Dolci trompe l’oeil: la nuova tendenza gastronomica che è tutta illusione

La conosciamo probabilmente come tecnica artistica, con cui i pittori riuscivano a ingannare l’occhio di chi osservava le loro opere, ma negli ultimi anni il trompe-l’œil si è esteso anche alla gastronomia, declinato soprattutto nella pasticceria. Tra torte che sembrano oggetti comuni o, al contrario, pasticcini che si rivelano tutt’altro, i dolci trompe l’oeil sono sempre più una tendenza social, e oggi proviamo ad approfondirne la storia e i principali esempi.

Che cosa significa trompe-l’œil in arte

Espressione francese traducibile letteralmente con inganna l’occhio, il trompe-l’œil è un vero e proprio genere che ha attraversato trasversalmente la storia dell’arte e che risale ai primi tentativi di raffigurare realisticamente la realtà, anche se è solo nel Seicento, con la maggior consapevolezza sull’uso del chiaroscuro e della prospettiva, che inizia a diventare una tecnica a sé stante.

Un primo riferimento letterale alla capacità dell’arte di imitare la natura lo abbiamo in verità già nella Storia Naturale di Plinio il Vecchio, che riporta il mitico scontro tra Zeusi e Parrasio, due pittori greci vissuti nel V secolo a.C. e in competizione tra loro sul più abile nella rappresentazione veristica. Secondo il racconto, Zeusi avrebbe dipinto dell’uva così simile a quella vera che alcuni uccelli si avvicinarono alla tela per beccarla, e poi avrebbe chiesto al rivale di svelare il suo quadro rimuovendo il drappeggio che lo copriva. Solo avvicinandosi si rese conto che questa tenda era disegnata, decretando così la vittoria di Parrasio, perché “se Zeusi aveva ingannato gli uccelli, Parrasio aveva ingannato lui stesso, un pittore”.

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Ma gli esempi più noti di trompe-l’oeil li abbiamo a partire dal XVII secolo anche in architettura (tipicamente con la rappresentazione di finestre, porte o atri che danno l’illusione tridimensionale che lo spazio interno di un ambiente sia più vasto), e più in generale nella raffigurazione di oggetti in modo così convincente da indurre lo spettatore a pensare che non ci sia pittura, ma un vero oggetto concreto.

Dall’arte, l’inganno alla vista si è spinto fino in cucina intorno agli anni Duemila, diventando un mezzo per stupire i clienti e offrire pietanze ancor più speciali.

Il trompe-l’oeil in cucina

Nella gastronomia trompe-l’œil si crea un distacco tra la rappresentazione visiva del piatto e i suoi sapori: in termini più semplici, ciò che vediamo ha un aspetto che ci rimanda un’ipotesi sul gusto, ma la sua composizione vera è differente.

È il caso, ad esempio, dell’italianissima frutta martorana, il dolce siciliano che ha forma di frutta fresca ma è in realtà composto da pasta di mandorle e zucchero – e che sarebbe nato proprio per ingannare la vista di una importante personalità, che voleva vedere in pieno autunno dei rami carichi di frutta.

In tempi più recenti, il mondo dell’alta ristorazione ha visto la diffusione di numerosi casi di piattimascherati” che confondono i piani tra ricetta dolce e cibi salati, o viceversa: la sfericazione dello chef spagnolo Ferran Adrià, che ha rivoluzionato il concetto di condimento con la sua celeberrima oliva liquida, il Meat Fruit (esteticamente un mandarino, ma fatto di foie gras) o l’Egg in verjus (un uovo finto, composto da un guscio di cioccolato con albume e tuorli sostituiti rispettivamente da panna cotta al cocco e verjus, un antico condimento usato in mixology) di Heston Blumenthal, o ancora lo scarabeo di René Redzepi del Noma (una gelatina a base di more e fiori eduli danesi composta in modo da assomigliare a un insetto) sono solo alcune delle vette di eccellenza in questo ambito.

Dolci trompe l’oeil, quando l’occhio è ingannato

Anche molti pasticceri si sono dedicati a creare opere feticcio dell’illusione: ad esempio, Cédric Grolet dell’hotel Le Meurice di Parigi ha realizzato dei limoni che nascondono gusci di cioccolato bianco spruzzati con polvere d’oro, con ripieno di limoni in camicia e ganache allo yuzu, mentre la chef svizzera Marie Robert, apparsa come ospite speciale anche in una puntata dell’edizione 11 di Masterchef Italia, nel suo ristorante stellato propone un menu che comprende sempre almeno un piatto trompe-l’oeil “che sembra qualcosa che non è”, come ciò che appare come un uovo rotto nel nido di un uccello, ma in realtà è un dolce di albicocche nel cioccolato.

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Si spinge un passo oltre Sarah Hardy, che ha ideato il progetto Edible Museum a Colchester (Regno Unito), dove è possibile vedere (e comprare) tantissime opere di food-art, modellando cioccolato o torte su forme comuni e proponendo declinazioni golose di fossili, oggetti quotidiani, animali, parti anatomiche umane e così via.

Sul fronte social, poi, hanno fatto incetta di like e visualizzazioni il talento turco Tuba Geçkil e gli americani Natalie e Dave Sideserf, che hanno portato la tecnica del trompe-l’oeil dolce a un livello elevato, utilizzando una combinazione di fondente, colori alimentari e strumenti per dare la consistenza originaria a dolci modellati su forme comuni – sandali Crocs, borse da donna, lattine di bevande e addirittura una bottiglia di disinfettante per le mani – per ingannare assolutamente tutti.

Eppure, stando ad alcune fonti storiche il primo esempio di dolce trompe l’oeil è molto più antico e risale addirittura al 1574, quando il futuro re di Francia Enrico III fu ospite di un banchetto a Venezia, uno dei tanti della sua pur giovane vita. Il sovrano però non poté fare a meno di meravigliarsi quando il tovagliolo messo sulla tavola si ruppe nelle sue mani, rivelandosi composto di una pasta di zucchero a velo (probabilmente fatta con acqua di rose e fiori d’arancio e gomma adragante, una resina di una pianta originaria del Medio Oriente e dell’Asia), così come tutta la tovaglia, i piatti, i coltelli, il pane e la frutta: gli abilissimi cuochi veneziani avevano deciso di puntare sull’effetto sorpresa di questa tecnica ingannatrice (mota come trionfo di zucchero) per offrire a Enrico qualcosa di memorabile.

Il trompe l’oeil al contrario: specialità salate che sembrano dolci

Non sempre nel trompe l’oeil la sorpresa è dolce, perché è molto diffuso anche un utilizzo inverso di questa tecnica: sfruttare cioè le forme di alcuni dolci della classica pasticceria italiana ma in versione salata.

Uno dei promotori di questa tendenza è Luca Montersino, che ha pubblicato vari lavori dedicati alla “pasticceria salata”, ma più in generale ci sono tanti esempi di commistione tra dolce e salato, come cannoli farciti con creme ai formaggi o alle verdure, cannoncini con mousse al prosciutto, ovis mollis con fonduta alla fontina, per poi arrivare alle classiche torte salate o a ricette più elaborate come il babà rustico o le sfogliatelle salate.

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