Nella lingua italiana ci sono tantissime espressioni, proverbi e modi di dire che fanno riferimento diretto alla cucina e agli alimenti, a riprova del fortissimo legame che nella nostra cultura c’è con la tavola e con ciò che mangiamo.
Proverbi e modi di dire su cucina e alimenti
Stando a una ricerca realizzata dal centro ricerca Squadrati e commissionata da Coca-Cola, intitolata non casualmente “Italiani che parlano di cibo: un dibattito infinito”, ogni giorno più della metà della popolazione dello Stivale pone il cibo al centro di almeno una delle sue conversazioni.
Secondo Michele Costabile, ordinario di management e marketing nell’Università Luiss Guido Carli di Roma, il cibo è sempre più “un elemento di cui si discute perché incide sul nostro benessere ed è anche fattore di secondo ordine del 90 per cento delle malattie, anche quelle mortali” e “con il crescere della consapevolezza che si ha di se stessi, della durata prospettica della propria vita e dell’importanza di vivere a lungo e in salute, si è compreso che è l’alimentazione la principale determinante del benessere e della longevità”.
È quindi inevitabile che questa predominanza del cibo nelle nostre vite e nei nostri discorsi arrivi a contaminare anche il linguaggio, dando vita a una serie quasi infinita di modi di dire, proverbi ed espressioni legate a stretto filo con l’ambito gastronomico.
Parla come mangi
Iniziamo dalla frase più famosa, ovvero parla come mangi: un invito a esprimersi in maniera semplice e non troppo distante da ciò che si è in realtà, e che sottolinea come l’alimentazione sia una caratteristica fondante del nostro modo di essere.
Ma la panoramica di proverbi e modi di dire sull’alimentazione è ricca di riferimenti al pane, ai dolci, ai singoli ingredienti, e ora proveremo a racchiudere un catalogo di queste occorrenze nella nostra lingua.
Le espressioni negative legate all’alimentazione
Non tutto il cibo è buono e non tutte le ciambelle riescono col buco, ci ricorda un proverbio: difatti, sono molti i modi di dire che prendono come riferimento un alimento o una ricetta per metterne in evidenza un aspetto negativo, correlato a una caratteristica della persona che ci infastidisce.
Essere una pizza è forse la frase più curiosa e dall’origine misteriosa, perché ancora non è chiaro il motivo per cui la pizza venga presa come modello di noia. Secondo alcune interpretazioni, potrebbe esserci un riferimento all’impasto basso e piatto della portata (per questo noioso), o ancora al lungo processo di lievitazione necessario per un buon risultato, ma c’è anche chi pensa alla pizza non intesa in senso alimentare quanto a quella cinematografica, la vecchia custodia delle pellicole (e, nel caso particolare, di film lunghi e monotoni!).
In tema noia e monotonia c’è anche far scendere il latte alle ginocchia (o sentire il latte alle ginocchia), di cui ci sono due possibili spiegazioni attestate. L’espressione potrebbe derivare al mondo contadino – e nello specifico alla mungitura, che si completava solo quando l’allevatore riempiva il secchio che teneva appunto tra le ginocchia, sottoponendosi a un lavoro tedioso e stancante – oppure a una variante etimologica del termine latino, con il significato di viscere o intestini che la noia farebbe cadere fino alle ginocchia.
Non è invece difficile capire perché si dice che l’ospite è come il pesce e dopo tre giorni puzza o che il pesce puzza dalla testa (ovvero che, nelle situazioni critiche, le responsabilità vanno ricercate nelle azioni di chi sta al vertice).
I riferimenti negativi al cibo nella lingua italiana
Sono molti gli ingredienti presenti nei proverbi e modi di dire italiani in termini di paragone negativi per le caratteristiche di una persona. Infatti, possiamo dare del salame a un conoscente un po’ sciocco e goffo, specie nei movimenti, anche se in questo caso l’etimologia rivela che la parola salame non si riferisce all’insaccato, ma al baccalà (che in effetti è un altro modo di esprimere lo stesso concetto).
Oppure, per chi vuole una similitudine più “green” e vegana, possiamo dire che è un broccolo, una testa di rapa, una zucca vuota oppure che ha poco sale in zucca: non pensiamo male degli ortaggi, anche perché non si può cavare sangue da una rapa!
Alcune di queste espressioni derivano dalle tradizioni dell’Antica Roma, dove le zucche, svuotate ed essiccate, diventavano contenitore per il sale, un bene prezioso per conservare gli alimenti il più a lungo possibile (e quindi, avere poco sale era una caratteristica negativa, così come una zucca vuota era solo involucro senza uno scopo utile).
Ancora, possiamo avere il prosciutto sugli occhi quando non riusciamo a vedere qualcosa che è evidente (in senso metaforico o concreto), ma anche le orecchie foderate di prosciutto, quando invece non ascoltiamo (soprattutto volontariamente).
Essere come il prezzemolo – in napoletano, Petrusino ogne menesta – significa comparire in ogni occasione, anche a sproposito, risultando quindi invadente; essere una pentola di fagioli, invece, significa borbottare in continuazione, proprio come fa una pentola di fagioli in cottura.
