Nocino: un liquore delizioso e sempre molto amato

Il liquore alle noci è tipico di vari Paesi europei, con ricette e preparazioni piuttosto simili dalla Catalogna (Ratafià) alla Slovenia (Orehovec), ma è in Italia che forse ha trovato la sua canonizzazione massima: ecco quindi la storia e la ricetta del nocino, la bevanda tipicamente modenese che segue regole precise per i tempi e l’utilizzo degli ingredienti.

Che cos’è il nocino

Il nocino è un liquore alle noci, preparato usando le noci intere acerbe, e pertanto verdi, senza eliminare il mallo, messe prima a macerare nello zucchero e poi in infusione in alcool.

All’aspetto il nocino è limpido, con colore bruno brillante, consistenza densa e buon corpo; il profumo ha note caratteristiche di noce, con sentori intensi e persistenti, e anche al palato domina il gusto delle noci, che però è armonicamente accompagnato dagli altri componenti aromatici.

In genere il liquore è consumato come digestivo alla fine dei pasti, in virtù delle note qualità digestive delle noci (in particolare per gli oli essenziali contenuti nel mallo) e nelle altre spezie; la temperatura classica di servizio è compresa tra 16-18 gradi (non va quindi conservato in freezer) e si serve in genere liscio, ma c’è anche chi lo gradisce come accompagnamento a gelati per dessert oppure in abbinamento a Parmigiano reggiano.

La storia del nocino

Le origini del liquore alle noci sono incerte e, come detto, oggi esistono tante versioni di questa bevanda alcolica in molti paesi europei, dall’Italia alla Spagna agli Urali e all’Inghilterra. Addirittura ci sono documenti romani antichi che raccontano che i Picti, popolo dei Britanni, bevessero “uno scuro liquore di noce” nella notte di mezza estate, mentre i francesi era in uso un liqueur de brou de noix, o ratafià di mallo.

Proprio il ratafià (un termine generico che fa riferimento a un infuso di frutta in alcool, con l’aggiunta di zucchero e aromi) è probabilmente l’antenato più prossimo del nocino: quello alle noci appare per la prima volta in un volume gastronomico francese, “La Cuisinière bourgeoise” di Menon, stampato a Parigi nel 1760, che ebbe successo e diffusione anche in Italia, diffondendosi prima nella zona ligure del Sassello e poi nel Modenese, dove trovò una definizione più rigorosa.

A differenza della versione contemporanea, il liquore francese si serviva di acquavite (e non di alcool a 95°) e impiegava un quantitativo di zucchero notevolmente inferiore.

Dalla medicina antica alla tavola

Il nocino riprende le basi non solo delle antiche preparazioni liquorose, ma anche di altre ricette che utilizzavano noci e, in modo particolare, i malli – la parte verde e carnosa ricca di tannino – che avevano ampia declinazione sia in gastronomia che in medicina.

Ad esempio, nel trattato “Regole di sanità” del 1618 Ugo Benzo indica che il succo di noce estratto dalle bucce verdi, era un utile rimedio contro ascessi e infezioni della gola, e più in generale erano tante le applicazioni curative di questo elemento.

In cucina, poi, le noci verdi potevano essere lessate e conservate sott’aceto, per essere servite d’inverno con la carne di manzo (“Il nuovo cuoco milanese” di Vincenzo Luraschi, 1834), oppure utilizzate per una conserva golosa e benefica. È quello che consiglia Domenico Romoli nel suo “La singolare dottrina” del 1560, che spiega una variante di conserva di noci fatta cuocendo le noci “quando sono tenere di scorza” con acqua e miele (o zucchero e cannella), mentre altri autori coevi e successivi suggeriscono di aggiungere all’infuso anche i chiodi di garofano e la scorza di limone, ingredienti ancora oggi utilizzati per produrre il nocino casalingo.

Le noci, un ingrediente magico

Il segreto del nocino sono però proprio le noci, frutto di un albero ammantato da un’aura di leggenda, legato a streghe e incantesimi; in effetti, anche le indicazioni per la preparazione di questo liquore sembrano seguire un rituale per certi versi mistico, che affonda le radici nella tradizione ma sembra avere anche delle basi scientifiche.

Innanzitutto, per fare il nocino bisogna usare solo noci protette dal mallo verde e dal guscio morbido, raccolte nella notte di San Giovanni (tra il 23 e il 24 giugno); il giusto stadio di maturazione si raggiunge quando il guscio legnoso non si è ancora formato e i malli si possono perforare con uno spillo, mentre i gherigli hanno una consistenza gelatinosa. I frutti vanno poi raccolti da piante vecchie, meglio se di collina ed esposte al sole, e non si devono utilizzare strumenti in ferro, metallo che può compromettere le proprietà delle piante officinali (motivo per cui i Druidi coglievano il vischio con un falcetto d’oro).

Il rito prevede anche un altro precetto cruciale: la raccolta deve essere affidata alle sole donne, e sarà solo la più anziana/esperta a salire sull’albero a piedi scalzi e staccare le noci migliori, servendosi appunto delle sole mani e senza intaccarne la buccia. Dopo la raccolta, le noci vanno lasciate alla rugiada notturna per una notte intera e venivano messe in macerazione il giorno dopo; la preparazione terminava la vigilia di Ognissanti, cioè la notte del 31 ottobre.

Secondo alcune tradizioni, la data per la raccolta non si legherebbe a San Giovanni, quanto piuttosto al solstizio d’estate che, prima della riforma Gregoriana dei calendari, cadeva proprio il 24 giugno: la notte del solstizio aveva quindi un significato simbolico, era quella che celebrava il trionfo della luce sulle tenebre ma anche quella in cui le streghe si radunavano intorno ai noci per i loro sabba.

Uscendo fuori dal mito, sembra comunque che ci sia un fondamento scientifico (o quanto meno pratico) per questa usanza: proprio alla fine di giugno, infatti, le noci raggiungono il loro “tempo balsamico”, ovvero il periodo di massimo contenuto di principi attivi che rappresenta il momento ideale per la raccolta, perché il gheriglio, protetto dal mallo verde e dal guscio morbido, non contiene al suo interno gocce d’acqua ed è particolarmente ricco di oli essenziali.

La ricetta del nocino

È agli inizi del Novecento che questo liquore alle noci con proprietà digestive prende il nome di nocino nella zona di Modena, mentre in Campania e nel napoletano un preparato molto simile si chiama nocillo.

Questa è la ricetta originale del nocino approvata e diffusa dall’Ordine del Nocino Modenese (creato nel 1978 proprio per tutelare questa preparazione):

  • 1 kg di malli di noci (33/35 in numero)
  • 1 litro alcool etilico a 95°
  • 700-900 g di zucchero.

A questi ingredienti di base c’è facoltà di aggiungere alcuni aromi, quali chiodi di garofano, cannella eccetera, purché siano in piccole quantità e non sovrastino l’aroma di noce, che deve restare prevalente.

Bisogna rispettare alcune indicazioni in questo procedimento: le noci devono essere raccolte intorno alla fine di giugno, come detto, e provenire da alberi non trattati, e devono aver raggiunto il gusto livello di maturazione. Noci troppo mature producono un liquore di sapore legnoso, amarognolo e allappante a causa dell’eccessiva quota di tannini contenuta nei malli, mentre al contrario noci troppo acerbe generano un nocino troppo verde.

Prima del consumo si deve aspettare un periodo di invecchiamento: si consiglia almeno un anno in luogo fresco, ma da tradizione il nocino si “assaggia” a Natale.

Qui invece trovate la mia ricetta di famiglia per realizzare il nocino o nocillo di San Giovanni 🙂

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