Cuocere la pasta a gas spento: il metodo Parisi antispreco funziona?

Cuocere la pasta a gas spento: il metodo Parisi antispreco funziona?

È il tema del momento: è davvero possibile cuocere la pasta a fuoco spento dopo che l’acqua è arrivata a ebollizione? E questa tecnica, chiamata “cottura passiva” e consigliata tra gli altri anche dal premio Nobel Giorgio Parisi, consente realmente di ridurre lo spreco di gas e, quindi, di farci consumare meno (in una fase così delicata per i continui incrementi di questo elemento)? Proviamo a capirci di più e a scoprire qual è la realtà dietro queste teorie.

Cuocere la pasta a fuoco spento, la ricetta di Giorgio Parisi

La cottura passiva della pasta, più nota come tecnica della cottura a fuoco spento, è tornata al centro dei dibattiti negli ultimi giorni grazie a un post del premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi, che ha promosso questo metodo come soluzione antispreco per ridurre i consumi di gas, senza particolari effetti negativi sulla qualità della preparazione.

Secondo il fisico romano, il procedimento è molto semplice: riempiamo una classica pentola con la quantità necessaria di acqua (meglio se la pentola ha un fondo spesso, che irradierà meglio il calore), mettiamo sul gas e, quando l’acqua arriva a ebollizione, caliamo la pasta e abbassiamo il gas al minimo o – addirittura – spegniamo il fornello. L’unica accortezza è “tenere il coperchio sempre, perché il calore si perde moltissimo per evaporazione”, dice Parisi nel suo post.

In questo modo, l’acqua all’interno della pentola resterà a temperatura sufficiente a garantire la cottura indiretta della pasta, che consumerà molto meno gas rispetto alla tecnica tradizionale.

Una tecnica molto più antica

Andando a investigare, si scopre che la tecnica di Parisi per la cottura della pasta non è una novità e che, addirittura, questo metodo affonda le radici in alcune teorie risalenti alla fine del Settecento.

Nello specifico, sembra che sia stato per primo il Conte Rumford Benjamin Thompson (uno dei “papà” della termodinamica) a intuire che l’ebollizione dell’acqua non fosse una condizione assolutamente necessaria per poter cuocere la pasta.

Tornando in epoche più recenti, già nell’edizione 2010 di Identità Golose Milano lo chef Elio Sironi presentò la sua versione di “cottura passiva”: rispetto alla ricetta di Parisi, lo chef consigliava di tenere la pasta nella pentola con acqua bollente per due minuti (da calcolare a partire dal momento in cui l’acqua riprende a bollire dopo che si sono aggiunti sale e pasta, che come sappiamo abbassano la temperatura) e poi spegnere il fornello, tenendo sempre la pentola chiusa con il coperchio. Con questo sistema, si risparmia una quota importante di tempo di cottura – ad esempio, se un formato richiede regolarmente 11 minuti di cottura al dente, con la cottura passiva risparmiamo 9 minuti di gas aperto – ma soprattutto si limita la dispersione nell’acqua di amido e glutine, che invece “restano” nella pasta.

Una variante di questa tecnica la propone lo chef Davide Scabin, che già nel 2011 aveva individuato la strada per una cottura della pasta “rispettosa” dei consumi energetici: secondo Scabin, dobbiamo innanzitutto verificare il tempo di cottura consigliato sulla confezione di pasta che vogliamo preparare. E poi eseguire un semplice calcolo matematico, ovvero “cuocere con acqua in ebollizione per il 10% del tempo e poi infusione per il suo tempo di cottura indicato, aggiungendo il 10% di tempo in più“, una formula applicabile a tutte le paste di buona fattura.

Tradotto in termini più semplici, per una pasta che prevede dieci minuti di cottura dobbiamo portare l’acqua a bollore e poi cuocere regolarmente per un minuto dopo aver calato la pasta, e poi spegnere il fuoco lasciando in infusione con coperchio chiuso per 11 minuti (tempo di cottura naturale, più un 10% per cento di tempo in più).

Cottura passiva della pasta, i vantaggi e i risparmi

A sancire i vantaggi della cottura della pasta a fuoco spento è anche lo studio scientifico realizzato da Perfect food consulting per i Pastai italiani di Unione italiana food, che più in generale rivela l’impatto positivo in termini di risparmio (energetico, di emissioni di CO2 equivalente e di acqua) derivante da tre semplici accorgimenti.

Per la precisione, il procedimento consigliato si basa su:

  • Tenere il coperchio sulla pentola quando portiamo l’acqua a ebollizione.
  • Usare la giusta quantità di acqua (non più di 1 litro per 100 g di pasta).
  • Spegnere il fuoco prima del tempo e sfruttare la cottura passiva.

E gli effetti (calcolati paragonando la cottura di 200 grammi di pasta in modo convenzionale e con i suggerimenti) sarebbero notevoli:

  • L’uso del coperchio durante la fase di ebollizione consente un risparmio fino al 6% di energia ed emissioni di CO2.
  • L’utilizzo di 700 millilitri di acqua anziché un litro per 100 grammi di pasta consente un risparmio netto del 30% di acqua, ma anche una riduzione del 13% di energia ed emissioni di CO2.
  • La cottura passiva assicura fino al 47% di risparmio di energia ed emissioni di CO2.

In pratica, stando a questo studio ogni italiano potrebbe risparmiare in un anno fino a 44,6 chilowattora, 13,2 chili di CO2 e 69 litri di acqua (tenendo come dato di riferimento il consumo medio nazionale di 23.5 kg di pasta pro-capite).

E poi c’è anche un risvolto positivo più concreto: la cottura passiva non necessita del fornello, che quindi possiamo liberare nel caso in cui avessimo altre preparazioni da completare e poco spazio a disposizione.

C’è chi dice no: i pareri degli chef

Tutto perfetto? Non proprio, perché in Rete non sono mancate critiche e polemiche a questa idea della cottura a fuoco spento, soprattutto da parte di chef ed esperti di cucina.

Il rischio principale riguarda la qualità della pasta così preparata, che potrebbe non raggiungere la consistenza desiderata e prevista: in una parola, la pasta può diventare gommosa, perché una temperatura troppo bassa (sotto gli 80 gradi) non consente la corretta gelatinizzazione degli amidi.

A scagliarsi contro la cottura passiva è stato in particolare il ristoratore Antonello Colonna, secondo cui la tecnica di Parisi non può essere applicata nei ristoranti di alto livello perché, appunto, compromette la consistenza della pasta e la qualità della ricetta. Secondo Colonna, la soluzione per risparmiare gas è passare letteralmente dalla padella (pardon, pentola) alla brace, con cotture alla griglia, e il recupero di cotture in pentole come il paiolo, come sta già facendo nei suoi ristoranti.

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