A volte possiamo essere come il cavolo a merenda, ovvero essere completamente fuori luogo e senza correlazione (si usa spesso per parlare di tematiche non affini, anche se magari a qualcuno i cavoli a merenda possono piacere!), mentre parlare della rava e della fava indica il dedicarsi a tematiche futili (in spregio alla semplicità di alimenti poveri, ma nutrienti come il ravanello e la fava).
Una minestra riscaldata è un tentativo di far passare per nuovo qualcosa di già visto (o di rimettere in sesto una storia amorosa già naufragata in precedenza), mentre fare un minestrone (o un mapazone, come direbbe Barbieri) è una mescolanza senza troppo senso o rigore di cose.
A proposito di espressioni linguistiche legate al cibo che esprimono concetti “negativi”, ricordiamo anche avere le mani di pasta frolla, accusa che possiamo rivolgere a chi fa cascare oggetti dalle mani (e chiaro riferimento alla delicatezza dell’impasto), prendere in castagna o cogliere con le mani nella marmellata, se intercettiamo una persona nel momento stesso in cui sta compiendo un misfatto di qualsiasi entità, avere uno spirito di patata (un senso dell’umorismo non particolarmente brillante) e rompere le uova nel paniere (se facciamo i guastafeste e roviniamo i piani di qualcuno).
La cucina e gli ingredienti usati nel parlare
Le uova ritornano anche in altri due modi di dire molto famosi e diffusi: chi cerca il pelo nell’uovo è tendenzialmente una persona pignola e meticolosa al limite del sopportabile, perché si impegna appunto a trovare difetti invisibili o inesistenti come appunto i peli nelle uova (anche se, secondo un’altra interpretazione, uovo in questo caso sarebbe la testa calva di un uomo).
Più a rischio è chi cammina sulle uova, una metafora molto esplicita da dedicare a chi sta percorrendo una strada complicata, dove ogni passo può essere quello fatale verso una “frittata!”. In quel momento, però, non si può piangere sul latte versato, perché il senno di poi serve davvero a poco, quando il danno è già stato fatto, e rischiamo solo di ritrovarci con una patata bollente tra le mani.
Un ingrediente che è spesso al centro del nostro linguaggio è il pane, uno dei cardini della nostra cucina: pane per i nostri denti significa che possiamo essere all’altezza della situazione che stiamo affrontando (o al contrario, nella variante negativa); chi ha il pane non ha i denti e chi ha i denti non ha il pane è invece una tipica esclamazione per rammaricarsi della differente distribuzione di strumenti e materie prime; rendere pan per focaccia può essere usata per le situazioni in cui si ribatte in maniera opportuna a chi ci sta di fronte (anche in termini di replica a torti subiti), e non di solo pane vive l’uomo rimanda a un passo biblico e accenna alla necessità di andare oltre alle esigenze materiali e alla pagnotta.
Restiamo in tema con una famosissima espressione legata alla farina – non è tutta farina del tuo sacco – che serve a mettere in dubbio la paternità piena di qualcosa fatto da altri. Ha origini toscane il detto se non è zuppa è pan bagnato, che riduce in pratica una serie di azioni o cose allo stesso elemento, come appunto le ricette di zuppa e pane raffermo inumidito che sono tipiche della regione.
Il vino nei proverbi italiani
Proseguiamo con altri due ingredienti molto presenti nelle espressioni idiomatiche dell’italiano, ovvero il vino e l’acqua.
Dire pane al pane e vino al vino significa esprimersi in maniera chiara e senza troppi giri di parole. In vino veritas risale al latino e significa che “nel vino c’è la verità”, in riferimento al fatto che l’alcol può abbassare le difese personali e sciogliere la lingua di chi lo beve, e buon vino fa buon sangue (a volte anche il più specifico vino rosso) rimanda a una vecchia credenza.
È incontentabile chi vuole la botte piena e la moglie ubriaca – un rimando neppure tanto velato al fatto che le donne possano essere attratte dal vino – e saggio chi sa vedere che nella botte piccola c’è il vino buono, un detto che in genere viene associato alle caratteristiche fisiche delle persone, soprattutto di sesso femminile.
E ci sarebbe una donna anche alla base dell’espressione colloquiale acqua in bocca: come riporta anche Wikipedia, l’origine è da ricondurre alla storia di una signora devota ma piuttosto pettegola, che chiese aiuto al confessore per liberarsi dal suo vizio. Dopo vari tentativi, il prete suggerì alla donna di bere dell’acqua ogni qual volta sentisse la necessità di parlar male degli altri, e così il problema fu risolto. Ed è per questo che acqua in bocca significa “non rivelare un segreto” – oltre al fatto, banale solo in apparenza, che quando abbiamo l’acqua in bocca non possiamo parlare – segno che il prete è riuscito a non perdersi in un bicchiere d’acqua, risolvendo una questione tutto sommato semplice senza ingarbugliarsi e andare nel panico.
