È il primo alimento per tutti i mammiferi; di quello materno facciamo esperienza alla nascita e ci accompagna nei primi mesi di vita, mentre quello vaccino diventa poi ingrediente centrale per la cucina, tra colazioni e creazione di tante ricette. Ma non c’è un solo latte e, senza voler prendere in considerazione le bevande vegetali alternative, sono tantissimi gli animali da cui si ricava questa bevanda, che ci “donano” tipi speciali di latte e dalle caratteristiche uniche.
I tipi di latte
Iniziamo subito da una definizione tecnica (e legale): in Italia, può essere definito e commercializzato come latte senza ulteriori specifiche solo il latte vaccino, quello cioè che si ricava dalle mucche; in tutti gli altri casi bisogna usare le espressioni bevanda di origine vegetale oppure indicare l’animale di origine, come nel caso di latte di asina.
Il latte vaccino è quindi quello più comune e diffuso: si trova in commercio fresco, trattato per una lunga conservazione, crudo, pastorizzato, intero, scremato o parzialmente scremato, microfiltrato, nella ricercata versione latte di fieno e così via. Di base, è un prodotto mediamente proteico, dal gusto delicato ma persistente e da caratteristiche nutrizionali complete: oltre che per il consumo umano, è usato per le trasformazioni casearie e serve per creare prodotti come formaggi, burro, yogurt e panna.
Gli altri latte di origine animale
Ma non è solo dalle vacche che l’uomo raccoglie il latte che consuma e ci sono almeno altri 7 animali utilizzati come fonti di approvvigionamento: bufale, pecore, capre, cavalli, asini, cammelli e dromedari.
Questi tipi di latte animale hanno caratteristiche comuni – ad esempio, sono composti almeno per l’80% da acqua e hanno una quota sensibile di grassi, trigliceridi e colesterolo (il più magro è il latte bovino, il più grasso quello di pecora) – ma notevoli sono le differenze tra una specie e l’altra, che determinano anche la possibilità di consumo come bevanda.
Il latte di bufala
Il latte di bufala si estrae dalle femmine di bufalo, appunto, ed è una bevanda di colore bianco opaco e gusto dolce; non è adatto al consumo al naturale, ma è particolarmente indicato per la caseificazione e in Italia è largamente impiegato per la produzione di formaggi a pasta filata (basti pensare alla eccellente mozzarella di bufala) e nella caseificazione di alcuni latticini e formaggi stagionati.
Il latte di bufala è più calorico e grasso di quello vaccino, rispetto a cui ha anche una maggiore sostanza secca (vale a dire presenza di grassi, proteine e tutto ciò che non è acqua), che determina la superiore resa casearia (pari a oltre l’80%).
Latte di pecora
Il latte di pecora è la principale alternativa al latte vaccino, il secondo tipo più venduto e consumato dalla popolazione generale in Italia (anche se soprattutto per finalità legate all’industria alimentare), con caratteristiche nutrizionali abbastanza simili a quelle del latte intero vaccino.
Nell’alimentazione, il latte di pecora si usa proprio in maniera analoga al latte vaccino, a cui può essere preferito semplicemente per disponibilità commerciale o preferenze di gusto (quello di pecora ha sentori molto più marcati). Bisogna però notare che il latte di pecora è più calorico del latte tradizionale, con una maggior presenza di grassi, proteine e glucidi, ma è anche una rilevante fonte di calcio, retinolo (vitamina A) e riboflavina (vitamina B2).
La sua diffusione è concentrata soprattutto nell’industria alimentare, perché la ricca presenza di caseina lo rende ingrediente ideale di caseificazione e di produzione di ricotte.
Il latte di capra
Diffuso e apprezzato è anche il latte di capra, che rispetto al vaccino si caratterizza per una inferiore quantità di lattosio, grassi saturi e colesterolo che determinano anche maggiore assimilabilità, oltre a essere ricco di calcio, fosforo, potassio e riboflavina.
