Farina di grillo: tutti ne parlano, ma vogliamo saperne di più

Prima di tutto, sgombriamo il campo da qualsiasi dubbio e “niente panico”, per citare Douglas Adams. Non c’è nessuno che voglia imporre dei nuovi stili alimentari, nessuna legge che ci obbliga a cambiare abitudini e nessuna minaccia al made in Italy e alle nostre produzioni tradizionali di qualità. La farina di insetti, che ciclicamente torna al centro del dibattito politico e non solo, resta sicuramente un tema divisivo e complesso, ma oggi cercheremo di chiarire tutto ciò che sta succedendo in Europa e cosa significa per noi consumatori, sgomberando il campo per quanto possibile da pregiudizi e preconcetti.

Farina di grillo e insetti commestibili, cosa succede in Europa

Proviamo insomma a far parlare i fatti.

Lo scorso 3 gennaio 2023 la Commissione Europea ha ufficialmente approvato il Regolamento di esecuzione (EU) 2023/5, che autorizza la commercializzazione sul mercato comunitario della farina parzialmente sgrassata di Acheta domesticus, più comunemente noto come grillo domestico, che viene quindi aggiunto all’elenco dei “novel food” o nuovi alimenti ammessi ai sensi del Regolamento di esecuzione (EU) 2017/2470.

Il successivo 6 gennaio 2023 è stato invece approvato il Regolamento di esecuzione (EU) 2023/58, che autorizza l’immissione sul mercato, quale nuovo alimento, delle larve di Alphitobius diaperinus (il cosiddetto verme della farina minore) congelate, in pasta, essiccate e in polvere.

Entrambi questi Regolamenti sono diventati effettivi dalla fine di gennaio, aprendo quindi all’immissione sul mercato di prodotti che utilizzano rispettivamente farina di grillo e verme della farina minore nelle misure previste dalla legge. Cosa che poi effettivamente è avvenuta in molti Paesi d’Europa, Italia inclusa, dove hanno fatto notizia vari esperimenti di alimenti realizzati con gli insetti commestibili tra gli ingredienti, suscitando un coro di reazioni in prevalenza critiche e allarmate (o allarmistiche).

È opportuno specificare che, come vale peraltro per tutti i novel food e in generale per tutti gli alimenti prodotti e commercializzati in UE, anche gli insetti commestibili nelle varie forme e tipologie sono stati “ammessi” e hanno avuto il via libera al termine di specifici e rigorosi test e sperimentazioni affidati all’EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, che ha svolto analisi e valutazioni del rischio e sulla sicurezza dei nuovi alimenti.

A conclusione di questo lavoro – che nel caso della farina di grillo è durato ben tre anni – l’Agenzia esprime il suo parere vincolante: riferendoci agli alimenti che hanno superato il test, la sperimentazione ha provato che non rappresentano un rischio per la salute del consumatore o uno svantaggio nutrizionale, e quindi ha consentito che il cibo così ottenuto possa essere consumato da tutte le fasce di popolazione, a partire dai 3 anni di età e ad eccezione delle persone con intolleranze alimentari o comunque sensibili ai crostacei (in particolare per i grilli).

Che cos’è la farina di grillo

È il Regolamento stesso a definire le caratteristiche della farina di grillo che è entrata a far parte dei nuovi alimenti: si tratta di polvere parzialmente sgrassata ottenuta da grillo domestico intero mediante una serie di fasi, che prevedono tra l’altro un periodo di digiuno di 24 ore degli insetti per consentire lo svuotamento intestinale, l’uccisione degli insetti mediante congelamento, il lavaggio, il trattamento termico, l’essiccazione, l’estrazione dell’olio (estrusione meccanica) e la macinazione. Il processo di sgrassamento ricorda invece il trattamento che si applica alla polvere di cacao, al di là delle ovvie ed evidenti differenti di materia prima.

