È uno dei prodotti più in voga negli ultimi anni, protagonista (principale o secondario) di centinaia di piatti e ricette e utilizzato in primi, secondi, contorni, pizze gourmet e dolci, ovviamente (a volte anche a sproposito, bisogna ammetterlo): oggi facciamo un focus sul pistacchio di Bronte, l’oro verde che è un vanto della Sicilia, per scoprirne le caratteristiche e imparare a riconoscerlo a colpo d’occhio.
Che cos’è il Pistacchio di Bronte
Il pistacchio verde di Bronte o, come si dice in dialetto siciliano la frastuca, è una varietà di pistacchio, albero da frutto originario del Medio Oriente noto e apprezzato sin dall’antichità; per la precisione, appartiene alla tipologia Pistacia vera cultivar Napoletana, innestata su Pistacia terebinthus, che ha trovato nel fertile terreno vulcanico della provincia di Catania un ambiente ideale per la riproduzione.
L’albero del pistacchio è infatti parecchio resistente alla siccità, e in Sicilia ha trovato “casa” a un’altitudine variabile dai 300 ai 900 m, riuscendo ad adattarsi a terreni rocciosi e calcarei e anche alle lave vulcaniche, e rivelando inoltre buona capacità di sopportare il freddo (anche se teme le gelate primaverili).
Questa coltivazione è riconosciuta a marchio di Denominazione di origine protetta DOP dal 2009 e rientra anche nei Presidi Slow Food, ed è diventata la principale risorsa economica del vasto territorio di Bronte (oltre che di alcuni comuni limitrofi), tanto da meritarsi l’appellativo di oro verde.
Com’è fatto il Pistacchio di Bronte DOP?
Per capire com’è fatto il vero pistacchio di Bronte ci possiamo rifare alla descrizione presente nel disciplinare della DOP: innanzitutto, le piante possono essere coltivate solo nel territorio di Bronte, Adrano e Biancavilla.
Il frutto delle piante della specie Pistacia vera può essere commercializzato in guscio, sgusciato o pelato (oltre che trasformato in crema), e deve rispondere ad alcuni requisiti ben precisi: in particolare, deve avere colore verde intenso e sapore aromatico forte.
C’è poi una curiosità che riguarda la tecnica di coltivazione: quella più utilizzata in Sicilia prevede di piantare una pianta maschio per 8 piante femmine; inoltre, il maschio deve essere localizzato in sopra vento e le femmine in sotto vento, per favorire l’azione del vento che può trasportare il polline dei fiori dai maschi fino al pistillo delle femmine.
I veri numeri del pistacchio di Bronte
Come dicevamo, oggi sembra che tutto sia realizzato con pistacchio di Bronte, ma è davvero così?
Prima di capire come riconoscere il vero pistacchio DOP, cerchiamo di inquadrare meglio il fenomeno analizzando le statistiche relative alla coltivazione di queste piante.
Stando ai dati più recenti sul tema, sul territorio della cittadina etnea si contano circa 5000 produttori, spesso anche con appezzamenti di dimensioni limitate a 1 ettaro circa; dopo la raccolta, il pistacchio viene in genere smallato e asciugato ad opera del produttore stesso, che poi vende il prodotto in guscio alle aziende esportatrici. I numeri dicono che circa il 60% dei pistacchi di Bronte sono destinati all’export fuori confine nazionale, mentre la rimanente parte resta in Italia e trova impiego anche in molte aziende locali, che trasforma i saporiti frutti in prodotti come crema, pesto o torrone.
Tutti insieme, i territori di Bronte, Adrano e Biancavilla (espressamente citati dal disciplinare) ospitano oltre 3500 ettari di terreno e garantiscono il 90% dell’intera produzione siciliana (3500 tonnellate nel 2012), arrivando a rappresentare lo 0,25% della quantità prodotta nel mondo (dove dominano Iran, Stati Uniti e Turchia). Complessivamente, i pistacchi di Bronte generano una ricchezza di circa 35/40 milioni di euro all’anno, pienamente all’altezza del soprannome di “oro verde”.
Quanto costa il pistacchio di Bronte?
