Casertana o Salernitana? Qual è la migliore mozzarella di bufala?
Vanto di un’intera regione, la mozzarella di bufala campana è giustamente considerata l’oro bianco della tavola. Ma non mancano le discussioni tra chi preferisce quella prodotta nel salernitano o quella che invece proviene dalle zone del casertano: una differenza che non è soltanto soggettiva e di gusto, come vedremo.
In cucina, lo sappiamo, spesso trionfa la soggettività: ci sono preparazioni che incontrano maggiormente i nostri favori e altre, seppur rinomate, che invece ci lasciano più freddini e non entusiasmano le nostre papille gustative… e poi ci sono dei veri e propri must, come la mozzarella di bufala Dop prodotta in Campania, uno dei prodotti più tipici del territorio italiano, amato e diffuso anche all’estero (anche per l’abbinamento all’altro gioiello napoletano, la pizza).
Ora, al di là del fatto che c’è anche chi non ama molto la mozzarella o che non la mangia per una serie svariata di motivi (magari perché la considera troppo calorica, anche se in realtà l’apporto di 100 grammi di questo prodotto è di 280 kcal, molto meno degli altri tipi di formaggio), bisogna anche dire che è difficile stilare una classifica dei migliori produttori di “oro bianco” della Campania. Non solo perché, appunto, il gusto svolge un ruolo fondamentale in questa selezione, ma anche perché c’è una distinzione basilare di fondo che occorre fare, e che divide il mondo dei gastronomi in due diverse fazioni.
Come novelli “guelfi e ghibellini”, infatti, i puristi della mozzarella difendono a spada (o per meglio dire, forchetta) tratta il proprio prodotto, distinguendolo da ogni altro tipo. Sullo sfondo, c’è l’antica differenza tra la mozzarella casertana e quella salernitana, ovvero due delle principali zone di produzione della perla bianca campana.
Cominciamo però a raccontare come si produce la mozzarella di bufala, procedimento che accomuna entrambe le versioni “locali” e che è rigorosamente definito dal disciplinare della DOP: innanzitutto, l’ingrediente di base è (ovviamente) il latte fresco e intero di bufala di razza mediterranea italiana, con un contenuto di grassi minimo, da filtrare per eliminare le eventuali impurità, lasciando però i batteri utili. Nella fase di coagulazione, poi, al latte riscaldato fino a 36 gradi si aggiungono fermenti naturali derivanti da precedenti lavorazioni di latte di bufala, che consentono di ottenere una cagliata, che andrà rotta dopo alcune ore di maturazione e immersa in acqua calda. Ora avviene il momento più particolare, quello della salatura, della filatura e della “mozzatura” (da cui il nome) dei pezzi per ottenere le dimensioni desiderate.
Ed è anche questo il momento in cui si crea la frattura tra la produzione che si localizza in provincia di Salerno e quella della provincia di Caserta. Nel Casertano, infatti, in genere le mozzarelle sono prima immerse in salamoia (la cui composizione varia a seconda dei caseifici), mentre invece nella zona meridionale della Campania si preferisce aggiungere il sale direttamente ai liquidi di governo (il liquido di conservazione del prodotto, ovvero acqua di filatura sgrassatura). Non si tratta solo di formalità procedurali, perché questa differenza modifica in modo sensibile anche il prodotto finito.
Così, le mozzarelle casertane presentano una parte esterna (definiamola “pelle”) più formata e più resistente, e subito si percepisce al palato un tratto di sapidità più accentuata. Quella salernitana, invece, che trova nella zona di Battipaglia un centro di produzione fondamentale, si presenta meno salata al gusto, con note più delicate e consistenza generalmente più morbida.
L’altra grande differenza tra le mozzarelle di bufala campana sta nella pezzatura: come noto, esistono varie forme e dimensioni di questo prodotto, che vanno dal tondo piccolo (il bocconcino da 80-100 grammi) al medio (la tradizionale variante da 250 grammi), fino al grande (la mozzarella aversana, ad esempio, da mezzo chilo), passando poi per la treccia (tipica in particolare della piana del Volturno e dell’agro aversano) e per una variante di mozzarella affumicata, da non confondere con la provola. Ognuna di loro ha caratteristiche specifiche al palato, sia per la consistenza che per il gusto stesso, e in genere si consiglia di provare le pezzature medie o grandi per gustare davvero al meglio questa specialità casearia.
Prima di passare a una personale classifica dei produttori di mozzarella di bufala campana è il caso di offrire tre piccoli e veloci consigli per la conservazione e il consumo domestico di questa “perla bianca”: innanzitutto (anche se forse è banale scriverlo ancora), bisogna conservare il prodotto nel suo liquido fino al momento di servire, perché si insaporisce a puntino. Inoltre, è meglio conservare la mozzarella fuori dal frigo; se proprio dovesse essere necessario riporla in ambiente freddo, allora, bisogna farla rinvenire a temperatura ambiente o nell’acqua tiepida. Infine, soprattutto se acquistiamo una grossa pezzatura (come la “zizzona di Battipaglia” immortalata dal film Benvenuti al Sud), è preferibile attendere 24 ore prima di consumarla, così da far rilassare al meglio le fibre e rendere più omogenea la salatura.
E ora, come detto, ecco anche alcuni indirizzi da tenere a portata di mano (o di smartphone) nel caso di viaggi in terra casertana o salernitana alla ricerca delle migliori mozzarelle di bufala della Campania. Il primo nome che facciamo è quello della Tenuta Vannulo, di Antonio Palmieri, a Capaccio Scalo: è uno dei punti fermi della produzione casearia campana, presente in tutte le classifiche di qualità e apprezzamento dei consumatori; un difetto? Bisogna prenotare l’acquisto, altrimenti si resta a bocca asciutta. Poco distante sorgono il Caseificio Barlotti (località Paestum), dove la mozzarella si distingue per una sapidità leggermente più spiccata rispetto alle altre prodotte in zona, e altri due “concorrenti” agguerriti come il Caseificio Torricelle e il Caseificio Granato.
Passando alla zona casertana, invece, spiccano soprattutto il Caseificio Il Casolare del maestro casaro Mimmo La Vecchia ad Alvignano, l’azienda Nonna Rosa ad Aversa (che ha inventato il burriello, una speciale mozzarella di bufala da un chilo che nasconde al suo interno panna e bocconcini di bufala, disponibile solo su prenotazione), ma anche un produttore che al sapore unisce un significato e un valore ulteriore. Parliamo infatti del Caseificio Le Terre di Don Peppe Diana – Libera Terra, che sorge su un terreno confiscato alla camorra e onora la memoria del sacerdote ucciso nel 1994 dalla camorra mentre celebrava una messa; tra i testimonial di questa mozzarella di bufala campana annoveriamo anche Roberto Saviano, che non ha fatto mistero del suo gradimento. Per mio gusto personale vi annovero anche il Caseificio di Migliore Rosa a Mondragone che fa una ricotta di bufala tra le migliori che ho assaggiato ed il Caseificio Cilento a Cellole.
Senza volere arrivare nelle altre città, per prendere dell’ottima mozzarella di bufala qui a Napoli consiglio:
Caseificio delle rose a Cardito, Caseificio il regno bianco a Quarto ed il mio preferito, il Caseificio Salzano a Soccavo, vicino casa mia 😉