Shrinkflation o inflazione nascosta: cosa sta succedendo nei supermercati?

È una pratica tutt’altro che nuova, uno stratagemma che l’industria alimentare utilizza spesso al momento del “bisogno”, quando cioè l’inflazione incalza e i consumatori iniziano a stringere le cinghia: parliamo della shrinkflation, ovvero la (fastidiosa) riduzione del contenuto delle confezioni di prodotti alimentari a parità di prezzo, un metodo furbo per non far notare al cliente la variazione (che sarebbe ben più evidente aumentando il costo).

Che cos’è la shrinkflation e cosa significa

Il fenomeno della shrinkflation, o inflazione nascosta, è la riduzione da parte dell’azienda produttrice della quantità o del peso di uno specifico articolo senza modificarne il prezzo, in modo da raggiungere l’obiettivo di ridurre i propri costi.

L’effetto diretto è un aumento di prezzo indiretto una tantum per i consumatori, che possono accorgersi della variazione del packaging (se ad esempio il produttore cambia sottilmente la forma della confezione, modifica la descrizione, utilizza immagini e colori diversi rispetto alla versione precedente) oppure non far caso alle differenze.

Ad ogni modo, nell’ottica del consumatore shrinkflation significa pagare lo stesso prezzo per una quantità minore di prodotto rispetto al precedente.

Il termine inglese deriva dalla fusione del verbo to shrink (che significa restringere) e inflation (inflazione), e secondo le ricostruzioni è stato usato per la prima volta intorno al 2009 dagli economisti Pippa Malmgren o Brian Domitrovic (la questione è ancora dibattuta e probabilmente non c’è una risposta certa).

supermercato inflazione nascosta

La shrinkflation nel 2022: perché le aziende riducono le quantità

Dal punto di vista aziendale, la shrinkflation è un modo utile per aumentare o mantenere i margini di profitto senza attirare troppa attenzione o polemiche – in genere, infatti, l’incremento diretto del costo del prodotto produce effetti più negativi anche dal punto di vista della percezione del brand.

Questa strategia è spesso adottata dalle aziende, principalmente quelle operanti nel settore alimentare e delle bevande, per aumentare in modo quasi furtivo e furbesco i margini operativi e la redditività o, come nella fase attuale, mantenerli inalterati di fronte all’aumento dei costi di produzione. Per sua natura, infatti, la shrinkflation è considerata un’alternativa all’aumento dei prezzi in linea con l’inflazione, anche se (inevitabilmente) spesso i gruppi di tutela dei consumatori sono critici nei confronti della pratica.

E veniamo quindi alla storia recentissima: in questi mesi, l’inflazione è in aumento in tutto il mondo: i costi sono in crescita a causa degli effetti della pandemia, che aveva già bloccato la regolare catena di approvvigionamento di materie prime e distribuzione, e a ciò si sono aggiunti la carenza di manodopera e l’aumento della domanda; il “colpo finale” è arrivato con l’invasione russa dell’Ucraina, che ha provocato la riduzione della fornitura di cibo ed energia anche in Italia, e con gli incrementi costanti delle tasse.

Così, sempre più aziende stanno utilizzando il sistema dell’inflazione nascosta per mascherare gli aumenti di prezzo, riducendo come spiegato la quota di prodotto contenuto nella confezione.

I casi più famosi e quelli più recenti

La shrinkflation però non nasce oggi, e anzi il suo esempio più famoso risale al 2010, quando Kraft decise di ridurre di 30 grammi il contenuto del classico Toblerone, facendo passare la tavoletta di cioccolato dal peso di 200 a 170 grammi. A proposito di Toblerone, poi, nel 2016 la Mondelez International (che nel frattempo aveva acquisito la produzione) ha nuovamente ridotto le porzioni, allargando fisicamente lo spazio tra i triangoli di cioccolato. I consumatori però si accorsero della mossa, insorsero e, dopo anni di battaglia, riuscirono a convincere Mondelez a tornare sui suoi passi, ristabilendo la forma originaria.

Nel 2017, i consumatori del Regno Unito hanno avuto una brutta sorpresa nell’acquistare snack Malteser, M&Ms e Minstrel, perché la proprietaria Mars Inc. aveva imposto una riduzione di peso del 15%; nel 2020, Unilever ha ridotto le dimensioni delle vaschette gelato Ben & Jerry’s in Europa, passando da 500 ml a 465 ml, pur mantenendo il prezzo consigliato di circa 5 euro, e nel corso dell’anno Procter & Gamble ha ridotto il numero di fogli a doppio velo per rotolo da 264 a 244 fogli nel pacchetto mega da 18 rotoli (in pratica, i consumatori pagano lo stesso prezzo precedente ma acquistano circa un rotolo e mezzo in meno).

scaffale supermercato

La shrinkflation in Italia oggi

L’attenzione dei consumatori è molto elevata oggi anche in Italia, dove si teme che le aziende possano ricorrere a questa pratica commerciale per fronteggiare l’inflazione (anche se, al momento, la strategia utilizzata sembra essere piuttosto quella dell’incremento diretto del prezzo).

A scagliarsi contro la shrinkflation è l’associazione Consumerismo, che la definisce una pratica ingannevole e quindi illegale, con il presidente Luigi Gabriele che parla apertamente di “trucchetto svuotacarrelli che consente enormi guadagni alle aziende produttrici, ma di fatto svuota le tasche dei cittadini, che non hanno la percezione di subire un aggravio di spesa”. In particolare, a parità di spesa i carrelli sono meno pesanti del 30 per cento e la riduzione delle quantità di prodotto nelle confezioni “riguarda non solo il comparto alimentare, come merendine, succhi di frutta, biscotti, ma una moltitudine di beni per la cura della casa e l’igiene personale, dai detersivi ai dentifrici, passando per carta igienica e shampoo”.

Secondo Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, la shrinkflation è un’arma a disposizione delle aziende per fronteggiare il caro energia e l’aumento dei costi delle materie prime del prezzo dei trasporti, che lascia poche possibilità al consumatore. Di sicuro, però, come utenti possiamo appunto fare attenzione e dedicare ancora più accortezza nella lettura delle etichette dove “i produttori sono obbligati per legge a riportare volume e peso sulla confezione”.

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