È uno dei temi caldi di queste settimane, da quando il Governo ha in qualche modo ventilato l’ipotesi di introdurre una forma di sugar tax per cercare di raggiungere obiettivi sia di tipo finanziarie che salutistici. Ma di cosa si tratta e in che modo funzionerebbe questa imposta?
La sugar tax in Italia
Per farla semplice, l’idea è di introdurre una tassa specifica che vada a colpire il consumo di bevande ad alto contenuto di zuccheri aggiunti; com’è stato sintetizzato dalla stampa, si tratterebbe di un’imposta su Coca Cola e altre bevande gassate e zuccherate, che sarebbero gravate di un sovrapprezzo a carico del cittadino. Un’iniziativa di tipo educativo, ma che produrrebbe anche un introito per le casse statali, con la possibilità di raccogliere un gettito maggiore dalla vendita di questi prodotti. Oltre al semplice costo aggiuntivo per il consumatore finale, poi, dovrebbero essere promosse altre azioni, come incentivare le industrie a riformulare le loro ricette, vietare la pubblicità di cibi e bibite dall’apporto nutrizionale squilibrato, in special modo se destinati ai bambini; introdurre “etichette a semaforo” per fornire ai consumatori le informazioni necessarie sui prodotti che acquistano; promuovere corsi di educazione alimentare nelle scuole.
Lotta all’abuso di zuccheri
La questione è diventata più concreta e attuale dopo che in commissione finanze alla Camera è stata presentata e approvata come emendamento al ddl bilancio una proposta che introduce appunto una tassazione sugli zuccheri in eccesso. La sugar tax italiana dovrebbe avere un costo di mezzo centesimo per ogni grammo di zucchero, da scontare sul costo finale del prodotto: per fare un esempio di massima, l’impatto su una lattina di Coca Cola potrebbe essere almeno di 17 centesimi. Questo dato si ottiene moltiplicando l’aliquota della tassa per gli zuccheri contenuti nella bevanda (dal sito ufficiale di Coca Cola si parla di 10,6 grammi), ma potrebbe anche essere adottata una tassazione più alta che prende in considerazione altre variabili.
Dalla tassazione nuovo gettito per 250 milioni di euro
Insomma, se pensiamo a tutte le bevande commercializzate e vendute ogni giorno ci rendiamo conto che si tratta anche di un “business” di circa 250 milioni di euro l’anno che vanno a finire nelle casse statali. Difatti, nella proposta si prospetta un impiego ben preciso per le nuove risorse, che servirebbero a reperire i fondi necessari al promesso taglio dell’Irap e, come detto successivamente dal ministro dell’Istruzione, anche a coprire “le richieste dell’università italiana”, mentre invece poco si legge circa le iniziative legate all’educazione alimentare, per cercare di invertire davvero la rotta. E dunque si aprono anche discussioni sia sull’utilità pratica di questa idea che sulle sue finalità.
Il problema resta l’obesità: l’Italia tra i Paesi più colpiti
Bisogna fare un passo indietro e cercare di lasciare da parte le considerazioni politiche o utilitaristiche per concentrarci su quello che è un problema di fondo molto grave: l’obesità che colpisce gran parte della popolazione italiana (il 45 per cento degli adulti risulta in eccesso di peso), ma anche e soprattutto bambini. Guardando ai numeri rivelati dall’Oms il quadro sembra a dir poco allarmante: l’Italia è al terzo posto al Mondo per maggiore percentuale di bambini obesi o in sovrappeso, con un tasso di obesità infantile è del 21 per cento per i maschi e del 14 per cento per le femmine, e percentuali maggiori includendo anche i bambini e le bambine sovrappeso, perché si arriva rispettivamente al 42 e al 38 per cento dei nostri piccoli. È da anni che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità si batte per promuovere stili di vita differenti e cambiamenti sostanziali, arrivando a definire l’obesità una “epidemia globale”, e da qualche mese anche Il Fatto Alimentare ha avviato una campagna di sensibilizzazione sul tema, puntando proprio sulla introduzione di una “sugar tax” a scopo preventivo.
Il consumo di zucchero e di bevande zuccherate in Italia
Di sicuro, uno dei problemi principali che verifichiamo anche in Italia è l’eccessivo utilizzo di zuccheri (nonostante la possibilità di contare su alternative più sane): secondo l’Osservatorio epidemiologico cardiovascolare dell’Istituto superiore di sanità, gli italiani assumono circa 100 grammi al giorno di zuccheri semplici, pari al 20,7 per cento delle calorie, una quota che è più che doppia rispetto alle raccomandazioni dell’Oms, che invita a non superare il 10 per cento delle calorie quotidiane. Non meno preoccupanti sono i dati sul consumo di bevande zuccherate: gli italiani bevono di circa 50 litri all’anno a testa, e secondo alcune stime l’assunzione calorica derivante ammonta a 49 kcal al giorno a persona, pari a circa 12 grammi di zucchero in più.
Il contrasto parte dall’educazione alimentare
La questione non riguarda ovviamente l’aspetto estetico dei “chili di troppo”, ma tutta una serie di fattori correlati e rischia di dar vita a un’emergenza anche per il servizio sanitario nazionale, che deve gestire le problematiche che derivano dalle patologie legate all’obesità, a iniziare da diabete e malattie cardiovascolari, e che comportano una spesa stimata tra i 6,5 e 16 miliardi di euro l’anno per le casse statali. Come spiegato dallo stesso Fatto Alimentare, “l’idea della tassa nasce con due scopi: limitare il consumo di bevande zuccherate come consigliano i nutrizionisti e trovare risorse per progetti di educazione alimentare per arginare l’epidemia di obesità che interessa bambini e ragazzi. Le due cose sono inscindibili”.
I contrari alla sugar tax e l’idea di una tassa sullo zucchero non italiano
La petizione del noto quotidiano online è stata sottoscritta già da 9 società scientifiche e 300 medici, nutrizionisti e dietisti, ma non ha trovato solo pareri favorevoli; subito contrarie si sono dette infatti le principali associazioni di categoria, e in particolare Coldiretti, Federalimentare e Confagricoltura, che ritengono la sugar tax “un provvedimento diseducativo e negativo per le possibili conseguenze sul mercato italiano”. Anche il Ministero delle Politiche Agricole guarda con relativo apprezzamento alla proposta, anche se in queste ore il titolare del dicastero, Gian Marco Centinaio, ha rilanciato con un’idea di stampo nazionalista, ovvero escludere dalla tassazione i prodotti che usano “zucchero italiano“, per tutelare i produttori italiani.
Gli esempi di sugar tax nel mondo
Il vero rischio cui andiamo incontro, però, è che la sugar tax venga effettivamente approvata ma solo per le finalità “sbagliate”, senza affiancare all’iniziativa un’adeguata campagna di educazione alimentare e di attivazione di strumenti per favorire una dieta sana. In definitiva, senza riuscire a raggiungere gli obiettivi di contrasto a obesità e stili di vita scorretti. Vale la pena ricordare che la sugar tax è presente già in circa 50 Paesi del mondo, come Francia, Filippine, Messico, Norvegia, Ungheria, Irlanda e Regno Unito, oltre che in svariate città degli Stati Uniti. L’esempio più forte è quello della Gran Bretagna, dove è presente dal 2016 la tassazione aggiuntiva sugli zuccheri: la conseguenza diretta è stata la decisione da parte di molte aziende di modificare le ricette e ridurre o sostituire lo zucchero presente nei propri prodotti.