È considerato uno dei dolci simbolo della pasticceria napoletana, ma in realtà non è originario della città partenopea e la sua creazione è ancora oggi avvolta nel mistero: probabilmente è stato inventato da un re polacco, o forse dal cuoco della figlia che viveva a Parigi, e ad ogni modo il babà è sicuramente un dessert che rapisce per il suo gusto e la sua consistenza.
Le origini del babà
Secondo la versione più accreditata, il babà è un “dolce dei Lumi” che nasce da un’idea precisa e non dal caso: il suo inventore dovrebbe essere Stanislao Leszczynski, nobile polacco del Settecento dalle alterne fortune che fu un noto gourmet, a cui si deve anche la ricetta della soupe à l’oignon à la Stanislas, zuppa alle cipolle senza formaggio né brodo.
Intorno al 1736 Stanislao fu spodestato (per la seconda volta) dal trono di Polonia, ottenendo come parziale compensazione il Ducato di Lorena e di Bar, spostando la sua corte a Luneville, dove rende il palazzo una piccola Versailles, un salotto “alla moda” intellettuale e ricercato, in cui si diletta anche in elaborazioni gastronomiche.
L’invenzione di Stanislao Leszczynski
E proprio a Luneville, nel nord est della Francia e quasi al confine con la Germania, sarebbe secondo gli storici nato il babà. Stanislao amava gustare piatti raffinati e uno dei dolci di tendenza in quelle zone era il gugelhupf, originario dell’Austria e molto diffuso in Germania e nella vicina regione francese dell’Alsazia: essendo privo di denti, però, il nobile non poteva apprezzare a pieno questo dessert molto asciutto.
Ebbe quindi un’intuizione: immergere questo impasto a base di farina, zucchero, lievito, latte e uvetta (che per consistenza ricorda vagamente il panettone) in un bagno di sciroppo e vino Tokaj per ammorbidirlo (altri ritengono abbia usato del Madeira portoghese).
Altre fonti, meno accreditate, fanno risalire la creazione del nuovo dolce a un incidente: Stanislao, di pessimo carattere e molto arrabbiato a causa di vicende a lui contrarie, avrebbe scagliato un intero gugelhupf contro una credenza, facendo infrangere una bottiglia di liquore che inzuppò l’impasto; incuriosito, il nobile lo assaggiò e lo trovò perfetto.
Il nome del babà
Particolare da non trascurare, il gugelhupf veniva chiamato bábovka in Repubblica Ceca e babka in Polonia, terminologia che probabilmente ha fatto derivare il nome babà.
Prima di proseguire nella nostra ricostruzione della storia del babà ci soffermiamo quindi sul nome di questo dolce. Come detto, una teoria plausibile è che Stanislao abbia battezzato la sua creazione pensando alla già nota babka: in polacco, inoltre, questo termine indica le donne anziane che indossavano abitualmente delle gonne tonde a campana, simili alla forma del dolce.
Un’altra versione invece collega il termine alla passione del nobile per la lettura: da qualche decennio Antoine Galland aveva completato la prima traduzione europea de Le Mille e una Notte, che Stanislao aveva apprezzato, restando affascinato in particolare dal personaggio di Ali Babà.
Ad ogni modo, ciò che resta certo è che successivamente il dessert si chiamerà in francese babà, che in napoletano viene rimodulato raddoppiando le b, trasformandosi nel babbà.
La diffusione a Parigi
Il colpo di fortuna per questo dolce deriva ancora dalle vicende politiche: Stanislao era infatti suocero del re di Francia Luigi XV (che ne aveva sposato la figlia, Maria), e quindi ebbe modo di portare nella capitale e nella reggia di Versailles questa preparazione, che conquistò il palato degli altri nobili e subì una nuova, ma importante, trasformazione.
L’impasto di base del babà di Stanislao prevedeva un condimento con lo zafferano, l’uva passa e i frutti canditi, con una necessaria bagna con vino Madera; i nobili parigini preferirono un tocco più esotico e utilizzarono il rhum giamaicano, dando il via a una tradizione che poi risulterà definitiva.
La ricetta del nobile polacco viene poi elaborata e perfezionata dal pasticcere francese Nicolas Stohrer, al servizio della regina Maria Leszczyńska, che lo propone anche nella sua pasticceria in Rue Montorgueil a Parigi. Ed è qui che nasce per la prima volta il babà al rhum nella forma a fungo o a cappello da chef, che conosciamo e mangiamo ancora oggi.
Il viaggio del babà verso Napoli
Agli inizi dell’Ottocento, Napoli aveva un forte legame con il regno francese e le famiglie aristocratiche e alto borghesi si servivano di cuochi che studiavano la haute cuisine direttamente in Francia, per avere sempre menu alla moda. Così il babà inizia a metter radici nel territorio partenopeo, che sarà la sua nuova (e forse migliore) culla fino alla definitiva consacrazione.
Proprio nella terra partenopea il babà si libera da alcuni ingredienti per questioni economiche e sociali: lo zafferano risulta infatti troppo costoso, mentre l’uva passa e i frutti canditi erano ritenuti troppo “contadini” perché impiegati anche nelle preparazioni tipiche delle classi più povere. Per essere davvero un dolce nobile, allora, i pasticceri rielaborano la ricetta del babà e danno vita al dolce che gustiamo ancora oggi. Siamo ormai al 1836 e il Babà è già annoverato tra i dolci tipici napoletani, menzionato da Agnoletti in quello che è considerato il primo manuale di cucina italiana.
Le varianti: il babà rustico e non solo
Come accaduto per molte altre ricette, anche il babà è stato sottoposto a numerose variazioni e, nel tempo, alla ricetta classica si sono affiancate tante alternative: molto apprezzati sono i babà bagnati nel limoncello, quelli agli agrumi, ma il dolce può essere anche farcito con panna montata, crema, cioccolato o altri ingredienti.
Completamente diverso è il caso del babà rustico, che invece è un goloso piatto salato che mantiene solo la forma e la consistenza di quello originale: l’impasto di questa pietanza vede una vigorosa aggiunta di sale e, soprattutto, un ripieno fatto da formaggi a pasta filata di vario tipo e salumi (salame napoletano, prosciutto cotto o pancetta, ad esempio), che creano un mix di sapori decisi e golosi. Ovviamente, il babà rustico non prevede bagna al rum!