Sicuramente lo conosciamo come elemento fondamentale per “dare corpo” a confetture e marmellate, usandolo nella pratica versione industriale oppure sfruttando alcuni frutti che naturalmente ne contengono una grande quantità: la pectina è una fibra solubile che opera come addensante naturale ed è da secoli usata per rendere più consistenti le confetture fatte in casa, in modo completamente naturale. Negli ultimi tempi, però, sono sorti alcuni dubbi sul su impiego, e quindi è il caso di analizzare se la pectina fa male o meno seguendo il parere degli esperti.
Che cos’è la pectina
Dal punto di vista chimico, la pectina è un carboidrato che fa parte della categoria degli eteropolisaccaridi, formati dall’unione di più monosaccaridi diversi; in natura, questo elemento si trova nella parete cellulare dei tessuti vegetali di alcuni frutti e ortaggi ed è un componente essenziale proprio per legare tali pareti.
La pectina è normalmente presente nella maggior parte dei frutti, in quantità variabili in base al tipo, alla varietà e al grado di maturazione del frutto; ad esempio, è fortemente localizzata nella buccia degli agrumi (in particolare nell’albedo di lime, limone, bergamotto, mandarino e arancia), ma è molto presente anche nelle mele, nella mela cotogna, nell’uva spina, nelle prugne, nelle ciliegie, nelle albicocche e in alcuni ortaggi come carote e barbabietole.
Inoltre, viene usata anche nell’ambito dell’industria alimentare come additivo e addensante per produrre marmellate, gelatine di frutta o gelati, ma anche in cosmetica e in ambito farmaceutico, e viene indicata in etichetta con la denominazione E440.
A cosa serve la pectina
La pectina spiega le sue funzioni nel nome stesso, che deriva dalla parola greca pektos che significa denso e consistente: sin dall’antichità, infatti, si erano scoperte le proprietà di questo prodotto naturale, presente negli spazi intercellulari dei tessuti vegetali di tutte le piante superiori e capace di agire come gelatinizzante, addensante e stabilizzante per la preparazione di confetture, marmellate, gelatine, succhi, yogurt o gelati.
La pectina è stata isolata per la prima volta nel 1825 da Henri Bracconot, ma già da secoli per produrre confettura da frutta con scarso contenuto di pectina si aggiungevano al composto pezzi di mela o estratti di agrumi, frutti che invece sono ricchi in sostanza pectica, una pratica che si è conservata fino ai giorni nostri.
Le proprietà di questo elemento diventano effettive in determinate condizioni, e in particolare a contatto con l’acqua e in presenza di adeguate quantità di acido e zucchero: è in questi casi che la pectina produce un vero e proprio gel che, visto al microscopio, rivela l’aspetto di una rete tridimensionale in grado di trattenere diversi tipi di molecole.
Anche la consistenza di questo gel dipende da alcuni fattori, come la tipologia e la maturazione del frutto: quelli acerbi generano una gelatina più densa, mentre è più liquida in quelli più maturi.
La pectina fa male? La risposta è no
Chiariamo subito la questione: non ci sono controindicazioni particolari all’assunzione di pectina, e quindi possiamo dire che questo elemento non è dannoso per la salute, tanto da poter essere assunto anche da bambini e dalle donne in gravidanza e allattamento.
Ci sono però alcune puntualizzazioni da fare rispetto al suo consumo, perché in alcune situazioni di specifiche intolleranze ci potrebbero essere degli effetti collaterali spiacevoli.
Innanzitutto, diciamo che la quota giornaliera di pectina si dovrebbe aggirare intorno ai 15 grammi, e che già solo mangiando due mele e una porzione di agrumi se ne assimilano quasi 10 grammi.
Se si superano queste dosi – in caso di forte abuso o di particolare sensibilità intestinale – la pectina potrebbe comportare qualche lieve effetto collaterale a carico dell’apparato gastro-intestinale, come ad esempio diarrea, meteorismo, crampi, dolori addominali o nausea.