Si tratta quindi di una tecnica di allevamento e produzione molto precisa, di controllo garantito e riservata solo ai grilli “allevati” (non si utilizzano grilli selvatici, insomma). Inoltre, l’autorizzazione alla produzione e all’immissione sul mercato di questo prodotto è consentita per i prossimi cinque anni solo alla società vietnamita Cricket One, specializzata in farine a base di insetti, che nel 2019 ha avviato le apposite procedure per l’inserimento della farina di grillo nei nuovi alimenti, ma il Regolamento prevede che altri richiedenti possano aggiungersi e ottenere il via libera.

Fino a questo momento, il grillo aveva trovato impiego alimentare soprattutto come cibo per animali da compagnia, in particolare per alcuni tipi di rettili insettivori, in quanto facile da riprodurre e ricco di proteine; la grande novità è che potrebbe diventare un ingrediente delle nostre diete, anche se per il momento solo sotto forma di farina parzialmente sgrassata.

Quali prodotti è presente la farina di grillo

È sempre il Regolamento della Commissione UE che specifica in quali alimenti destinati alla popolazione in generale i produttori alimentari possono utilizzare la speciale polvere: pane e panini multicereali, cracker e grissini, barrette ai cereali, premiscele secche per prodotti da forno, biscotti, prodotti secchi a base di pasta farcita e non farcita, salse, prodotti trasformati a base di patate, piatti a base di leguminose e di verdure, pizza, prodotti a base di pasta, siero di latte in polvere, prodotti sostitutivi della carne, minestre e minestre concentrate o in polvere, snack a base di farina di granturco, bevande tipo birra, prodotti a base di cioccolato, frutta a guscio e semi oleosi, snack diversi dalle patatine e preparati a base di carne.

La legge prevede che tutti gli alimenti contenenti la farina di grillo (e, in generale, novel food a base di insetti) siano fornite di etichette appropriate, che riportino chiaramente l’elemento tra gli ingredienti – indicato, nel caso specifico, come “polvere parzialmente sgrassata di Acheta domesticus (grillo domestico). Inoltre, devono segnalare che tale ingrediente può provocare reazioni allergiche nei consumatori con allergie note a crostacei, molluschi e acari della polvere.

Il dibattito sulla farina di grillo in Italia

La notizia dell’aggiunta della farina di grillo ai “nuovi alimenti” ammessi in Europa è rimbalzata fortemente su media e social, accendendo il dibattito: nella maggior parte dei casi, i pareri sono dubbiosi se non apertamente critici (anche per posizioni politiche, come nel caso di Coldiretti, che si batte contro queste innovazioni), ma c’è anche chi prova ad anticipare le tendenze.

Il brand lombardo Pane & Trita, ad esempio, ha iniziato a servire dal 16 febbraio il Grillo Cheeseburger, un burger realizzato anche con farina di grillo (presente in quota molto bassa, circa l’1,6% dell’impasto, a causa del sapore particolarmente intenso) cotto su piastre dedicate e distinte. A caratterizzare il panino è sicuramente il bun, di colore verde intenso (tra gli ingredienti c’è anche l’alga spirulina, che determina la tinta), mentre la farcitura è fatta con scamorza fusa, cavolo viola e chips di patata americana, con salsa rosa Pane & Trita a irrorare il tutto.

Come spiega Pabel Ruggiero, ceo e co-fondatore di Pane & Trita, la ricetta è stata studiata per un anno con Soul-K, food-tech company italiana che mette a punto e produce ingredienti personalizzati per il canale della ristorazione, testando “quelle che saranno le proteine del futuro”. Nessuna minaccia però alle proteine attuali: “Sia chiaro, noi vendiamo carne, quindi non andremo mai a sostituirla con la farina di insetti, però può essere un’ottima fonte proteica; sinceramente, io stesso davanti a una costata scelgo una costata, ma ogni tanto ci sta anche variare”, dice sensatamente.

La reazione dei consumatori è stata di piacevole sorpresa, perché “non si aspettano un sapore così delicato“; in fondo, però, Ruggiero ricorda che in Italia mangiamo già lumache, rane (e anche insetti stessi, come nel casu marzu e non solo) “e nessuno di scompone”.

