rinomato (e buonissimo) Prosciutto di Norcia, ma anche altre eccellenze della nostra gastronomia nazionale come il Pecorino dei Sibillini, lo zafferano e il tartufo, nonché il Verdicchio di Matelica, uno dei vini bianchi più apprezzati d’Italia, le cui viti si trovano nel maceratese.

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Sembra incredibile, ma la potenza di questo evento naturale, che ha stravolto anche la geografia di interi luoghi, rischia di seppellire anche tradizioni e specialità tramandate da secoli, che sono un vero patrimonio per tutta l’Italia. A questo si aggiunge, ovviamente, l’aspetto legato all’economia locale, ovvero un sistema che solo nella zona umbra (e nella sola fase di produzione agroalimentare) offre lavoro ad almeno diecimila persone.

È terribile vedere le immagini dei disastri compiuti dal sisma, che nella giornata di domenica 30 ottobre ha completamente squarciato la storica Cattedrale di Norcia, lasciandone in piedi solo la facciata dopo la terribile scossa di magnitudo 6.5, la più alta in Italia dal 1980. La stessa cittadina umbra, poi, ha dovuto fare i danni a un altro colpo al cuore, con la distruzione di interi depositi di prosciutto e la fuga dalle stalle di tantissimi animali ovini e bovini. Secondo gli ultimi dati, nella zona di Norcia la salumeria tipica ha (aveva) un fatturato di un miliardo di euro annuo complessivo, e vantava una produzione di 800 mila prosciutti all’anno, distribuiti e amati in tutto il mondo. Oggi, invece, parliamo di più di 40 allevamenti, 27 stalle e 28 depositi coinvolti o lesionati dal sisma.

Ecco perché si aspetta l’intervento del Governo, che ha già promesso non solo insediamento di container per le persone, ma anche l’attivazione di luoghi specifici nei quali poter mettere al riparo gli animali utili alla produzione (come mucche, vitelli e maiali) e provare almeno a salvare il futuro di queste zone. Allo stesso tempo, è stato già annunciato che lo stanziamento a favore degli allevatori colpiti dal terremoto in Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo verrà portato da 1 a 10 milioni di euro, e che sono allo studio ulteriori azioni per fronteggiare le prime necessità di questi operatori del comparto agricolo.

Idee che trovano l’apprezzamento della Coldiretti, che però invita a fare di più e, soprattutto, ad agire tempestivamente, anche per l’approssimarsi dell’inverno e del freddo: “Sono circa 3mila le aziende agricole a rischio nei territori terremotati dei comuni di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo, dove c’è un’elevata significativa presenza di allevamenti con oltre 100mila animali tra mucche, pecore e maiali” e dove c’è “la presenza di un fiorente indotto agroindustriale con caseifici, salumifici e frantoi da i quali si ottengono specialità di pregio famose in tutto il mondo che sostengono che il flusso turistico che, tra ristorazione e souvenir, è la linfa vitale per la popolazione”, spiega Roberto Moncalvo, presidente dell’associazione, che aggiunge: “Con l’arrivo del freddo occorre una corsa contro il tempo per dare la possibilità agli allevatori di stare vicino ai propri animali con container, roulotte o moduli abitativi, ma servono anche ricoveri sicuri per il bestiame con stalle, fienili e casolari lesionati, distrutti o inagibili”.

La conta dei danni, come detto, riguarda anche le produzioni agroalimentari, con situazioni più o meno critiche. È in serio pericolo, ad esempio, lo zafferano, che nella zona umbra si attesta sui 2 chili l’anno e che fiorisce proprio nel periodo di ottobre: difficile immaginare per quest’anno il completamento pieno e regolare di tutte le fasi della lavorazione e dell’asciugatura dei pistilli. Appare meno grave invece il quadro per il tartufo nero, il cui periodo di raccolta è tra più di un mese, termine entro il quale i produttori locali sperano di poter riattivare almeno una parte delle strutture per stoccaggio e lavorazione.

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Pericolo sfiorato anche per le famose lenticchie Igp di Castelluccio, per le quali bisognerà attendere la prossima primavera, e soprattutto per lo storico vino Verdicchio di Matelica: in questo caso, le scosse hanno messo a repentaglio addirittura 2 milioni di bottiglie di uno dei vini bianchi più importanti d’Italia, stipati in serbatoi che per fortuna hanno resistito ai terribili effetti delle scosse, seppur risultando alla fine lesionati.

In tutto questo, cosa possiamo fare noi? Leggere bene le etichette e comprare prodotti locali di queste regioni per sostenere la loro economia. Proviamoci!

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