Raki è il nome di (almeno) due diverse bevande, tipiche rispettivamente di Turchia e Creta, che però hanno ingredienti e sistema di produzione molto differenti: andiamo allora a scoprire le informazioni principali su questi distillati tradizionali, sulla loro storia e soprattutto sul gusto e sui modi di gustarli!
Che cosa significa Raki
Iniziamo subito dalle questioni lessicali e quindi dalla definizione di raki: stando agli studiosi, l’etimologia della parola rimanda alla radice araba rak che identifica in generale i distillati e le bevande alcoliche (con varianti quali araka, araki, ariki), ma c’è anche chi vede un legame con il greco antico ραξ o ρωξ, che significava acino d’uva.
Non mancano però altre interpretazioni: ad esempio, secondo una teoria il raki sarebbe originario dell’Iraq e quindi avrebbe preso il nome dal Paese stesso, mentre altri sostengono che la parola derivi dalle uve di tipo razaki, che sono spesso alla base del distillato. Molto affascinante, poi, la tesi che collega il nome della bevanda alla parola araba arak, ovvero sudore, in riferimento sia agli effetti di un consumo eccessivo di rak (che produce appunto sudore per l’alto contenuto di alcol) sia al metodo di distillazione, che prevede un processo goccia a goccia.
Le caratteristiche comuni del Raki
Sempre restando sul discorso generale e prima di arrivare alle due diverse tipologie locali di questa bevanda, possiamo dire che il Raki è sempre un distillato alcolico con gradazione piuttosto elevata, di colore trasparente e sapore molto intenso.
Inoltre, sia in Turchia che a Creta (e nelle altre località in cui si è diffuso), il Raki è una bevanda simbolica, che rappresenta la convivialità e il piacere della tavola.
In particolare, il raki cretese è un tipico drink di benvenuto, si gusta in buona compagnia ed è emblema dell’ospitalità cretese, in quanto sottolinea l’amicizia, la compagnia e la gioia. Allo stesso modo, il raki turco è la bevanda perfetta per curare il cuore e calmare la mente, per celebrare un lieto evento o per lasciarsi alle spalle qualche momento spiacevole.
Che cos’è il Raki Turco
Il raki è la bevanda nazionale della Turchia e secondo alcune stime i turchi sorseggiano circa 60 milioni di litri di raki ogni anno, principalmente durante i pasti (usandolo come noi consumiamo il vino, insomma). Eppure, la sua storia è piuttosto complessa e non ci sono prove documentali di quando o dove sia stato prodotto per la prima volta, e il primo riferimento si trova nelle annotazioni di viaggio dell’esploratore ottomano Evliya Çelebi, che nel 1630 riferiva l’abitudine di alcune piccole città di produrre il proprio raki.
In effetti, almeno fino agli ultimi decenni del 19° secolo, la produzione di questa bevanda era prettamente domestica e non esisteva una produzione industriale di massa, partita solo in epoca più recente anche per vicende legate alla storia del Paese.
Comunque, il raki turco tradizionale è un distillato a base di mais, o patate, oppure uva o prugne, aromatizzato con anice e menta; inizialmente, veniva prodotto con le vinacce, ovvero i residui dell’uva dopo aver fatto il vino, ma a causa della carenza di questa materia prima si iniziò a sperimentare un’aromatizzazione con l’anice, a cui poi si aggiunsero ulteriormente uva passa, fichi secchi e more, anche in combinazione – ad esempio, una delle tipologie ritenute più pregiate è il Raki all’anice con le uvette senza semi di Çeşme.
Il sapore di questo distillato incolore è molto intenso e ricorda, per certi versi, quello di altre bevande mediterranee con anice, in particolare il pastis francese e l’ouzo greco. Il suo contenuto alcolico è però molto più elevato (minimo 40%) e quindi il raki turco è raramente bevuto in modo assoluto, ma preferibilmente si diluisce con acqua, sorseggiandolo in accompagnamento a spuntini o pasti.
Questa diluizione con acqua (o anche con cubetti di ghiaccio) fa assumere al raki un colore bianco latte, che ha portato a chiamare la bevanda anche latte di leone e, per estensione, latte per coraggiosi.
Come detto, il cibo serve in parte a smorzare l’effetto dello spirito forte, e tradizionalmente il raki turco si beve insieme al meze, una selezione di antipasti caldi e freddi, o come bevanda di una cena completa; tra gli abbinamenti più apprezzati ci sono quelli con i frutti di mare, piatti di carne rossa come i kebab o anche verdure e ortaggi.
Che cos’è il Raki cretese
Stesso nome, ma prodotto diverso lo troviamo se viaggiamo nell’isola di Creta, che tra le tante prelibatezze ci offre anche la sua versione di Raki – giunta qui e a Cipro, secondo gli storici, in seguito alla dominazione turca che è durata fino all’Ottocento.
In questo caso, con il nome raki cretese facciamo riferimento a un distillato puro di vinaccia, chiamato anche tsikoudia (dal termine greco per vinaccia), che somiglia alla grappa bianca italiana, e proprio come quest’ultima si consuma puro e al naturale, senza diluirlo con acqua. Per chi non ne apprezza il forte sentore alcolico esiste anche una variante aromatizzata al miele (ed eventualmente altri ingredienti, come la cannella), che si chiama rakomelo e ha un gusto più dolce e delicato.
La distillazione del raki cretese segue un metodo tradizionale e antico: il processo inizia nell’autunno successivo alla vendemmia e sfrutta la distillazione dalle vinacce, che sono come detto il residuo di pressatura delle uve fresche in vinificazione, messe a fermentare in botti per più di un mese e poi bollite nel kazani, uno strumento speciale che distilla infine singole gocce di raki.
Come bere il raki cretese
Il raki è la bevanda ufficiale dei cretesi e, come detto, è l’emblema dell’ospitalità: viene servito dopo ogni pasto e si trova in ogni tipo di locale, dal ristorante più raffinato all’osteria e al bar, diventando sinonimo di gioiosa convivialità.
Servito sia come aperitivo che come digestivo, di solito si accompagna ai mezedes, le golose specialità greche in versione ridotta, ma è piacevole sorseggiare un bicchiere di raki anche insieme a stuzzichini (ad esempio con la versione greca delle freselle, le dakos o paximadi condite con pomodori, cetrioli, olive e formaggio) o anche frutta fresca (come l’anguria) e dolci fatti in casa.