Castagne matte: sai cosa sono? Te lo diciamo noi

Sono frutti di forma sferica irregolare, grossi e di colore marrone, contenuti all’interno di un riccio verde con piccole punte distanziate e corte: non stiamo però parlando delle classiche e buonissime castagne commestibili, ma di una tipologia non adatta al consumo dell’uomo, le castagne matte. Si tratta dei frutti dell’ippocastano, un albero frequente anche nei centri cittadini, e contengono alcune sostanze che possono provocare danni all’organismo in caso di ingestione, motivo per cui è importante imparare a distinguere le castagne matte dalle comuni castagne per non commettere errori.

Che cosa sono le castagne matte

La castagna matta è in realtà il seme dell’Aesculus hyppocastenum, albero noto come ippocastano o castagno d’India, che si presenta come accennato con un aspetto estetico che ricorda le comuni castagne commestibili.

Le castagne matte, infatti, sono sfere di forma irregolare e colore bruno lucido, che fino alla completa maturazione sono rinchiuse in quello che più precisamente è il frutto, ovvero il riccio. In questo caso, parliamo di grosse capsule carnose rotonde di colore verdastro, fornite di corti aculei che ricoprono il pericarpo, suddivise internamente in tre valve che solitamente ospitano una sola castagna matta (ma anche due o tre).

Commestibile per molte specie animali, la castagna matta è però leggermente tossica per l’uomo, e questo rappresenta un grande elemento di pericolo, vista la similitudine con le classiche castagne. Nello specifico, i semi dell’ippocastano hanno un sapore amaro e sviluppano un odore molto sgradevole durante la cottura, ma soprattutto contengono principi attivi, tra cui composti glicosidi e saponine (in particolare escina), che in concentrazioni elevate possono provocare emolisi (rottura dei globuli rossi).

Castagne matte e rischi per l’organismo

Più in dettaglio, la caratteristica distintiva delle castagne matte (e il motivo per cui si chiamano così) è proprio la loro composizione: il seme si divide in due grandi cotiledoni carnosi che contengono amido, lipidi, flavonoidi e saponosidi, tra cui la citata escina, responsabile di potenziali danni a glomeruli e tubuli renali, che possono avere un effetto irritativo e causano disturbi gastrointestinali, vomito e diarrea, oltre che prurito.

Se quindi le castagne dolci sono pienamente commestibili e, anzi, sono un ingrediente storico della cucina italiana, anche nella versione di farina di castagne, i semi dell’ippocastano sono velenosi e, quando mangiati, possono provocare problemi digestivi come dolore addominale, nausea, vomito e irritazione alla gola. Per la precisione, questa intossicazione può anche sfociare in problemi più seri se non riconosciuta in tempo o sottovalutata, in base alla quantità che è stata ingerita.

Negli Stati Uniti, ad esempio, le stime registrate dai centri antiveleni rivelano che oltre un caso su 10 di piante velenose scambiate per piante commestibili tra 2012 e 2018 ha riguardato proprio ippocastani e castagne.

Che cos’è l’ippocastano

Così chiamato perché, storicamente, i suoi frutti venivano usati come alimento stimolante per i cavalli (dal greco, “ippo” significa cavallo e “kastanon” castagna), l’ippocastano o castagno d’India è un albero ornamentale molto presente in Italia, dove si può trovare frequentemente lungo strade, giardini e parchi di città, in pianura o in altura.

Si tratta di un albero originario di alcune parti dell’Europa sudorientale, una specie arborea longeva e rustica originaria dei Balcani e della Grecia che oggi è molto diffusa in tutte le zone temperate del Continente, anche per la capacità di adattamento a qualsiasi tipo di ambiente e territorio, compresa la resistenza agli agenti inquinanti.

Storicamente, l’ippocastano e le sue componenti hanno avuto anche largo utilizzo nella fitoterapia, in quanto semi e corteccia sono ricchi di sostanze benefiche quali saponine, tannini, triterpenici, glucosidi cumarinici ed esculina, oltre che ai flavonoidi, grassi insaturi e amidi. In particolare, l’estratto di semi di ippocastano è stato utilizzato in preparazioni per il trattamento di dolori articolari, malattie rettali, problemi alla vescica e gastrointestinali, febbre, crampi alle gambe e altre condizioni; inoltre, ha una azione benefica sulla microcircolazione e assicura un miglioramento dell’attività circolatoria periferica, utile quindi in casi come disturbi circolatori, patologie flebitiche, gonfiore e pesantezza alle gambe.

Le differenze tra castagne matte e castagne

Nonostante queste proprietà benefiche, però, come detto le castagne matte hanno un contenuto potenzialmente tossico che le rende pericolose il consumo umano.

È quindi importante più che mai imparare a distinguere le castagne matte dalle castagne commestibili, soprattutto se amiamo passeggiare in autunno alla ricerca dei doni dei ricci.

Per fortuna, comunque, ci sono alcuni elementi facilmente distinguibili tra le prime e le seconde, e già un rapido controllo visivo ci dovrebbe consentire di determinare con sicurezza quale tipologia di seme/frutto abbiamo di fronte.

Di norma, infatti, le castagne comuni e buone da mangiare si raccolgono nei boschi, habitat naturale dell’albero del castagno, a un’altitudine che può variare dai 300 ai 1200 metri: il riccio che le protegge è ricco di aculei, ha un colore si trasforma da verde a marrone durante la maturazione e al suo interno ospita solitamente 2 o 3 castagne di dimensioni differenti (in genere una grande e le altre più piccole e schiacciate). Anche le foglie del castagno sono molto riconoscibili, in quanto piccole e seghettate.

Al contrario, ogni foglia di ippocastano è costituita da “fogliette” ovali, che conferiscono all’intera foglia un aspetto a forma di palma; il riccio è invece verde, con piccole punte distanziate e corte, e al suo interno troviamo spesso un solo frutto, che si presenta rotondo, grosso e molto lucido. Le stesse castagne matte, poi, sono leggermente differenti dalle castagne commestibili: se le confrontiamo attentamente, infatti, noteremo che i semi dell’ippocastano sono più grandi, più arrotondati e privi del ciuffo apicale che invece è caratteristico delle castagne.

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