Si chiama “no show” ed è una cattiva abitudine dei clienti dei ristoranti che provoca parecchi problemi ai gestori di queste attività: in pratica, è quello che accade quando una persona prenota un tavolo ma poi, senza avviso, non si presenta e danneggia il ristoratore, che resta così con un “buco” che non riesce a coprire. Il tema è da tempo al centro del dibattito ed è tornato di attualità di recente grazie ad alcune iniziative e proposte da parte degli imprenditori: vediamo tutto ciò che serve sapere!
Che cos’è il no show nei ristoranti
La pratica del no show non è nuova, ma sembra essere aumentata dopo la pandemia e la diffusione delle app di prenotazione (e sconti) per i ristoranti; l’espressione deriva dal verbo inglese “to no show”, che significa letteralmente “non presentarsi“, e descrive quindi a pieno il fenomeno.
Una persona sceglie il ristorante, chiama o usa l’app e prenota un tavolo: al momento previsto, però, non si presenta, senza avvertire preventivamente, e lascia quindi inoccupato il tavolo, che solitamente il ristoratore non riesce o non può rivendere ad altri clienti.
Quello che da parte del cliente è quindi un gesto maleducato e irrispettoso (al netto di possibili emergenze e imprevisti) diventa, quindi, un danno e una beffa per i ristoratori: secondo alcune stime, un tasso di mancata presentazione del 10-15% è considerato normale, ma negli ultimi tempi sembra che la media stia salendo oltre il 20%, in particolare per le occasioni e gli orari di punta.
Le cause del no show
Ci sono varie cause per questo comportamento scorretto: escludendo eventuali imprevisti che chiaramente scusano il cliente, nella maggior parte dei casi si tratta di dimenticanze, disdette last-minute, disinteresse, imbarazzo nel telefonare per disdire eccetera.
Allargando il campo, sembra che la tecnologia stia giocando un ruolo nell’incremento del problema, per una serie di fattori legati alla possibilità di usare piattaforme e prenotazioni online e dirette anziché i sistemi tradizionali.
Ad esempio, ora è più semplice prenotare grazie alle modalità in digitale, che peraltro eliminano anche l’elemento “umano”: la mancanza di interazione con il personale del ristorante al momento della telefonata può far trascurare per il cliente la valutazione dell’impatto che la loro mancata presentazione avrà sull’attività.
Inoltre, sono anche in aumento le prenotazioni simultanee in diversi ristoranti: coppie e gruppi prenotano più ristoranti per la stessa fascia oraria e prendono la loro decisione definitiva solo all’ultimo momento, senza contattare gli altri locali o, al massimo, effettuando una cancellazione all’ultimo minuto.
Altro elemento che si nota è che la mancata disdetta interessa soprattutto i ristoranti percepiti come “informali” e non gli ambienti più “formali”: in questo senso, diminuisce inconsapevolmente il valore percepito della prenotazione e del peso che può provocare sul ristoratore il no show.
I problemi per i ristoratori
Di fondo, comunque, possiamo dire che il no show dipende dalla mancata comprensione dell’impatto che la pratica può avere sui conti di un ristorante: in un momento in cui i costi aumentano e i margini si restringono, dover forzatamente (e improvvisamente) rinunciare ai proventi di un tavolo provoca in realtà un danno sensibile.
È facile pensare – da cliente – che si tratti solo di un tavolo che può essere occupato da altri consumatori: nella pratica, però, ci sono alcuni vincoli che spesso impediscono al ristoratore di riutilizzare il posto. Ad esempio, è obbligatorio attendere almeno fino a 20 minuti prima di poter occupare un tavolo prenotato con un altro commensale, e in determinati orari ciò significa non riuscire a coprire il servizio.
Il no show affligge soprattutto locali piccoli, che non si trovano in luoghi di frequente passaggio e che quindi impostano il loro business prettamente (o esclusivamente) sulle prenotazioni – in pratica, ristoranti che non hanno la coda all’esterno e dove anche una disdetta tardiva rappresenta un problema.
È chiaro che questo fenomeno rientra comunque nei fattori di rischio che un ristoratore mette in conto nella sua attività, ma il punto è che negli ultimi anni, soprattutto dopo la pandemia, il no show è sempre meno un episodio isolato e sembra far parte di un modello comportamentale diffuso, che quindi incide notevolmente sui fatturati e sui guadagni del locale.
Le possibili soluzioni
Per far fronte al problema ci sono comunque alcune soluzioni che possono essere applicate, lavorando in particolare sulla dissuasione e sulla prevenzione del fenomeno della mancata presentazione al ristorante.
Una possibile idea potrebbe essere quella di implementare un sistema di reminder della prenotazione con conferma obbligatoria, inviando e-mail di promemoria o sms 24 o 48 ore prima dell’orario del pasto e chiedendo contestualmente agli ospiti di confermare attivamente la loro prenotazione. Per creare il rapporto umano diretto (che, come dicevamo, oggi è molto labile per l’intermediazione digitale) si può anche telefonare personalmente al cliente, approfittando dell’occasione anche per ricontrollare eventuali esigenze dietetiche; ovviamente, questo approccio richiede una mole di lavoro extra, soprattutto per le piccole attività, e quindi può essere limitato solo alle prenotazioni che riguardano eventi e occasioni grandi.
