L’arte casearia affonda le radici nell’antichità e i formaggi rappresentano praticamente da sempre un ingrediente essenziale per il sostentamento umano; inoltre, fattore da non trascurare, sono buoni e nutrienti (anche se in alcuni casi è meglio non esagerare nel consumo). C’è però un aspetto che può creare dubbi e perplessità: si può mangiare la crosta del formaggio? La risposta semplice è “dipende”, perché a seconda della tipologia di prodotto ci possiamo trovare di fronte a una crosta non edibile o a un alimento consentito, e quindi è importante avere più informazioni per superare l’ostacolo.
Crosta non edibile significato
Risolviamo innanzitutto una semplice questione grammaticale: edibile in italiano vuol dire commestibile, e quindi crosta non edibile significa che il prodotto non si può mangiare in sicurezza e va pertanto rimosso prima del consumo diretto del formaggio.
Con crosta, chiaramente, facciamo riferimento alla parte più esterna del formaggio, quella che va a contatto con agenti esterni come superfici, confezioni, coltelli e mani di operatori e consumatori e, quindi, è potenzialmente esposta a fattori da tenere in considerazione, che determinano poi la commestibilità del prodotto.
Come accennato, tale questione dipende dalle caratteristiche del formaggio e dalla tipologia di processo produttivo utilizzato, che porta alla creazione di croste edibili e di croste non edibili: in alcuni casi, questa parte è infatti perfettamente commestibile e completa il gusto del prodotto, mentre in altri casi va rimossa perché contiene muffe potenzialmente fastidiose o è semplicemente in cera o altri materiali che non si mangiano.
È il caso, ad esempio, di formaggi come Gouda, Edamer, alcune caciotte e pecorini semistagionati, che presentano un rivestimento esterno fatto in cera, mentre alcune varietà di Cheddar, pecorini, tome o specialità locali impiegano materiali quali tessuto o sono affinati in paglia o argilla.
Quali croste si possono mangiare?
In linea di massima, secondo gli esperti possiamo mangiare la maggior parte delle croste dei formaggi, o per meglio dire sono commestibili: alcuni prodotti come la Fontina o il Caciocavallo Silano, ad esempio, hanno una consistenza e un sapore che rende il rivestimento poco gradevole al palato e quindi si preferisce “sbucciarli” prima del consumo.
Anche due croste celebri come quelle di Grana Padano e Parmigiano Reggiano non sono mangiabili direttamente a causa della loro consistenza dura, ma sono spesso consumate cotte e diventano un gustoso ingrediente di zuppe, minestre o primi piatti, come nella napoletana pasta e patate.
Le croste non edibili: quali non si possono mangiare
Ben più importante, ovviamente, è riconoscere quali sono le croste non edibili, quelle cioè che non è consigliato mangiare. Come detto, in alcuni casi è facile comprendere che la parte esterna vada rimossa perché è evidentemente composta di materiali non commestibili, ma per alcuni formaggi, soprattutto quelli a pasta molle o fresca, la scelta può essere più complicata.
Il consiglio generale è di far riferimento all’etichetta del prodotto, che deve obbligatoriamente riportare informazioni circa l’eventuale trattamento subito dalla crosta in fase di lavorazione del formaggio. In particolare, dobbiamo ricercare la presenza di E235 (natamicina), un conservante con funzione antifungina che serve per il trattamento superficiale di formaggi a pasta dura e semidura, come alcuni pecorini, formaggi di capra freschi o anche formaggi DOP quali l’Asiago, il Montasio e il Piave.
Ancora più delicata è la gestione di alcune croste edibili a norma di legge, ma igienicamente discutibili, come i formaggi a crosta fiorita, i formaggi a crosta lavata e i formaggi erborinati, dove si utilizzano muffe selezionate per consentire lo sviluppo corretto del prodotto oppure le forme sono lavate e spazzolate varie volte. In particolare, nei formaggi a crosta fiorita, come i francesi Brie e Camembert, la parte esterna si forma grazie all’innesto di specifiche muffe procasearie che permettono la formazione caratteristica dell’alimento, mentre in formaggi a crosta lavata come il Taleggio la superficie esterna è appunto lavata per eliminare le muffe anticasearie necessarie nella prima parte della produzione.
Un ulteriore caso a parte è quello di formaggi erborinati come il Gorgonzola, il Roquefort e lo Stilton, che nel corso della produzione possono essere sottoposti a vari tipi di manipolazione e spostamenti che espongono la crosta a contaminazione di microrganismi indesiderati e, in particolare, della temuta Listeria monocytogenes, agente della listeriosi che si può manifestare in diverse forme cliniche, provocando ad esempio una grave gastroenterite, una setticemia (comune nei soggetti oltre i 65 anni) o danni alla gravidanza (forma materno-fetale, che addirittura può provocare l’interruzione di gravidanza o la comparsa di meningite nel feto).
Proprio per questo motivo la crosta del Gorgonzola non è edibile, così come obbligatoriamente riportato in etichetta e previsto dal disciplinare di produzione di questo formaggio tipico italiano.
Le tipologie di croste dei formaggi
Per chiarire meglio la questione relativa alla crosta non edibile o, al contrario, di scorza commestibile può tornare utile uno specchietto riassuntivo che elenca le principali tipologie di formaggio suddivise appunto in base alla caratteristica principale della loro parte esterna.
Tra le croste commestibili dei formaggi ci sono:
- Croste naturali, come quelle di Parmigiano Reggiano o Grana Padano Dop, che sono perfettamente commestibili, preferibilmente in cottura e precedentemente pulite per motivi squisitamente igienici.
- Crosta fiorita o croste brinate (dalla presenza di un sottile strato bianco che ricorda l’effetto della brina), presenti in formaggi come il brie o il camembert, prodotte da una rigorosa lavorazione che prevede l’impiego di muffe speciali.
Rientrano tra le croste non edibili:
- Crosta artificiale, tutte le tipologie di rivestimento che sono a base di cere sintetiche e paraffine e, pertanto, vanno rimosse e gettate via, come avviene tra l’altro in alcune varietà di fontina, Gouda o Emmentaler.
- Croste lavate, che sono batteriologicamente “vive” e che quindi è preferibile non consumare, tra cui quelle di Taleggio o altri tipi di fontina.