Modi di dire a tema food
La saggezza popolare attinge ancora tantissimo alla cucina e alla gastronomia, spesso anche a ingredienti all’apparenza semplici e umili.
Il detto andare o cascare a fagiolo significa qualcosa o qualcuno che si trova al posto giusto e al momento giusto, perfetto per la situazione (un po’ come il cacio sui maccheroni): dovrebbe derivare dalla passione dei toscani per questi legumi oppure da un loro utilizzo al di fuori dei fornelli, come mezzo per tenere il conto negli scrutini e nelle adunanze pubbliche. Ai toscani risalirebbe anche l’espressione andare in brodo di giuggiole (essere in grande stato di gioia), che rimanda al liquore ricavato appunto dai frutti del giuggiolo (o dattero cinese), particolarmente dolce ed estasiante – ma c’è anche una interpretazione diversa, attestata anche dal Vocabolario degli Accademici della Crusca (sin dall’edizione del 1612) che vede in giuggiole una storpiatura toscana di “succiola”, la castagna cotta nell’acqua con la sua scorza.
Le castagne ritornano nel parlato quotidiano ancora in un altro detto (il terzo di questa lista): togliere le castagne dal fuoco è un modo per segnalare l’intervento salvifico di una persona, che al momento opportuno risolve un problema, come potrebbe essere il famoso gioco di logica che vede protagonista un contadino che deve trasportare dall’altro lato del fiume un lupo, una capra e dei cavoli – da cui deriva il modo di dire salvare capra e cavoli per chi sa risolvere il rompicapo (e salvaguardare obiettivi apparentemente inconciliabili).
Le tante espressioni idiomatiche con la frutta
Siamo alla frutta solo nella lista degli ingredienti, perché (per fortuna) abbiamo ancora energie e temi da trattare!
La mela è l’alimento centrale di numerosi modi di dire – oltre che essere presente in tantissimi riferimenti culturali, dalla biblica mela del peccato a quella di Newton, passando per il pomo della discordia che fu uno degli episodi che avviò la guerra di Troia. Eppure, la mela non cade mai lontana dall’albero (ovvero, i figli non saranno mai troppo dissimili dai propri genitori) e tutti siamo alla ricerca dell’altra metà della mela, il compagno che ci completerà, permettendo di ricreare il frutto unito.
E tutti, almeno una volta, abbiamo detto o sentito che una mela al giorno toglie il medico di torno, un vero e proprio spot per le proprietà benefiche che questo frutto ha per l’organismo, da non confondere con altri – e quindi, non mescolare mele con le pere.
Attenzione a fare le nozze coi fichi secchi, ovvero cercare di risparmiare anche quando non si potrebbe, con risultati inevitabilmente destinati al flop, e meglio sarebbe cercare la ciliegina sulla torta, l’elemento che rende perfetta un’opera (anche in chiave sarcastica).
Anche gli utensili da cucina diventano modi di dire
Nel nostro parlato quotidiano ci sono poi altri proverbi che hanno attinenza con la cucina, seppur non direttamente con gli alimenti: ovvero, anche gli utensili fanno parte della nostra cultura.
Tra gli esempi citiamo il diavolo fa le pentole ma non i coperchi (anche se ad ogni pentola il suo coperchio, dice un altro vecchio adagio che evidenzia come ognuno abbia l’accompagnamento che si merita); quindi, ciò che bolle in pentola può facilmente venire a galla e portare una persona alla rovina, facendola cadere dalla padella alla brace, ovvero precipitare in una situazione ancora peggiore della precedente. Una possibile punizione potrebbe essere lasciarla cuocere nel suo brodo, ovvero lasciare che paghi le conseguenze delle sue azioni e che comprenda i suoi errori, a meno che non abbia il coltello della parte del manico, con cui sfruttare la sua posizione di vantaggio rispetto agli altri e avere il controllo di ciò che accade.
I proverbi italiani che parlano di cibo e cucina
Chiudiamo questa nostra panoramica nel mondo delle espressioni tipiche dell’italiano legate ai temi della cucina con alcuni dei proverbi più famosi e antichi della nostra cultura, che attingono alla saggezza e all’esperienza popolare (ma non per questo sono infallibili!).
Chi va a letto senza cena tutta la notte si dimena, ad esempio, non vale per chi segue regimi che prevedono lunghi periodi notturni di digiuno. Allo stesso modo, ci possono essere ragionevoli dubbi su Bacco, tabacco e Venere riducono l’uomo in cenere (soprattutto sull’effetto nocivo delle donne, spesso malgiudicate nei modi di dire più antichi).
Sembra più provato invece che gallina vecchia fa buon brodo, perché in effetti preparare la ricetta con un animale di età più avanzata rende il piatto più saporito – e, in termini più metaforici, persone (e donne, ancora una volta!) con qualche anno sulle spalle hanno ancora molto da offrire in termini di insegnamento.
Fortunato è chi trova una gallina dalle uova d’oro, come quella della favola di Esopo, ovvero una persona (ma anche un’attività o una situazione) capace di generare grandi entrate, mentre non ci si può lamentare troppo delle conseguenze di azioni spericolate, sapendo che tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino.