Vino patrimonio comune: scopriamo insieme il progetto del momento

È il momento di difendere il vino italiano: non da fantomatici attacchi dell’Unione Europea, come nel caso della polemica della Coldiretti contro il tentativo di allungare il vino con l’acqua, ma dalla scarsa consapevolezza su alcuni tratti fondamentali per capirne la qualità, come la tipicità e la corrispondenza con il territorio di origine. Sono questi alcuni degli obiettivi del progetto Vino Patrimonio Comune, promosso da Federvini e Alleanza delle Cooperative Italiane-Agroalimentare.

Che cos’è il progetto Vino Patrimonio Comune

L’iniziativa è stata lanciata da Federvini e Alleanza delle Cooperative Italiane-Agroalimentare, e si inserisce nella scia della banca dati isotopica europea: a differenza di quest’ultima, però, è consultabile dagli operatori privati – e non solo dalle autorità nazionali di controlli degli Stati Ue – ponendosi quindi come riferimento utile per migliorare l’efficacia della identificazione e quantificazione dei componenti chimici e biochimici dell’uva e dei prodotti vitivinicoli e, soprattutto, fornire un nuovo strumento nella lotta alla contraffazione.

Nello specifico, il progetto mira a certificare l’autenticità delle produzioni di vino, assicurando la tipicità e la corrispondenza effettiva dell’uva e del vino con il territorio d’origine grazie all’utilizzo di parametri tecnici, come il dato analitico isotopico.

Uno strumento per cantine e consumatori

Con “Vino Patrimonio Comune” le cantine italiane avranno a disposizione uno strumento di autocontrollo e di maggiore consapevolezza, di cui può beneficiare anche il consumatore finale: oggi più che mai, infatti, il settore enologico non può prescindere dalla autenticità, che diventa un elemento di rispetto verso le attese dei consumatori e di garanzia per le relazioni commerciali.

L’idea di questa iniziativa è nata in seno alle imprese associate di Federvini e di Alleanza delle Cooperative Italiane-Agroalimentare, che hanno avvertito l’esigenza di sviluppare percorsi comuni per garantire l’autenticità delle proprie produzioni. I primi passi sono stati mossi già nei mesi passati, nel corso della vendemmia 2020, durante la quale sono avvenuti i primi campionamenti, eseguiti dall’Università di Parma, partner scientifico dell’iniziativa, presso le aziende e cooperative aderenti.

Da questo lavoro è partita la “Banca Dati isotopica mosti/vini per la vendemmia 2020”, che raccoglie tutti i dati relativi agli isotopi stabili dell’ossigeno e dell’idrogeno di campioni di mosti e vini provenienti da varie località italiane: questi parametri servono come tracciante dell’origine delle uve e dei prodotti della trasformazione, e la banca dati sarà progressivamente implementata per rendere lo strumento sempre più performante e completo.

L’evoluzione dei sistemi già esistenti

Come accennato, uno progetto simile è già partito su base europea, e nel settore privato – sempre su base comunitaria – alcune insegne del commercio hanno avviato progetti di profilazione delle caratteristiche analitiche dei vini, con l’obiettivo prioritario di tutelare i propri interessi contrattuali.

Come segnala la nota congiunta di Federvini e Alleanza delle Cooperative Italiane-Agroalimentare, ci sono però dei limiti a questi percorsi già avviati, che risultano “o non sono consultabili dagli operatori privati o, quando promossi dal settore privato, prevedono la proprietà dei dati in capo a soggetti diversi dai produttori di vino”. Inoltre, l’assenza di dati e riferimenti condivisi rispetto alla banca dati a cui tali sistemi privati attingono “aggiunge incertezze sulle rilevazioni“.

I commenti dei promotori di Vino Patrimonio Comune

Il progetto vuole quindi offrire più sicurezza e garanzie al sistema enologico nazionale. Lo conferma Sandro Boscaini, Presidente di Federvini, che cita valore e autenticità come elementi a cui si ispira l’azione e obiettivi da salvaguardare con l’iniziativa. In particolare, in questo modo “stiamo posando la prima pietra di una casa comune, che nasce sotto l’impulso dei nostri Associati, ma la cui porta è aperta sin d’ora a tutti”, con l’invito anzi ad allargare la partecipazione ad altri colleghi, enti e organismi scientifici “per lavorare insieme alla valorizzazione e tutela dell’autenticità del vino”.

Gli fa eco Luca Rigotti, Coordinatore del settore vitivinicolo dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, che spiega: “L’obiettivo di questo importante progetto è raggiungere un più elevato livello di conoscenza delle nostre produzioni vitivinicole territoriali, un percorso che ci consente di mettere a disposizione delle associate uno strumento di autocontrollo e di maggiore consapevolezza”, con la speranza di “di contribuire alla maggiore tutela ed alla valorizzazione dei vini sui mercati”.

I numeri del vino in Italia

Vale la pena, a questo punto, soffermarsi sui dati del vino in Italia, sia a livello produttivo che di consumo, che certificano come il settore enologico sia cruciale per l’agricoltura – e in generale l’economia – del nostro Paese.

Secondo le ultime rilevazioni dell’Istat, nel 2020 il valore della produzione di vino 2020 è di 3,9 miliardi di euro, in calo del 3,4% sul 2019 e del 15,6% rispetto al dato di 4,6 miliardi del 2018, un livello da record storico che fu frutto di una vendemmia straordinaria dal punto di vista quantitativo, con oltre 54 milioni di ettolitri.

Sono soprattutto le regioni del Sud – e in particolare Sicilia (-31%) e Puglia (-24%) – a far registrare oggi la distanza maggiore dal picco del 2018, mentre nel Nord il contributo inferiore è meno marcato (calo in media del 12%).

Sul fronte dei consumi, invece, il vino continua a vincere la battaglia con la birra, che però guadagna terreno: sempre l’Istat, infatti, segnala che il 54,2% degli Italiani (29,5 milioni) consumano vino, mentre il 50,5% consuma birra. Secondo Oiv, il piacere di uno o due bicchieri di vino ogni giorno accomuna almeno il 15% degli italiani, per un consumo procapite annuo che, in Italia, si stima intorno ai 43 litri di vino.

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