Inoltre, siccome può regolare l’assorbimento di alcune sostanze, il consumo di pectina potrebbe limitare la funzionalità di alcune medicine, specialmente di complessi liposolubili o che agiscono sull’assorbimento intestinale dei grassi.
Le proprietà benefiche della pectina
Molti di più sono gli effetti positivi per l’organismo della pectina, che è un ingrediente utile per le sue proprietà che agiscono a livello gastro-enterinale e che hanno utili applicazioni anche in campo dietetico. In particolare, si ritiene che questa sostanza possa:
- Favorire la regolarità intestinale
Questa fibra vegetale può aiutare il processo digestivo, riducendo il rischio di incidenza della colite e risolvendo vari disturbi: ad esempio, favorisce l’addensamento delle feci, ma al tempo stesso risolve anche problemi di stitichezza, perché è una sostanza igroscopica (in grado di attirare e legare acqua) e quindi consente l’idratazione delle feci.
- Regolare i livelli di colesterolo
Stando ad alcuni studi, la pectina potrebbe coadiuvare le terapie integrative o farmacologiche per le dislipidemie, perché è una fibra indigeribile che può chelare parte degli acidi biliari senza consentirne il riassorbimento intestinale.
- Svolgere un’azione prebiotica
Le sostanze prebiotiche agevolano la crescita dei batteri “buoni” presenti nel nostro intestino, contrastando la proliferazione di batteri patogeni, a tutto vantaggio della nostra flora batterica intestinale.
- Mantenere la sazietà
Regolando il transito e lo svuotamento intestinale, la pectina contribuisce a rendere più duraturo il senso di sazietà – e quindi può servire a mangiar meno e assumere meno calorie.
- Inibire lo stimolo del rigurgito
Anche se non è ancora stato confermato dalla comunità scientifica, si ritiene che la pectina possa anche svolgere questa azione protettiva.
- Ridurre il rischio di malattie del sistema cardiocircolatorio
Avendo un effetto positivo sulla diminuzione del colesterolo in circolo, la pectina agevola di conseguenza il nostro sistema circolatorio, riducendo i rischi di sviluppare ictus o altre patologie pericolose.
- Contrastare iperglicemia e diabete
Il potere gelificante della pectina blocca anche gli zuccheri, che vengono eliminati senza essere assorbiti: questo significa che si riduce la quota di zuccheri che assumiamo e il complessivo carico glicemico del pasto, un aspetto utile in casi di diabete, insulinoresistenza e dismetabolismi vari.
Pectina e marmellate, consigli e alternative
Concludiamo parlando degli aspetti pratici dell’uso di pectina per preparare le confetture e le marmellate, e in particolare delle modalità di impiego.
In realtà, i dosaggi variano sensibilmente in base al tipo di frutto che utilizziamo per la preparazione e allo zucchero che intendiamo aggiungere. In linea di massima, quindi, possiamo indicare dei rapporti per ottenere risultati positivi:
- 70% frutta e 30% zucchero: dosaggio pectina = 1% (10 g/kg di confettura)
- 50% frutta e 50% zucchero: dosaggio pectina = 0,75% (7,5 g/kg di confettura)
- 30% frutta e 70% zucchero: dosaggio pectina = 0,5% (5 g/kg di confettura).
Ci sono comunque anche soluzioni alternative per fare una buona marmellata senza pectina, seguendo i seguenti “trucchi”:
- Aggiungere il succo di mezzo limone spremuto per ogni kg di zucchero, per acidificare la frutta.
- Cuocere la confettura a fuoco molto lento, mescolando poco il composto.
- Far cuocere la frutta almeno per un’ora e mezza.
- Sostituire la pectina con altri addensanti o gelificanti, quali l’agar agar derivato dalle alghe, la tapioca o la fecola di maranta.