Scontrini folli: la polemica è iniziata quest’estate ma continua ancora

Due euro per la divisione di un toast o per un piattino condivisione, 1,50 euro per l’aggiunta di un cucchiaino per condividere il dolce, 20 euro per il taglio della torta di compleanno: l’estate del 2023 in Italia sarà archiviata come la “stagione degli scontrini folli” o quanto meno bizzarri, con decine di foto caricate come prove sui social dai clienti delusi, sorpresi e arrabbiati per i rincari attuati dai ristoratori del Belpaese. Nell’occhio del ciclone non ci sono soltanto le spese per gli extra imprevisti, comunque, perché ci sono tanti altri esempi di scontrini salati a causa degli aumenti generali dei prezzi e dell’inflazione o, ancora, per prodotti e piatti decisamente esclusivi.

L’ultimo caso: la pasta a Venezia

Andando in ordine temporale, l’ultimo episodio che ha alimentato la polemica sugli scontrini nei ristoranti ci porta a Venezia e ha un protagonista d’eccezione, il sindaco di Taormina Cateno De Luca, che a seguito di questa “battaglia” si è meritato il soprannome di “Scateno”.

In visita a Venezia per una riunione del suo partito meridionalista, Sud chiama Nord, De Luca ha deciso di cenare in un ristorante non lontano da Piazza San Marco, ma la decisione gli è costata (letteralmente) cara: Il conto finale per quattro persone è stato di 300 euro, un importo che il sindaco siciliano ha ritenuto esorbitante ed eccessivo rispetto alle ordinazioni. Come rivelato, infatti, il conto deriva dalla scelta di acqua, una bibita, due calici di vino, una porzione di rombo yakitori alla mugnaia, due porzioni di risi e bisi con gamberetti di Mazara del Vallo, tre dolci e due liquori e soprattutto una porzione di spaghetti al pomodoro. Quest’ultimo piatto, il più semplice, aveva un costo di 30 euro (una cifra in linea con i prezzi più alti della Serenissima) ma ha provocato l’indignazione di De Luca, che ha lamentato le scarse dimensioni della porzione e, soprattutto, il fatto che, a parità di prezzo, al Sud si mangia meglio e soprattutto di più.

La polemica non è passata inosservata al Comune di Venezia e l’assessore al Turismo, Simone Venturini, ha risposto in maniera abbastanza diplomatica, ricordando l’importanza di consultare preventivamente i prezzi sul menu e sottolineando che Venezia è una città preziosa e costosa. Il fumantino De Luca ha però ulteriormente ribattuto, rivelando che gli spaghetti al pomodoro erano un fuori menù e che non gli era stato detto quanto costassero.

Scontrini folli del 2023 in Italia, i casi più particolari

La questione degli scontrini è stata un tormentone dell’estate italiana 2023 e ci sono stati tantissimi casi scoppiati sui social che hanno sollevato interrogativi sulla correttezza e la trasparenza dei prezzi nel settore della ristorazione.

Uno degli episodi più emblematici è avvenuto a Gera Lario, un piccolo paese sul lago di Como, dove un turista ha pagato un totale di 15,70 euro per un toast, una coca cola, un’acqua gasata e un caffè. La sorpresa è stata scoprire che due euro erano stati addebitati solo per tagliare il toast a metà, motivo per cui il cliente, scioccato, ha fotografato lo scontrino e ha condiviso la sua esperienza su TripAdvisor, aprendo la strada a una “tempesta” di commenti negativi verso il ristoratore.

Un altro episodio curioso si è verificato in una pizzeria ad Albenga, in provincia di Savona: qui due clienti hanno chiesto di cuocere bene la pizza, ma questo desiderio è stato addebitato con un sovrapprezzo di 2 euro sullo scontrino.

 

Ad Alba, in Piemonte, un ristorante-pizzeria ha addebitato 1,50 euro per due cucchiaini extra per assaggiare il dolce e la giornalista Selvaggia Lucarelli ha denunciato un caso simile avvenuto in Liguria, dove una mamma ha chiesto un piattino extra per far assaggiare le sue trofie al pesto alla figlia di tre anni, ritrovandosi poi sul conto un sovrapprezzo di due euro per il piattino condivisione.

Infine, un bar in piazza del Popolo a Pesaro ha causato scalpore per aver addebitato 50 centesimi per un cubetto di ghiaccio aggiunto al caffè, che ha portato il prezzo del caffè con ghiaccio a 1,50 euro.

Le spiegazioni (e le giustificazioni) dei ristoratori

Carnefici o vittime? I ristoratori sono inevitabilmente finiti al centro delle polemiche e sui social hanno spesso subito critiche, lamentele e recensioni negative a pioggia a causa di questo “fenomeno” degli scontrini bizzarri.

I protagonisti delle vicende citate si sono in molti casi giustificati, chiarendo la propria posizione e le motivazioni che hanno portato ai sovrapprezzi applicati: di base, i problemi sono la necessità di far rientrare le spese, far fronte ai rincari e far pagare correttamente un servizio aggiuntivo e opzionale.

