Dolci con nomi strani in Italia e nel mondo. Ecco quali sono

Il mondo della cucina è pieno di prodotti bizzarri: ci sono cibi assurdi per composizione degli ingredienti (anche se, come già sottolineato, molto dipende dalla cultura e dalla prospettiva con cui guardiamo queste specialità), preparazioni dalle forme particolari (pensiamo anche al caso delle creazioni hot di Mr. Dick a Milano) e tante altre curiosità che contribuiscono spesso anche alla fama di questi alimenti. E poi c’è tutto un mondo di dolci con nomi strani, che mettono insieme storia, tradizione e gusto.

Dolci con nomi strani, quali sono le origini

Riferimenti a parti del corpo (solitamente di carattere “intimo”, per così dire), ricordo delle origini (storiche o geografiche) o anche semplicemente un chiarimento delle caratteristiche stesse dell’alimento: dietro ai nomi più strani del dolci di tutto il mondo in genere c’è questo, e anche di più.

Molto spesso si tratta di prodotti storici, la cui tradizione si ripete e rinnova in onore di chi ha avuto l’intuizione di proporre per primo la ricetta, o il merito di averla resa famosa.

Dolci con nomi strani italiani

Il nostro tour dei dolci con nomi strani parte dalle specialità diffuse nella pasticceria italiana, che è piuttosto ricca di esempi di prodotti “battezzati” in maniera curiosa.

L’esempio più famoso è probabilmente quello delle minne di vergini, citate anche nel romanzo Il Gattopardo: sono una specialità siciliana – per la precisione di Sambuca di Sicilia – e il loro nome significa letteralmente seni delle vergini. Non dobbiamo però pensare a un intento erotico, perché la creatrice della ricetta – suor Virginia Casale di Rocca Menna, nel 1725 – volle omaggiare con questa denominazione l’aspetto candido e aggraziato del dolce.

Tette-delle-monache

Un concetto simile è ripreso in altri dolci tipici italiani, come le sise delle monache abruzzesi; in questo caso, però, la forma non ricorda il seno femminile (ci sono infatti tre protuberanze) ma, secondo la leggenda, l’antica abitudine delle suore del monastero delle Clarisse di Guardiagrele, che ponevano un oggetto al centro del petto per rendere meno evidenti i loro seni.

Restiamo in Abruzzo per un altra nota e prelibata ricetta locale, quella dei bocconotti – diffusi anche in Puglia con il nome bocconetti: in entrambi i casi, il nome curioso deriva dal fatto che questi dolcetti si possono mangiare in un sol boccone.

È sicuramente un dolce dal nome strano i Ricciarelli, uno dei più riconoscibili biscotti italiani e vanto della città di Siena, nati nel Medioevo nelle corti toscane su ispirazione araba: secondo quanto si narra, a introdurre e battezzare questa prelibatezza è stato il cavaliere Ricciardetto Della Gherardesca, a cui la forma del prodotto ricordava la tipica punta arricciata delle calzature mediorientali che aveva avuto modo di conoscere bene durante le Crociate.

Sono invece più incerte le origini della polacca aversana, una sorta di torta di pasta brioche ripiena di crema pasticcera e amarene: secondo alcuni, la ricetta è stata inventata dal pasticcere aversano Nicola Mungiguerra intorno al 1920 su suggerimento di una suora di origini polacche che viveva nella cittadina casertana. Secondo altri, invece, il dolce è una sorta di rielaborazione del classico pasticciotto leccese (con pasta brioche al posto della pasta frolla) e sarebbe stato così chiamato perché nella versione monodose ricorda la forma delle scarpe polacchine, prodotte da varie fabbriche proprio ad Aversa.

polacca-aversana

Merita una menzione tra i dolci con nomi strani anche le ‘mpanatigghi siciliane, che di curioso hanno anche la farcitura: la loro etimologia deriva da empanadas, i tipici fagottini ripieni della cucina spagnola, a cui l’accomuna anche la presenza di carne! Pur essendo infatti a base dolce – con un composto di mandorle, noci, cioccolato, zucchero, cannella e chiodi di garofano – l’altro ingrediente che caratterizza le mpanatigghi è la presenza di carne di manzo, una tradizione che affonda nel passato.

