Crunch effect mangiare cibi croccanti aiuta a introdurre meno calorie

Mangiare è un’esperienza multisensoriale, ma forse non abbiamo mai davvero preso in considerazione quanto sia importante l’aspetto acustico nelle nostre abitudini alimentari, né quanto il suono possa fare la differenza anche sull’apporto calorico! E invece, uno studio pubblicato sulla rivista specializzata Food Quality and Preference rivela che i suoni degli alimenti influiscono sulla quantità di cibo che consumiamo, grazie in particolare al cosiddetto crunch effect: scopriamo cosa significa e come possiamo applicare questa teoria alla nostra vita quotidiana!

Crunch effect, l’effetto scricchiolio influenza la dieta

Si dice di solito che un piatto si fa mangiare gli occhi, e sicuramente sappiamo quanto sono rilevanti nella nostra esperienza alimentare i sensi dell’olfatto, del gusto e del tatto: finora, però, non ci siamo mai concentrati a sufficienza sull’udito, che restava per così dire relegato all’ultimo posto dei sensi applicati alla scienza culinaria.

Eppure, anche le nostre orecchie svolgono un ruolo nell’alimentazione, o per meglio dire i suoni che percepiamo, perché la maggior consapevolezza sulla masticazione data dal sentire la croccantezza di un alimento, la masticazione o il sorso delle bevande ha un effetto diretto sulla nostra inclinazione a mangiare, diminuendo le quantità che ci sono necessarie.

È quello che rivela una ricerca pubblicata su Food Quality and Preference da un gruppo di scienziati della Brigham Young University di Provo nello Utah, e della Colorado State University di Fort Collins in Colorado, che hanno condotto tre esperimenti sul crunch effect e sulla “salienza del suono del cibo” e messo in relazione la presenza di suoni correlati al cibo e riduzione dei consumi alimentari.

La relazione tra suono e alimentazione

L’obiettivo dei ricercatori statunitensi era focalizzare l’attenzione sui segnali intrinseci e sulle proprietà sensoriali del cibo consumato, analizzando nello specifico il suono che un alimento emette durante la masticazione e la sua relazione con la quantità di consumo. Nello specifico, lo studio dimostra che una maggiore attenzione al suono prodotto dal cibo, o all’importanza del suono del cibo, può servire come segnale di monitoraggio del consumo e portare a una riduzione della quantità di alimenti ingeriti.

Questa scoperta deriva da tre studi che mettono in luce la relazione negativa costante tra l’importanza del suono di un alimento e l’assunzione di cibo: in parole più semplici, percepire ed essere consapevoli del crunch effect ci fa mangiare meno.

L’esperimento più interessante ha rivelato che le persone mangiano meno quando il suono del cibo è più intenso: i partecipanti indossavano cuffie che riproducevano rumori forti (suoni di sottofondo esterni, come tv, radio e musica negli auricolari) o attutiti mentre mangiavano snack, e dalle analisi è emerso che quando il suono intenso mascherava il suono della masticazione, i soggetti in quel gruppo mangiavano di più. Per la precisione, il gruppo del “silenzio” ha mangiato 2,75 pretzel in media, mentre il gruppo “rumoroso” ne ha mangiati 4, con un risparmio del 30% di calorie.

Gli studiosi spiegano che il crunch effect potrebbe non sembrare rilevante all’apparenza perché gli effetti possono apparire minimi – solo un pretzel in meno – ma “nel corso di una settimana, mese o anno, le quantità potrebbero davvero sommarsi” e sommarsi a quelle di altri alimenti.

I risultati dello studio: più forte è il suono del cibo, meno cibo consumiamo

Per essere chiari, i ricercatori non stanno parlando dello sfrigolio della pancetta o dello scoppiettio dei popcorn, ma del solo suono che deriva dall’azione della masticazione e che, quindi, dipende dal livello di croccantezza di un alimento.

Classicamente, consumatori e ricercatori hanno trascurato il suono del cibo come importante segnale sensoriale nell’esperienza alimentare, ha affermato uno degli autori dello studio, ma in realtà la salienza del suono del cibo ha un impatto notevole. La ricerca evidenzia infatti il peso dei segnali uditivi intrinseci del cibo sul consumo e offre risultati sono sia per i ricercatori interessati a capire in che modo i segnali sensoriali sono collegati al consumo.

Smorzare o azzerare il crunch effect di un alimento – ad esempio se mangiamo con la TV accesa o ascoltiamo musica ad alto volume – può infatti ridurre la percezione uditiva e spingerci a consumare di più, rimuovendo uno dei sensi coinvolti nell’esperienza alimentare.

Ne deriva che la consapevolezza è fondamentale per una corretta alimentazione e anche per prevenire l’eccesso di cibo: dobbiamo essere più attenti non solo al gusto e all’aspetto fisico degli alimenti che mangiamo, ma anche al suono che producono, evitando al contempo di sopraffare i nostri sensi (e nello specifico l’udito) al momento del consumo, come peraltro suggerisce anche il mindful eating.

La croccantezza è di moda

E allora forse non è solo un caso che gli alimenti croccanti sono di grande tendenza tra i consumatori, anche in Italia: magari è una scelta puramente istintiva, ma i dati dell’Osservatorio Immagino GS1 Italy 2022 rivelano che i nostri connazionali fanno sempre più attenzione alla texture dei prodotti, e proprio l’aspetto della masticabilità resistente e del suono prodotto sono fattori che spingono all’acquisto. Per la precisione, il giro d’affari degli alimenti croccanti sono cresciuti del 3,2% nel 2021 (maggior incremento rispetto a tutta la categoria).

Inoltre, altri studi rivelano che l’aspetto della croccantezza si sposa ad altri segnali positivi percepiti a livello inconscio, come ad esempio la freschezza di un alimento, la soddisfazione (l’atto stesso di masticare stimola il cervello e comunica un segnale di pienezza allo stomaco) e l’appetibilità di un prodotto: per quest’ultimo punto, una ricerca del 2019 pubblicata su Appetite ha messo in luce che le persone apprezzavano di più il cibo che promuoveva la parola crunch o crunchy sulla confezione o nella pubblicità rispetto a uno praticamente identico, ma senza messaggio “subliminale”.

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