Aggiornamento del 23 Luglio 2021
L’escalation negativa della diffusione del virus ha, alla fine, convinto il Governo ad adottare misure più stringenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e per consentire l’esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche. Nella sera del 23 luglio, il Consiglio dei Ministri ha approvato un nuovo decreto legge che proroga fino al 31 dicembre 2021 lo stato di emergenza nazionale e regolamenta le modalità di utilizzo del Green Pass anche per accedere a ristoranti e bar.
Green Pass Ristoranti, quando serve in Italia
Nello specifico, dal 6 agosto 2021 sarà obbligatorio essere in possesso (e mostrare) del Green Pass o certificazione verde per l’accesso a servizi per la ristorazione svolti da qualsiasi esercizio per consumo al tavolo al chiuso per tutti gli utenti di età superiore ai 12 anni. Questo include i bar, ma non per il servizio al bancone.
La certificazione verde è però richiesta anche per un’altra serie di servizi, e in particolare per partecipare a spettacoli aperti al pubblico, eventi e competizioni sportivi; entrare in musei, altri istituti e luoghi della cultura e mostre; partecipare a sagre e fiere, convegni e congressi; accedere a piscine, centri natatori, palestre, sport di squadra, centri benessere, anche all’interno di strutture ricettive, limitatamente alle attività al chiuso; accedere a centri termali, parchi tematici e di divertimento; entrare in centri culturali, centri sociali e ricreativi, limitatamente alle attività al chiuso e con esclusione dei centri educativi per l’infanzia, i centri estivi e le relative attività di ristorazione; accedere ad attività di sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casinò; partecipare a concorsi pubblici.
Non bisogna invece esibire nessun documento in bar e ristoranti all’aperto, dove si potrà pranzare o cenare liberamente, nel rispetto delle norme di distanziamento precedenti, né in negozi, farmacie e supermercati o sui treni e sui mezzi di trasporto locale.
Le sanzioni per il mancato rispetto delle norme
I titolari o i gestori dei servizi e delle attività che sono autorizzati ad accogliere clienti previa esibizione del Green pass sono tenuti a verificare la correttezza della procedura. In caso di violazione, il decreto prevede che possa essere elevata una sanzione pecuniaria da 400 a 1000 euro sia a carico dell’esercente sia dell’utente: inoltre, se la violazione si ripete per tre volte in tre giorni diversi, l’esercizio potrebbe essere chiuso da 1 a 10 giorni.
Come ha detto il premier Mario Draghi, “il green pass non è un arbitrio ma una condizione per tenere aperte le attività economiche”, per cui il presidente del Consiglio ha invitato “gli italiani a vaccinarsi e a farlo subito per proteggere loro stessi e le loro famiglie”.
La definizione di Green Pass
Il decreto del Consiglio dei Ministri, infine, chiarisce anche che cosa significa Green Pass in Italia, ovvero possesso di una
- Certificazione verde Covid-19, che comprova l’inoculamento almeno della prima dose vaccinale Sars-CoV-2 o la guarigione dall’infezione da Sars-CoV-2 (validità 6 mesi).
- Effettuazione di un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo al virus Sars-CoV-2 (con validità 48 ore).
Queste notizie aggiornano e completano quanto già scritto nei giorni passati, che comunque contiene informazioni ancora utili e valide.
Ci risiamo: l’indice dei contagi da Coronavirus in Italia ha ripreso a salire (in una settimana, quello medio nazionale è passato da 0.66 a 0.91, ma in molte regioni è sopra 1 e c’è il rischio zona gialla), il numero dei vaccini completi ancora non sfonda (al momento, meno della metà della popolazione over 12 è completamente vaccinato) ed è tornata anche la paura per i luoghi pubblici. Sulla scia degli interventi imposti in Francia da Macron, anche qui da noi si inizia a parlare di green pass ristoranti, ovvero della possibilità di consentire l’accesso a locali quali ristoranti e bar solo ai clienti in possesso di green pass: ecco tutto ciò che c’è da sapere su questa proposta e sulle reazioni che ha scatenato.