È forse il tipo di latte più saporito, perché gli acidi grassi a corta catena gli conferiscono un aroma e un gusto intensi e caratteristici e tendenti all’erbaceo, che però non tutti gradiscono; oltre al consumo al naturale, è molto apprezzato per la produzione di formaggi, yogurt, ricotta e altri prodotti caseari.
Il latte di cavalla
Il latte che si produce dai cavalli – chiamato latte equino o latte di giumenta – è povero di grassi, molto digeribile e vanta un alto contenuto di immunoglobuline A secretorie (IgA), anticorpi che contribuiscono a tenere lontane le infezioni e rafforzare il sistema immunitario.
Per questi motivi, si sta facendo conoscere e apprezzare anche presso i consumatori più attenti, rivelandosi anche una possibile alternativa sana per l’alimentazione dei neonati per le similitudini con il latte materno umano, soprattutto in caso di allergie alle proteine del latte vaccino.
Il latte di giumenta è molto diffuso in Oriente e in particolare in Asia centrale, dove è ingrediente come per l’alimentazione umana: qui viene impiegato per il consumo diretto ma anche per preparare il kumis, una bevanda fermentata e piuttosto alcolica per l’elevata carica zuccherina del latte. Non è invece adatto per fare formaggi, perché non coagula con l’aggiunta di caglio bovino, ma sono allo studio soluzioni alternative per superare questo limite.
Il latte di asina
È il tipo di latte che più si avvicina a quello umano e, nei tempi antichi, era spesso impiegato quando non era disponibile l’allattamento materno o della nutrice: il latte di asina ha un basso tenore lipidico (pochi grassi) e un elevato contenuto di acidi grassi, omega3 e tasso di lattosio, mentre dal punto di vista nutrizionale si segnala la presenza di due proteine funzionali – lisozima e lattoferrina – molto utili per la loro attività antimicrobica.
Oltre che per l’uso alimentare, storicamente il latte di asina era molto apprezzato per la produzione cosmetica visto il suo contenuto di acidi grassi, che hanno importanti capacità di rinnovare, proteggere e svolgere un’azione antiossidante declinata in prodotti per la cute o la cura del cuoio capelluto.
Il latte di cammello e di dromedario
Chiudiamo con altri due tipi di latte molto simili tra loro, così come le animali da cui si ricavano: cammello e dromedario. Queste bevande sono da sempre base dell’alimentazione delle popolazioni nomadi del deserto, ma negli ultimi tempi sono diventate di moda grazie anche all’azione dell’influencer Kim Kardashian, che ha decantato varie volte sui social i benefici di questo latte per la salute del corpo e della pelle.
Il latte di cammello e il latte di dromedario hanno caratteristiche affini: visivamente ha un colore bianchissimo e, appena munto, presenta una schiuma densa; il suo sapore è leggermente più salato rispetto al latte vaccino. Inoltre, si tratta di alimenti poco calorici (circa 53 calorie per porzione da 100 ml di latte, contro le 62 del latte vaccino), ricchi di proprietà benefiche come vitamina C e minerali (soprattutto ferro, magnesio e fosforo), più ricco di grassi ma con un valore più basso di glucosio e più facilmente digeribile del classico latte.
Il latte di cammello o di dromedario è molto esclusivo e costoso, perché la produzione di tali animali è bassa: si stima che le cammelle pakistane e afgane riescano a produrre al massimo 5 litri di latte al giorno, mentre le dromedarie raggiungono i 20 litri di latte al giorno, comunque lontanissime dalla media di 40 litri degli allevamenti di mucche.
Dal 2013, la produzione e commercializzazione di latte crudo di cammello e dromedario sono autorizzate anche in Europa se proviene da Dubai (Paese che certifica che gli allevamenti sono esenti da afta epizootica e che i prodotti siano sottoposti ad adeguate misure sanitarie), e altre zone di grande produzione sono Somalia e Arabia Saudita, ma si segnala anche la presenza di un piccolo produttore locale alle pendici dell’Etna. Ad ogni modo, si suggerisce sempre di bere questi latte dopo pastorizzazione.