Fodmap: risolve i problemi intestinali? Vediamoci chiaro

È da diversi anni che si parla di dieta Fodmap, considerata una soluzione per combattere problemi intestinali come la sindrome del colon irritabile o più generali disordini funzionali gastrointestinali: al contrario di tante mode alimentari, in questo caso parliamo di un protocollo che ha solide fondamenta scientifiche e che si basa sull’individuazione dei cibi che possono peggiorare i sintomi di questi fastidi.

Che cosa significa Fodmap

Il termine Fodmap è l’acronimo di Fermentable Oligo-saccharides, Disaccharides, Mono-saccharides and Polyols, utilizzato per la prima volta dagli studiosi australiani Peter Gibson e Susan Sheperd. La sigla riassume e sintetizza i vocaboli inglesi per “fermentabili, oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli”, elencando quindi i “nemici” che possono irritare il colon, ovvero degli zuccheri dall’alto potere fermentativo presenti in vari tipi di alimenti, che possono favorire l’insorgenza di problemi intestinali.

Alimentazione e sindrome del colon irritabile

Secondo gli studi, la sola sindrome del colon irritabile riguarda almeno il 15 per cento della popolazione adulta italiana e colpisce in prevalenza le donne; a questa si aggiungono poi altri fastidi intestinali di difficile trattamento, per i quali mancano protocolli e linee guida terapeutiche specifici.

Tali difficoltà compromettono la qualità di vita del paziente, anche in maniera rilevante, affetti da dolori e gonfiori addominali, a volte accompagnati da stipsi o diarrea: l’intestino non riesce a svolgere in maniera ottimale la sua funzione digestiva quando si verificano alcuni fattori, non del tutto noti, tra cui sicuramente ha un ruolo lo stress.

Le caratteristiche dei Fodmap

L’alimentazione può avere una forte influenza su queste sintomatologie: la tesi degli studiosi australiani è che l’accumulo nell’intestino di un particolare gruppo di carboidrati a catena corta – tra cui fruttosio, lattosio, fruttani, galattani e polioli come lo xylitolo, il sorbitolo e il mannitolo – può, in soggetti sensibili o già sofferenti, causare l’aumento di liquidi, la produzione di gas nel lume intestinale e quindi l’insorgenza di stati di fermentazione nell’intestino, intensificando i disturbi.

Le sostanze Fodmad condividono tre caratteristiche in comune: sono assorbiti in modo incompleto nel tratto gastro-intestinale; sono molecole piccole e attive nell’osmosi, quindi richiamano acqua nel lume intestinale; sono velocemente fermentate dai batteri intestinali, quindi favoriscono la produzione di gas.

Quali sono gli alimenti Fodmap

Gli zuccheri “fermentabili, oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli” sono contenuti in vari tipi di cibi e alimenti, e in particolare si trovano in

  • derivati del grano e della segale;
  • cous-cous;
  • latte e prodotti caseari;
  • frutta (soprattutto mango, pera, cocomero, ciliegie, albicocche, datteri e fichi);
  • miele;
  • cioccolato;
  • verdure cotte a foglia larga (cicoria e bietola, soprattutto);
  • verdure come asparagi, broccoli, finocchi, legumi, peperoni e funghi.

Quindi, contengono Fodmap anche alimenti quotidiani come la frutta (fruttosio), latte (lattosio), caramelle e chewing-gum (xilitolo) e grano (fruttani), e l’elenco comprende, come si nota, anche tantissimi cibi che sono fonti di fibre vegetali, che accelerano il transito intestinale degli alimenti e aiutano l’organismo, e quindi non è facile stabilire quali sono i livelli da non superare all’interno di un regime bilanciato.

La dieta low Fodmap

Gli studi effettuati e le successive ricerche hanno portato alla creazione di un protocollo alimentare – noto come dieta Low-Fodmap – che si suddivide in tre fasi e che riduce l’assunzione di questi cibi “a rischio”; gli esperti sono cauti nel definire gli zuccheri a catena corta una causa certa della sindrome da colon irritabile, ritenuta un’ipotesi azzardata, ma l’esperienza pratica sembra provare i benefici di questo sistema.

Ad ogni modo, la dieta dura 6-8 settimane e prevede tre momenti ben particolari: si comincia dalla eliminazione (in verità, una limitazione nel consumo) di cibi ricchi di Fodmap per un periodo di 3-6 settimane, durante il quale si studiano gli effetti sulla sintomatologia lamentata dal paziente, per verificare se i disturbi iniziano a regredire.

La fase seguente è di reinserimento graduale degli alimenti esclusi ed è molto delicata, perché serve a individuare le quantità e la frequenza di consumo che possono generare i problemi intestinali, e quindi a comprendere quali sono gli alimenti che si possono assumere (e, appunto, in quali frequenze e quantità) e quali invece andrebbero esclusi per danni intestinali.

In ultimo si procede con la fase di mantenimento, sulla scorta dei risultati precedenti, che consente all’individuo di poter mangiare in modo vario e ricco, pur facendo attenzione a determinati alimenti “a rischio”.

I benefici della dieta low Fodmap

È evidente che questo percorso può essere intrapreso solo insieme a un professionista, che possa studiare bene la dieta, determinare la quantità corretta di sostanze di cui l’organismo ha bisogno e bilanciare il regime alimentare in base ai riscontri.

Gli studi dimostrano che i pazienti che consumano pochi Fodmap a tavola avvertono sintomi di disturbi intestinali decisamente attenuati; rispettando i principi della dieta e individuando gli alimenti più dannosi per la propria salute intestinale, poi, i pazienti possono tornare a mangiare la gran parte degli alimenti, badando solo a quantità e frequenza di consumo.

Ad ogni modo, gli esperti consigliano di intervenire da subito quando si avvertono fastidi intestinali, riducendo il consumo di caffè, alcol, cibi piccanti e alimenti che provocano fermentazione, e in particolare di evitare farinacei, legumi, cavolo e i suoi derivati, ed eliminando del tutto dalla dieta quotidiana le bevande alcoliche zuccherate e le bibite gassate (compresa l’acqua frizzante).

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