Mulino Bianco in vendita: è davvero così?

È stato per 30 anni il simbolo della “casa nel verde”, il luogo per antonomasia in cui ritrovare la natura e le tradizioni di una volta anche in un contesto contemporaneo: ora il mitico Mulino di Chiusdino, diventato famoso come location degli spot della Mulino Bianco, sta per finire all’asta, con valutazione di poco superiore agli 831mila euro. Ecco tutto ciò che sappiamo e qualche curiosità su questo posto incantato.

Il Mulino di Chiusdino, la storia e le vicende attuali

Fondato nel Duecento dai monaci della vicina Abbazia di Serena, il cosiddetto Mulino delle Pile sorge sul fiume Merse, nella parte delle Colline Metallifere che ricade in provincia di Siena e, per la precisione, nel territorio di Chiusdino; si tratta di un casolare con mulino annesso, completamente rivestito di pietre color ocra e mattone, elementi tipici della campagna toscana.

Non è mai stato un monumento di rilevanza particolare (a quanto pare, non è nemmeno segnalato dai cartelli stradali), a parte la parentesi del “Mulino Bianco”, e a partire dagli anni Duemila è stato trasformato dalla famiglia Belli Burchianti in un agriturismo e ristorante con piscina (chiamato appunto Mulino delle Pile), con parte della struttura che ospita un piccolo museo che racconta il funzionamento del mulino e il lavoro del mugnaio.

Ad ogni modo, grazie alla spinta del noto brand di biscotti e merendine più di 13 milioni di persone hanno visitato questa attrazione, con una presenza giornaliera dalle 50 alle 200 persone curiose di ritrovare l’atmosfera degli storici spot pubblicitari.

Tutto questo però non è stato sufficiente a garantire la sopravvivenza del casolare, che come detto sta per finire in vendita all’asta senza incanto: la data per l’apertura delle buste è il 1 ottobre 2021, il prezzo base per l’intero lotto (che è costituito, come si legge sul sito dei Tribunali di Arezzo e Siena, da fabbricati adibiti ad attività di agriturismo e ristorazione, corredati da ampi resedi dedicati a parcheggio, piscina con solarium e locale spogliatoio, ampio gazebo, locali di servizio e locali accessori per somministrazioni, nonché zone museali nelle quali sono conservati gli strumenti di produzione dell’energia elettrica da parte del mulino principale e macine per la lavorazione dei cereali) è di poco superiore ai 1,1 milioni di euro, mentre l’offerta minima è fissata a 831mila euro.

Il Mulino di Chiusdino è il Mulino Bianco

Nonostante sia effettivamente un romantico cascinale in mattoni, nell’immaginario collettivo questo mulino è di colore bianco, come nel nome di uno dei più importanti brand italiani, che nel 1990 scelse proprio questo casolare per creare la scenografia della sua nuova campagna promozionale, contribuendo a diffondere presso il pubblico il desiderio di scappare dal caos cittadino per trovare la felicità nella natura.

Questo ritorno alla ruralità era il leitmotiv degli spot girati per Barilla da due mostri sacri del cinema italiano e premi Oscar come il regista Giuseppe Tornatore e il maestro Ennio Morricone nell’ambito della campagna ideata da Armando Testa, che ebbe la geniale intuizione di trasformare il marchio in un luogo fisico.

Sulla scia dei primi sussulti ecologisti che iniziavano a farsi sentire in quegli anni, la pubblicità assecondava il desiderio di abitare in una “casa nel verde” che accomunava molti italiani: anziché mostrare un arcaico mondo contadino da rimpiangere con nostalgia, però, gli spot rappresentavano la quotidianità di una famiglia felice dei giorni nostri, che lasciava la città per abitare un “mulino bianco” per davvero (e con intonaco di colore furono ricoperte le pareti del Mulino di Chiusdino, appositamente restaurato su indicazione di un altro premio Oscar, lo scenografo Gianni Quaranta, per renderlo più simile al mulino immaginato dal pubblico), pienamente convinta e consapevole di questa decisione.

Gli spot di Mulino Bianco ambientati a Chiusdino

In particolare, nel primo spot del 1990 si presenta da subito la “famiglia del mulino”, che ricalca la tipica “famiglia all’italiana” – almeno nella percezione collettiva: mamma insegnante, il papà giornalista, i due figli e il nonno, alle prese con la loro quotidianità.

Per le riprese fu utilizzato come detto il Mulino di Chiusdino, anche se per alcune sequenze si preferì impiegare un modello in miniatura lungo 4 metri e alto 2, perfetto in ogni dettaglio. Grazie a questa rilevante campagna e al suo impatto sul pubblico italiano, il Mulino Bianco diventa una forte attrazione turistica: secondo la stampa locale, centinaia di persone ogni giorno andava alla ricerca del mulino delle fiabe, e Barilla decise di ripagare il territorio sponsorizzando la Cignala, squadra di calcio di terza categoria di Chiusdino.

Le pubblicità del ciclo La Famiglia del Mulino proseguirono fino alla metà degli anni Novanta, quando si esaurì anche la voglia di fuga verso la campagna; non a caso, dal 1994 gli spot di Mulino Bianco puntarono fortemente sulle città e sulla possibilità di ritrovare il verde anche nelle metropoli (sintetizzata dallo slogan “Mangia sano, trova la natura”), con le principali piazze italiane che si trasformano proprio in scenari simil-contadini.

Il legame col Mulino di Chiusdino si iniziò a perdere, e anche quando l’azienda italiana è tornata ad ambientare nuovamente gli spot in un casolare – la campagna Un mondo buono, con protagonisti prima Antonio Banderas nei panni del mugnaio (con tanto di gallina Rosita) e poi Nicole Grimaudo e Giorgio Pasotti – ha preferito lavorare con una ricostruzione in studio, seppur ispirata al vecchio Mulino Bianco.

A proposito di vecchio Mulino Bianco, infine, ricordiamo che il logo dell’azienda è stato disegnato a metà anni Settanta da Giò Rossi con la collaborazione di Cesare Trolli e mette insieme tre componenti: le spighe e i fiori esprimono la naturalità, la figura del mulino evoca la tradizione, il nome Mulino Bianco sintetizza i primi due elementi nei concetti di genuinità e salute.

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