Flat food: è arrivato l’abbonamento al ristorante, vediamo di che si tratta

Gli italiani mangiano sempre più fuori casa, secondo l’ultimo rapporto di Fipe, ma non è sempre facile intercettare i clienti e soprattutto fidelizzarli: una strada sembra essere quella sperimentata da alcuni ristoratori del nostro Paese, che hanno inventato la formula flat food, una specie di abbonamento all inclusive al locale. Scopriamone di più.

I numeri del rapporto Fipe

La situazione della ristorazione in Italia mostra alcune luci e parecchie ombre, evidenziate come detto nello studio della Federazione dei pubblici esercizi presentato nelle scorse settimane a Roma e pubblicato dal Sole 24 Ore. I numeri raccontano di un aumento intenso dei consumi delle famiglie nei servizi di ristorazione, con 86 miliardi di euro spesi dagli italiani per mangiare tra bar e ristoranti.

In un decennio, tra il 2008 e il 2018, i consumi fuori casa sono aumentati di 5 miliardi di euro (pari al 5,7 per cento) rispetto al periodo precedente, mentre la spesa per l’alimentazione “in casa” è diminuita di 9 miliardi.

I ristoranti in Italia

Queste cifre sembrerebbero descrivere una situazione positiva se non addirittura florida, ma in realtà lo scenario è molto più complesso: non senza note critiche, la Fipe sottolinea come negli ultimi dieci anni i centri cittadini italiani si siano riempiti di “paninoteche, kebab e (finti) take away di ogni genere”, cresciuti del 55 per cento, e che per ogni nuovo ristorante aperto ce ne sono due costretti a chiudere. In particolare, “dopo un anno chiude il 25% dei ristoranti; dopo 3 anni abbassa le serrande quasi un locale su due, mentre dopo 5 anni le chiusure interessano il 57% di bar e ristoranti”.

Insomma, fare impresa nel settore della ristorazione in Italia è molto più che complesso, anche se la platea di potenziali utenti è in aumento: circa l’11 per cento degli italiani pranza fuori casa ogni giorno, e quasi 10 milioni di nostri connazionali cenano al ristorante almeno due volte a settimana.

La sfida: fidelizzare i clienti

La sfida è trasformare il cliente occasionale in una certezza, anche per i bilanci dell’azienda, e il sistema delle tariffe in abbonamento ha fornito lo spunto creativo a una serie di ristoratori sparsi per lo Stivale. Il modello economico di riferimento è quello di Netflix, Spotify o degli altri servizi di streaming che, a fronte del pagamento di un abbonamento fisso mensile, consentono di accedere a un catalogo intero di prodotti: anziché usufruire di film, serie tv o giochi online, però, le persone questa volta possono sedersi al tavolo di un ristorante e consumare un pasto completo.

Il flat food al ristorante

Questa strategia commerciale innovativa è stata chiamata “flat food”, riprendendo la terminologia delle tariffe a forfait divenute comuni con le compagnie telefoniche, e promette vantaggi sia ai clienti che agli stessi ristoratori.

Da un lato, le persone possono abbonarsi al ristorante preferito pagando una tariffa fissa mensile, senza quindi un conto a fine pasto; dall’altro, gli imprenditori possono fidelizzare la clientela e assicurarsi degli introiti sicuri. A prima vista è facile pensare alle similitudini con la formula “all you can eat” (che si è diffusa anche in Italia), ma in realtà il modello del “cibo a forfait” si differenzia proprio perché punta alla reiterazione delle visite.

Due sperimentazioni in Italia

Al momento, si segnalano due ristoranti che stanno provando a sperimentare la soluzione flat food, seppur con alcune differenze: WeeDoo a Limena, in provincia di Padova, e Gabarè a Ravenna.

Il flat food di WeeDoo

Nel ristorante veneto, che vanta tra i suoi pezzi forti per il galletto alla brace, i titolari dell’attività Luca Pellizzari, Alessandro Trentin e Girolamo Rossi intendono sperimentare la nuova formula per 6 mesi, lanciando un abbonamento che costa 149 euro al mese. I clienti che scelgono questa soluzione hanno diritto a “ordinazioni illimitate di piatti e bevande in menu”, tutte le volte che desiderano, e possono scegliere alla fine di ogni mese se rinnovare o meno l’opzione.

Come spiegano i tre imprenditori in un’intervista, “ci ha intrigato l’idea di testare nella ristorazione ciò che da anni sta accadendo in settori della vita quotidiana dei consumatori come la telefonia, Internet, film e serie tv”, e quindi sono pronti alla sfida. “Considerando che il ristorante è aperto 7/7 per 360 giorni all’anno, ci aspettiamo parecchio lavoro extra nei prossimi mesi”, ma si augurano anche che lo “sforzo sia ripagato dalla partecipazione di persone che sposino il nostro spirito innovativo, tanto nell’offerta food quanto nell’esperienza ristorativa, e che desiderino partecipare con noi a quella che può diventare una piccola rivoluzione del settore“.

L’abbonamento flat food al Gabarè

Più diversificata la strategia adottata dallo chef Ciro Adamo presso il ristorante Gabarè di Ravenna, che prevede già tre diverse tipologie di abbonamento flat food: la sottoscrizione da 120 euro mensili dà diritto a pranzi illimitati, mentre la versione da 240 euro consente anche di includere le cene; inoltre, è in definizione una speciale tariffa per studenti e un pacchetto “per famiglie” (due adulti e due bambini) da 400 euro, che permette di mangiare a pranzo e cena tutti i giorni, senza limiti e con possibilità di ordinare via smartphone e mangiare a casa in modalità take away (senza consegna a domicilio).

Il ristorante Gabarè punta sulla cucina tradizionale e offre un menu flat composto da tre primi e tre secondi (declinato in piatti di carne, di pesce e vegetariani), con pasta fatta in casa e materie prime di qualità. Secondo lo chef, con il flat food “oltre alla convenienza, regaliamo alle persone anche circa 80 ore mensili di tempo libero che sono di fatto un costo che si sostiene per cucinare, riassettare, andare a fare la spesa” e così via, a fronte di un investimento sostenibile per i bilanci familiari.

Insomma, l’abbonamento flat food può essere davvero win-win per tutti?

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