Che cosa significa green pass ristoranti
Il green pass, o certificato verde, è una Certificazione in formato digitale e stampabile emessa dalla piattaforma nazionale del Ministero della Salute, con tanto di QR Code come attestazione di autenticità e validità, che viene inviata automaticamente a tutte le persone che hanno completato il percorso vaccinale contro il Covid, ha ottenuto un risultato negativo al test molecolare/antigenico o è guarita da COVID-19.
Alla luce delle notizie di queste settimane – e, soprattutto, della continua evoluzione del virus, che continua a evolversi e presenta al momento almeno con 4 varianti che dominano l’epidemiologia globale, a cominciare dalla famosa variante Delta in costante diffusione – si sta valutando l’opportunità di utilizzare questa certificazione come discriminante per usufruire di alcuni servizi, che sarebbero quindi riservati in via esclusiva a chi possiede il green pass e, di conseguenza, vietati ai non vaccinati.
Dove sarà obbligatorio il green pass
Stando alle più recenti notizie, la certificazione dovrebbe presto diventare obbligatoria per accedere agli stadi sia per eventi sportivi che per concerti, ma anche per partecipare ad altri eventi pubblici e convegni, o ai banchetti che seguono le cerimonie civili o religiose, così come pure per i trasporti (almeno per treni a lunga percorrenza e aereo, mentre per il trasporto pubblico le regole per ora restano le stesse, ovvero capienza limitata e rispetto del distanziamento tra i passeggeri).
Tali misure dovrebbero consentire una ripartenza migliore: ad esempio, in questo modo gli stadi potrebbero addirittura riaprire con una capienza del 100 per cento, ed effetti positivi ci sarebbero anche per gli altri servizi.
L’esempio di Macron: il green pass obbligatorio in Francia
Il tema è entrato nell’agenda politica italiana dopo la decisione del governo francese di adottare un disegno di legge che, a partire dal 21 luglio, rende il Green Pass obbligatorio per avere accesso a luoghi della cultura e del tempo libero, e a partire da agosto anche nei bar, nei ristoranti, nei centri commerciali, sui treni e sugli aerei.
A fare scalpore sono anche le forti misure per evitare comportamenti fuori legge: il responsabile di un evento o di un esercizio, oppure l’operatore di un servizio di trasporto che non controlli il tesserino sanitario dei suoi ospiti o clienti, rischia una sanzione pari a un anno di reclusione o una multa fino a 45 mila euro.
Il primo effetto di questo annuncio è stato “positivo”: in poche ore, quasi 1 milione di francesi ha deciso di prenotarsi per il vaccino.
La situazione negli altri Paesi europei
Quella della Francia di Macron è una mossa rigida che per ora non ha eguali in Europa; negli altri Paesi, infatti, si prosegue con la campagna vaccinale su base volontaria, mentre per l’accesso ai luoghi pubblici o attività di ristorazione si seguono strade diversificate.
In Germania, ad esempio, la cancelliera Angela Merkel ha escluso del tutto la possibilità di introduzione di un obbligo vaccinale, e al momento sta alle singole strutture ricettive decidere se consentire o meno l’accesso a persone non vaccinate (ovvero, chi non possiede i requisiti certificati dal CovPass Check, l’app di certificazione locale).
In Spagna, uno dei Paesi attualmente più colpiti dalla variante Delta, sono invece state reintrodotte le restrizioni per cercare di limitare i contagi; in particolare, in Catalogna c’è l’obbligo di esibire un certificato vaccinale per accedere a qualunque evento all’aperto con più di 500 persone.
Nei Paesi Bassi e Ungheria c’è maggiore “libertà”: per accedere ai ristoranti, gli olandesi devono compilare una semplice autocertificazione, mentre gli ungheresi non hanno particolari limiti.
Di segno opposto, e più vicini a quelli francesi, gli interventi in Grecia, Portogallo, Cipro e Danimarca.