Di tutt’altro parere Gino Sorbillo, che invece ha preparato una pizza napoletana preparata con farina di grillo: una “provocazione a difesa della pizza tradizionale”, spiega il famoso pizzaiolo, che si augura che “in futuro nessuna pizzeria possa mai considerare questa farina come ingrediente, sarebbe la fine della pizza napoletana e italiana nel mondo”. Sorbillo rincara la dose definendo “inaccettabile” la farina di grillo, perché “si tratta di una porcheria, una trappola di chi non sa cosa inventarsi”; inoltre, racconta di aver aspettato due settimane per avere questo speciale ingrediente, che ha pagato 75 euro al chilo. Tuttavia, non ci sono indicazioni sull’impasto e sulle proporzioni tra le altre farine eventualmente usate (è opportuno evidenziare che il Regolamento limita le percentuali di utilizzo della farina di grillo rispetto al totale dell’alimento, e nella pizza in particolare la quota è di 1 grammo per 100 grammi), quindi la scarsa riuscita del suo esperimento potrebbe non essere solo causa del bizzarro ingrediente…

I novel food europei: cosa mangeremo in futuro?

La farina di grillo è il terzo ingrediente di origine insetto approvato dalla Commissione come alimento per l’uomo, dopo la larva della tarma della farina (Tenebrio Molitor o tenebrione mugnaio) nel luglio 2021 e la locusta migratoria, che ha ottenuto il via libera nel novembre 2021. Inoltre, nel marzo 2022 l’UE aveva già ammesso tra i novel food i grilli in polvere, congelati, in pasta ed essiccati.

A brevissima distanza, come detto, si è aggiunto una quarta tipologia di alimento, derivante dal cosiddetto verme della farina minore, che si declina in due varianti: Larve di Alphitobius diaperinus congelate/in pasta oppure Larve di Alphitobius diaperinus essiccate/in polvere, che trovano applicazioni in una vasta gamma di prodotti come barrette ai cereali, pane e panini, cereali trasformati e da prima colazione, porridge, premiscele secche per prodotti da forno, prodotti a base di pasta secca, prodotti a base di pasta farcita, siero di latte in polvere, minestre, piatti a base di cereali, di pasta o di pizza, noodles, snack diversi dalle patatine, patatine fritte, cracker e grissini, burro di arachidi, panini salati pronti al consumo, preparati a base di carne, prodotti sostitutivi della carne, prodotti sostitutivi del latte e dei prodotti lattiero-caseari, prodotti a base di cioccolato. Inoltre, le larve del verme della farina minore possono essere usate anche in integratori alimentari, ma solo se destinati alla popolazione maggiorenne.

Anche in questo caso, l’etichetta riporterà le precise denominazioni e avvertenze (comprese i potenziali rischi di allergia), come per tutti gli altri novel food europei. Un fronte che potrebbe presto estendersi ancora, perché ci sono altre otto domande in lista d’attesa che riguardano gli insetti, come informa la stessa EFSA.

Allergie ma non solo: i rischi degli insetti commestibili

L’Unione Europea, sempre tramite EFSA, definisce “nuovi alimenti” tutti quelli che non erano consumati in misura significativa dai cittadini comunitari prima del 15 maggio 1997, data di entrata in vigore del primo regolamento sul tema. Non dobbiamo pensare solo a prodotti esotici, strani o assurdi, perché anche di questo elenco fanno parte, ad esempio, anche avena, spirulina o finocchio selvatico.

Il rigoroso processo di studio, analisi e sperimentazione degli esperti dell’EFSA rende possibile comunque definire sicuri questi prodotti: tutti i novel food possono essere autorizzati solo se non presentano alcun rischio per la salute umana, altrimenti la Commissione non sottopone l’approvazione agli Stati membri.