Un altro modo per evitare che il cliente non si presenti effettivamente è quello di prevedere un acconto al momento della prenotazione, soprattutto per quelle in orari di punta o per tavoli numerosi. Questo deposito in anticipo può garantire un flusso di entrate e può effettivamente dissuadere dal no show, ma può avere implicazioni sul rapporto con la clientela (implica, in qualche modo, una scarsa fiducia nel cliente in un settore che è letteralmente basato sul fornire ospitalità).
L’idea che si sta facendo largo più di recente è quella di attuare delle politiche più severe contro chi non si presenta e contro le cancellazioni last minute, con addebito di parte delle spese al cliente: in pratica, invece di prelevare denaro dagli ospiti al momento della prenotazione, alcuni ristoranti impongono l’inserimento di dettagli della carta di credito e addebitano penali per mancata presentazione o cancellazione tardiva, ove applicabile. Le commissioni vengono generalmente addebitate a persona in base alle entrate che il ristoratore si aspetta di perdere, e potrebbero essere applicate anche alle mancate presentazioni parziali, in cui si presentano meno ospiti del previsto per un tavolo.
Anche in questo caso, però, ci sono alcune controindicazioni: la più immediata riguarda i casi di vera emergenza o impossibilità a presentarsi, verso cui il ristoratore dovrebbe avere una certa flessibilità. Inoltre, potrebbe anche essere consigliabile rinunciare a questi addebiti se il tavolo viene fortunatamente occupato nel corso della serata con un’altra prenotazione o l’ingresso di clienti “imprevisti”. E c’è poi l’aspetto dell’immagine pubblica da considerare: in caso di addebito di tariffe significative, alcuni ospiti potrebbero usare social media o piattaforme come TripAdvisor per sfogare le proprie frustrazioni e il proprio disappunto.
Caparra nei ristoranti contro chi prenota e poi non si presenta
Proprio questo anticipo – che a termini di legge si chiama caparra e rappresenta una percentuale del totale che l’esercente può trattenere in caso di insolvenza da parte del cliente, come appunto per la mancata disdetta e la mancata presentazione – è stato in queste settimane al centro di vari resoconti.
Uno dei casi più emblematici è avvenuto a Firenze, dove il cuoco Lorenzo Romano de l’Insolita Trattoria Tre Soldi ha annunciato di aver inserito una caparra di 55 euro a persona come riparo dal no show: nel solo mese di giugno 2022, ha detto lo chef, il fenomeno dei clienti fantasmi ha coinvolto il 34% dei clienti della sua trattoria, provocando nel primo semestre dell’anno un danno di oltre 60mila euro di mancati incassi.
È andata peggio a una coppia di persone in Irlanda, che è stata costretta (causa trasporto del figlio in ospedale) a rinunciare a una cena in un ristorante stellato, disdicendo all’ultimo minuto: nonostante la causa di forza maggiore, il ristorante ha comunque imposto una penale da 250 euro, come raccontato da vari botta e risposta via social tra i protagonisti.
Restando in Italia, la pratica della caparra sembra essere seguita da tanti nomi famosi della ristorazione. In particolare, Cristina Bowerman prevede una penale di 75 euro per i clienti che danno buca al suo Glass Hostaria di Roma, mentre a Villa Crespi Antonino Cannavacciuolo chiede una preautorizzazione di 150 euro sulla carta di credito dell’ospite al momento della prenotazione (quota che viene rilasciata sette giorni dopo la visita). Ancora più severo Norbert Niederkofler al St.Hubertus: se il cliente non si presenta, riceverà comunque un addebito dell’intero importo del menu degustazione sulla carta lasciata a garanzia, e Roscioli a Roma invece prevede una penale di 25 euro a persona in caso di mancata disdetta preventiva.
Come si nota, quindi, la caparra o la copertura di una carta di credito come garanzia è una pratica piuttosto affermata (e accettata) per i ristoranti fine-dining, mentre invece per i piccoli locali e le trattorie ci sono maggiori problemi. Il punto è che il no-show colpisce proprio queste tipologie di attività, tanto che si calcola che la sua incidenza sul settore sia compresa fra il 5% e il 30% sul fatturato.
Possiamo infine far riferimento alle parole di Luciano Sbraga, vicedirettore generale Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi, che ricorda innanzitutto che la decisione sul fatto di impostare e incassare la penale sia soggettiva (la legge italiana non prevede casistiche specifiche per questo fenomeno), ma soprattutto che l’obiettivo comune debba essere quella di occupare proficuamente i tavoli. Il rischio, come detto, è quello che queste policy stringenti sul no show possa avere effetti ancor più dissuasivi, con ulteriore beffa per i ristoratori.