Il Paese scandinavo è stato tra i primi a introdurre una sorta di “via preferenziale alla vita sociale” per i vaccinati, che già dalla primavera hanno accesso esclusivo (grazie all’app Coronapas che funziona come la certificazione europea, segnalando l’avvenuta vaccinazione o l’esito negativo del tampone), e a Cipro c’è la app SafePass che svolge la stessa funzione.
Seguono l’esempio francese anche la Grecia – che, come ha detto il premier Kyriakos Mitsotakis, “non chiuderà più il Paese per il beneficio di pochi” (i non vaccinati) – e il Portogallo, che richiedono la certificazione verde come lasciapassare per l’accesso ai locali e ai ristoranti.
Green pass ristoranti in Italia, cosa succede
In Italia siamo nel pieno di un dibattito (politico, ma non solo) sulla questione, e l’introduzione del green pass obbligatorio per i ristoranti è al momento una delle ipotesi al vaglio per cercare una soluzione al rialzo dei contagi e, al tempo stesso, tutelare il lavoro di queste attività.
La politica è divisa sul tema, perché una parte del Parlamento sarebbe propensa a estendere le restrizioni all’accesso anche a bar e ristoranti, mentre altri (anche all’interno della maggioranza) spingono invece per evitare il green pass almeno in questi luoghi di socialità.
Difficile immaginare un punto di incontro (e in atto è anche il confronto sui locali al chiuso) e probabilmente la questione su bar e ristoranti sarà rimandata di qualche settimana, alla luce dei nuovi dati sulla curva dei contagi.
Ad ogni modo, l’obiettivo della misura è garantire alle attività di ricezione di continuare a lavorare, e infatti una buona percentuale degli stessi gestori sarebbe anche favorevole all’obbligo della certificazione, se ciò significa evitare l’innalzamento dei contagi e, sul versante finanziario, non rischiare nuove chiusure che sarebbero letali.
Ci sono però dei punti critici: l’utilizzo del Green pass sul modello francese per l’accesso a bar, ristoranti e altre attività investirebbe il titolare del locale a una responsabilità molto alta, perché dovrebbe assicurarsi del rispetto delle regole e verificare personalmente (o delegare a una figura ad hoc) ciascun cliente all’ingresso, senza trascurare questioni legate al rispetto della privacy et similia.
La posizione degli chef stellati sul green pass
Nelle ultime ore sono molte le voci del settore della ristorazione e dell’accoglienza che hanno espresso il proprio parere, raccolti da Adnkronos.
Tra i critici dell’operazione c’è innanzitutto la Fipe – Federazione italiana pubblici esercizi – che è contraria al green pass in un settore che stato già ampiamente penalizzato dalla pandemia, sia in termini di perdita di fatturati che in termini di posti di lavoro. Introdurre una nuova limitazione, secondo Roberto Calugi, Direttore generale della Fipe, significherebbe “compromettere la ripartenza e allontanare le migliaia di professionisti che stavano tornando pian piano ad avere fiducia e a mettere le loro competenze a disposizione dei locali”, soprattutto se la misura non fosse adottata anche per altre attività “dal teatro, alla palestra, al supermercato, a ogni altro luogo”.
Fortemente polemico, come da caratteristiche del personaggio, è lo chef Gianfranco Vissani, che con il figlio Luca definisce una follia “il green pass per accedere al ristorante”, pur dicendosi pronto ad accettarlo se “dovesse essere l’unico modo per evitare le chiusure dei locali”.
Un sì pieno arriva invece da Cristina Bowerman, chef stellata con il Glass Hostaria di Roma, che ammette di essere “molto favorevole al green pass” perché “devo tutelare i clienti e i dipendenti: i miei clienti vogliono sentirsi protetti e anche io, perché una persona non vaccinata può contagiare una persona immunodeficiente”.
Concorda Davide Oldani, che parla proprio della necessità di tutelare le persone: lo chef bistellato del D’O di Cornaredo spiega che “il vaccino, ad oggi, numeri alla mano, ha aiutato tutti noi, per cui il green pass può a dare un’ulteriore spinta a far vaccinare le persone che non lo hanno ancora fatto”.