Ad ogni modo, gli insetti commestibili presentano qualche potenziale fattore di rischio, come peraltro già messo in luce: il punto più critico è sicuramente quello delle allergie alimentari che, secondo l’EFSA, rappresentano un importante problema di salute pubblica, che colpisce circa il 2-4% della popolazione adulta e fino all’8-9% dei bambini.

Attualmente, le norme comunitarie sull’etichettatura degli alimenti identificano un elenco di 14 allergeni che devono essere etichettati (ad esempio uova, latte, pesce, crostacei e così via): per quanto riguarda il consumo delle proteine ​​degli insetti, le indagini hanno rivelato che effettivamente possono potenzialmente portare a reazioni allergiche, soprattutto in soggetti con allergie preesistenti ai crostacei, agli acari della polvere e in alcuni casi ai molluschi. Inoltre, gli allergeni del mangime (ad esempio il glutine) possono finire nell’insetto che viene consumato. È per questo che c’è una “stretta” sulle etichette, che devono rispettare specifici requisiti informativi per salvaguardare la salute dei consumatori.

Ermolaos Ververis, chimico ed esperto EFSA in scienza degli alimenti, spiega che “le formule a base di insetti possono essere ad elevato contenuto proteico, benché i livelli proteici utili possono risultare sovrastimati quando sia presente la chitina, una delle principali sostanze che compongono l’esoscheletro degli insetti”. Secondo Ververis, “un nodo fondamentale della valutazione è che molte allergie alimentari sono connesse alle proteine, per cui dobbiamo valutare anche se il consumo di insetti possa scatenare reazioni allergiche; tali reazioni possono essere provocate dalla sensibilità individuale alle proteine di insetti, dalla reazione crociata con altri allergeni o da allergeni residuati da mangimi per insetti, ad esempio il glutine”.

Ad ogni modo, l’Unione Europea ricorda che non c’è alcun obbligo a mangiare insetti, anzi sottolinea che “spetta ai consumatori decidere se vogliono o meno mangiare insetti”, nella consapevolezza che l’uso degli insetti come fonte alternativa di proteine ​​non è nuovo e che gli insetti vengono mangiati regolarmente in molte parti del mondo.

Di fondo, lo scoglio da superare resta il cosiddetto “fattore disgusto“, ovvero ragioni che “derivano dalle nostre esperienze sociali e culturali e che rendono il pensiero di mangiare insetti repellente per molti Europei”, come spiega Giovanni Sogari, ricercatore in ambito sociale e consumeristico all’Università di Parma, che comunque ritiene che il tempo e l’abitudine a questi prodotti potranno mutare tali atteggiamenti.

Quali sono i vantaggi di questi alimenti innovativi

Ma perché mangiare insetti? O, per meglio dire, perché c’è tanta attenzione sull’individuazione di fonti proteiche alternative alla carne?

Molto dipende innanzitutto dall’alto impatto ambientale della carne (e in particolare di quella bovina), ma ci sono anche più ampie questioni economiche, sociali e anche salutari.

In particolare, la FAO considera gli insetti commestibili una risorsa preziosa alla luce delle crescenti difficoltà mondiali, come l’aumento del costo delle proteine ​​animali, dell’insicurezza alimentare, delle pressioni ambientali, della crescita della popolazione e della crescente domanda di proteine ​​tra le classi medie, che impongono di trovare soluzioni alternative al bestiame convenzionale. E prodotti come quelli citati possono contribuire quindi positivamente all’ambiente, alla salute e al sostentamento.

Gli insetti, infatti, si sono rivelati una fonte di cibo altamente nutriente e salutare con un alto contenuto di grassi, proteine, vitamine, fibre e minerali, e ancora la FAO li definisce una fonte proteica alternativa che facilita il passaggio a diete sane, bilanciate e sostenibili.

Come conclude Mario Mazzocchi, esperto di statistica economica e docente presso l’Università di Bologna, ci sono quindi “chiari vantaggi ambientali ed economici nel sostituire le fonti tradizionali di proteine animali con quelle che richiedono meno mangime, producono meno rifiuti e provocano meno emissioni di gas serra”.

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