Il ristoratore genovese Simone Di Maria, inoltre, ha anche rispedito le accuse al mittente, puntando il dito contro le richieste incredibili (e sfrontate) dei consumatori, che spesso eccedono in pretese e in tentativi di risparmio: in particolare, ha raccontato di aver servito un gruppo di otto persone che ha speso 63 euro per tre pizze divise in otto piatti, due acque, due bibite, tre birre e quattro caffè, in una osteria dove oltre tutto il coperto non è incluso.

Anche i gestori degli altri locali incriminati si sono difesi, spiegando che gli addebiti extra si sono resi inevitabili a causa dell’aumento dei prezzi nell’ultimo anno, che li ha costretti a trasferire alcuni costi ai clienti. Inoltre, come dice Ida Germano, proprietaria dell’Osteria del Cavolo a Finale Ligure, le richieste di aggiungere piatti o stoviglie significavano più lavoro da fare e più cose da pulire, quindi rappresentavano un costo da calcolare. Anche se ciò è significato esporsi a una review bombing, la tempesta di recensioni negative su Tripadvisor, Google o pagine social inviate con l’obiettivo specifico di rovinare la reputazione e far crollare l’immagine pubblica del ristorante.

A dare una spiegazione fattuale alla situazione è Raffaele Madeo, presidente di TNI Ristoratori Italia, che ha difeso la categoria portando alla luce i costi crescenti che i ristoratori italiani devono affrontare oggi, citando espressamente l’aumento del 200% del prezzo della farina rispetto al 2022, del 60% del prezzo della mozzarella in un anno e del 30% dell’affitto del locale in dieci anni. Secondo Madeo, i ristoratori assorbono la quasi totalità di questi rincari, per consentire alle persone di continuare a frequentare i ristoranti, rischiando però di fallire. Madeo ha anche sottolineato che i ristoratori italiani, che contribuiscono a rendere noto il nostro Paese in tutto il mondo e ad attrarre turisti da ogni dove, non dovrebbero essere messi alla gogna per aver fatto pagare un sovrapprezzo per un servizio aggiuntivo che è correttamente riportato in menu (e che quindi il cliente può consapevolmente scegliere di non acquistare).

Oltre gli extra: gli scontrini da capogiro dell’estate 2023 in Italia

Insomma, è vero che il cliente ha sempre ragione, ma ciò non significa che i ristoratori non possano avere delle ragioni (pratiche ed economiche) per richiedere il pagamento dei servizi offerti, a maggior ragione se extra.

Ben diverse, poi, sono altre situazioni emerse nelle ultime settimane, che hanno riservato ai turisti e ai residenti una serie di sorprese gastronomiche piuttosto “salate”, con tanti scontrini che hanno raggiunto cifre da capogiro.

A Positano, sulla Costiera Amalfitana, abbiamo probabilmente trovato il gelato più caro d’Italia, servito al bar dello stabilimento balneare Marina Grande: ha un costo di 3,50 euro a pallina e impone un minimo di due gusti, e quindi almeno 7 euro per la degustazione.

Proseguiamo verso sud, in Puglia, zona molto colpita dal fenomeno delle maggiorazioni estive: a Capitolo, una puccia salentina con stracciatella, pomodoro, capocollo di Martina Franca, frittatina alle erbe, rucola e aceto balsamico è arrivata a costare 29 euro, mentre una frisella con alici, primosale, pomodori e origano è stata invece offerta a “soli” 17 euro. Sempre in Puglia, a Vieste, cinque turisti olandesi non hanno battuto ciglio quando al ristorante Capriccio dello chef Leonardo Vescera è arrivato il conto della cena: crudi di pesce, risotti, soufflé, sigari Romeo y Julieta e una bottiglia di grappa Berta per un totale di 13 mila euro.

A Porto Cervo, una coppia di turisti romani ha pagato due caffè e due bottiglie d’acqua 60 euro – i gestori si sono giustificati dicendo che non si tratta di un semplice caffè ma di un’esperienza. A Maranello, una cena con tigelle in un chiosco ha portato a un conto di 845 euro, ovvero 65 euro a testa per tredici adulti e undici bambini, e dopo le proteste dei commensali i titolari hanno ridotto il conto a 585 euro. A Verona, invece, il fumettista Davide Charlie Ceccon ha sborsato 26 euro per un aperitivo per due persone, vale a dire per uno spritz più tramezzino a testa.

Vette altissime si sono raggiunte anche in Toscana: a Forte dei Marmi, una degustazione di catalana, piatto di crostacei freddi accompagnati da verdure e frutta, ha portato a un conto di 1.400 euro, su uno scontrino totale di 2.224 euro. È andata ancora “peggio” a un armatore straniero che, per festeggiare il varo del suo nuovo yacht a Viareggio, ha organizzato una cena extra lusso da 100.000 euro con un menu che prevedeva tra l’altro caviale, aragoste, frutti di mare crudi, Champagne e vini pregiati.

In definitiva, archivieremo l’estate 2023 in Italia come quella degli “scontrini pazzi”, che hanno messo a dura prova i portafogli di turisti e residenti, ma che soprattutto hanno messo in luce le tensioni tra i costi della ristorazione e le aspettative dei clienti. Da un lato, infatti, le persone chiedono prezzi più bassi e trasparenti, dall’altra però i ristoratori devono inevitabilmente affrontare una serie di costi crescenti: la sfida per il futuro sarà quindi trovare un equilibrio tra queste due esigenze, così da garantire la sopravvivenza del settore della ristorazione.

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