Ma c’è anche un altro motivo che avvicina il frutto di questa pianta al noto metallo, ovvero il costo: il pistacchio di Bronte DOP è prodotto d’élite e può costare anche 100 euro al chilogrammo, partendo da una valutazione di 40 euro.
A determinare questi prezzi medi così alti sono alcuni tratti peculiari della coltivazione e della raccolta dei frutti: gli alberi di pistacchio crescono a cadenza biennale e, quindi, necessita di grandi coltivazioni per alternare un livello di produzione soddisfacente. Inoltre, anche le modalità di fioritura e raccolta sono ostiche e, in qualche modo, spiegano e giustificano il prezzo del prodotto.
Il pistacchio di Bronte in cucina
Fino a un decennio fa, il pistacchio era noto e apprezzato per lo più come snack, o al massimo come ingrediente di uno dei più classici gusti di gelato – che, tra l’altro, ha un colore verde brillante che spesso è artificiale, provenendo da un colorante alimentare aggiunto alla crema al pistacchio per renderla più invitante o per mascherare la scarsa quantità di pistacchio utilizzato. Anche il suo prezzo era più accessibile, perché costava quanto il frumento.
Negli ultimi tempi, però, c’è stata una incredibile riscoperta di questo ingrediente, che è passato da presenziare in pochi dolci a diventare protagonista di tantissime preparazioni, come il pesto al pistacchio, creme e sughi saporiti, oppure “semplici” biscotti e torte e via così.
Ciò ha prodotto non solo un innalzamento della domanda e di conseguenza del prezzo, ma anche un “abuso” dell’espressione pistacchio di Bronte: in pratica, oggi tutti i piatti sembrano usare questo alimento, non solo nella ristorazione gourmet ma anche nei prodotti della grande distribuzione.
Come riconoscere il pistacchio di Bronte DOP: le 4 caratteristiche
Insomma, affiora il dubbio che il contenuto di alcuni di questi piatti non preveda il “vero” Pistacchio di Bronte DOP; tuttavia, ci sono 4 fattori che ci possono far riconoscere e distinguere un prodotto originale dagli altri a colpo d’occhio.
-
Forma
Il primo elemento distintivo del pistacchio di Bronte DOP è la forma, che deve essere allungata (tendenzialmente, è lungo il doppio di quanto largo). Questo vale ovviamente per l’acquisto di pistacchi sgusciati: se sono tondeggianti, con grandissima probabilità non sono di Bronte e neppure italiani, probabilmente. Se compriamo i pistacchi col guscio, le estremità del frutto sono solitamente poco pronunciate e rivolte all’insù, con forma concava che protegge il frutto.
Tuttavia, anche altri pistacchi (come quello greco) hanno un aspetto simile, quindi bisogna valutare anche altre caratteristiche.
-
Colore
Occhio alla tinta: la pellicina della buccia del vero pistacchio di Bronte ha un colore che tende al violaceo, o meglio, con riflessi verde chiaro. Se dividiamo in due il frutto, all’interno comparirà il tipico colore verde smeraldo (determinato dall’elevata concentrazione di clorofilla), che può essere acceso o tenue senza mai però variare su sfumature gialle.
Anzi: più giallo c’è dentro al pistacchio, minori sono le possibilità che provenga da Bronte.
Questo vale anche per la granella: ci possono essere parti di colore viola, ma a predominare deve essere il verde e il giallo invece totalmente assente.
-
Gusto
Importante è anche la prova d’assaggio: il pistacchio di Bronte ha un gusto che tende al dolce, sia al palato che nelle vie retronasali.
Questo spiega perché non si trova in commercio il pistacchio di Bronte dop salato: la componente aromatica, spiccata e persistente, non necessita di salatura.
-
Etichetta
Il quarto e ultimo elemento da valutare è l’etichetta, facendo però attenzione alle indicazioni riportate: laddove presente, il Pistacchio verde di Bronte DOP è riportato fedelmente.
Al contrario, prodotti che recitano “Pistacchio di Bronte” (senza indicazione del marchio) o il generico “Pistacchio di Sicilia” non danno sicurezza sulla provenienza; ad esempio, nel secondo caso potrebbero essere presenti pistacchi di Agrigento o Raffadali, altre località siciliane, che sono sempre buoni ma di minor pregio.