Dolci con nomi strani stranieri

Anche all’estero ci sono tanti esempi di specialità dolciarie che hanno nomi bizzarri e sorprendenti.

Assaggiare il croquembouche francese ci fa capire perché si chiama così: questa montagna di bignè ripieni legati da caramello è letteralmente croccante in bocca (traduzione di croque en bouche), proprio perché il caramello forma uno strato molto fragrante, per poi lasciare spazio alla morbidezza del bignè e della sua farcitura.

Chi si trova a Vienna può seguire l’esempio di Francesco Giuseppe I, imperatore d’Austria, e fare colazione con la kaiserschmarrn – letteralmente frittata dell’imperatore: secondo la leggenda, infatti, questo dolce composto da un pancake tagliato a pezzetti e servito con marmellata, frutti di bosco e zucchero a velo era il piatto preferito dello stesso Francesco Giuseppe I e non mancava mai alla sua tavola.

Ci spostiamo in Germania con le schwäbische nonnenfürzle, che in tedesco significa peti delle suore di Svevia e sono palline di pasta fritta avvolte da zucchero o cacao. Si racconta che il nome derivi dall’ironia di un vescovo: mentre una suora preparava i dolcetti per questa personalità, infatti, commise l’errore di immergere l’impasto troppo umido nel grasso di frittura, provocando uno sbuffo ambiguo; la suora corse via imbarazzata, ma lo stesso vescovo sorrise e decise di chiamare questi pasticcini nel modo con cui oggi sono conosciuti. In realtà, probabilmente il nome odierno è una derivazione sbagliata di nunnekenfurt, espressione medievale che significa qualcosa tipo “preparato al meglio dalle suore”, che però si è diffuso proprio per il riferimento malizioso.

Il sakotis è un dolce tradizionale della Lituania e nella lingua locale significa ramificato: la forma di questa specialità ricorda infatti un abete e per arrivare all’effetto finale serve un apposito rullo rotante.

Ben più semplice è preparare una Eton mess, dolce di origine inglese che unisce panna, fragole e meringa sbriciolata: si narra che il nome derivi da un “pasticcio” compiuto al college di Eton da un labrador, che durante una partita di cricket si sedette un cesto da picnic che conteneva una Pavlova con fragole e panna, spappolandola completamente. Di fronte a questo caos (mess in inglese), gli studenti di Eton provarono comunque a non gettare il dolce e si accorsero che ne valeva la pena!

Sempre in Inghilterra, poi, troviamo vari dolci a cui sono date denominazioni curiose: fat rascal (ciccione monello) è una focaccina tondeggiante di origine ed etimologia misteriosa, mentre più chiari sono i riferimenti legati ad alcune varianti di pudding.

Ad esempio, jam roly poly è un rotolo farcito con marmellata, ma viene anche chiamato shirt-sleeve pudding (a quanto pare, perché era tradizione cuocerlo all’interno di una vecchia manica di camicia) o in maniera più macabra dead-man’s arm o dead man’s leg (rispettivamente, braccio o gamba di morto). Spotted dick è invece un pudding cotto al forno contenente frutta secca: proprio questo ingrediente crea sulla superficie l’effetto maculato (spotted, in inglese), mentre la parola dick era un termine dialettale comune per definire il pudding (alternativa a dough, impasto), che però contiene anche una certa quota di maliziosi doppi sensi, perché è un altrettanto comune termine per identificare il pene – tanto che nel 2009 lo staff di catering del Consiglio della contea di Flintshire ha deciso di rinominare il dolce Spotted Richard per eliminare ogni ambiguità.

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