È una superstizione che lega gran parte d’Italia, perpetrata da tempo immemore e il cui significato si è forse ormai perso: eppure, mai provare a mettere il pane capovolto a tavola, altrimenti saranno guai! In realtà, dietro questa comune usanza c’è un motivo storico che racconta anche l’ostracismo subito da un antico mestiere e da chi lo praticava.
Pane capovolto a tavola, tra religione, superstizione e storia
Grande sventura, disprezzo dell’alimento, mancanza di rispetto per gli altri commensali: un semplice gesto come quello di posizionare il pane sottosopra nasconderebbe tutti questi significati, secondo una delle più note superstizioni legate agli alimenti che sono vive in Italia.
A scatenare questa malasorte non è solo l’atto di appoggiare il pane capovolto sul tavolo, ma anche il servire del pane sottosopra a un altro commensale: gli effetti negativi e il simbolismo restano infatti immutati, e attingono sempre alla storia di questo alimento.
Il simbolismo del pane
In realtà, una prima spiegazione sulla superstizione del pane capovolto affonda le radici nella religione cristiana, com’è facile intuire: per i cattolici, in particolare, il pane è il “corpo di Cristo”, e posizionare al contrario questo alimento rappresenta quasi una bestemmia, equivalente al mettere Gesù a faccia in giù. Un atto di disprezzo e di mancato accoglimento del “figlio di Dio”, ma anche un gesto che richiama a eresie e satanismi, che spesso utilizzano simboli religiosi invertiti, come la croce capovolta.
Un altro esempio del forte senso religioso legato al pane lo troviamo anche in un’abitudine diffusa nella città di Napoli, dove gettare il pane è considerato praticamente un atto blasfemo: ogni pezzo viene usato e riciclato più che possibile anche da raffermo (si pensi a preparazioni tipiche come le polpette), e quando proprio è impossibile recuperarlo ancora è tradizione baciare il pane prima di posizionarlo nella spazzatura.
Il pane del boia
E quindi, il pane è un alimento sacro, anche perché in passato rappresentava il principale (a volte unico) alimento di sostegno per le necessità di sostentamento delle famiglie, soprattutto di tempi di guerra. Eppure, questo simbolismo così intenso comunque non spiega a fondo perché il pane capovolto sia visto in maniera così sciagurata, ed è qui che ci aiuta la storia (o la leggenda).
Il vero motivo di questa superstizione deriverebbe infatti da usanze nate intorno alla metà del Quattrocento in Francia e nei territori guidati da Carlo VII, il Re Vittorioso, passato alla storia anche per politiche interne piuttosto dure, a cominciare dall’utilizzo diffuso della pena di morte.
Proprio per questo, durante il suo regno il boia era diventata una professione ricercata, che diede impiego a persone comuni che, spesso per necessità, si ritrovavano con un’ascia in mano a compiere un’efferata esecuzione mortale. I cittadini, però, iniziarono a temere e disprezzare i boia e, in particolare, i fornai servivano loro del pane di bassa qualità.
A supporto di questi professionisti si schierò lo stesso Carlo VII, che emanò un decreto con cui intimava ai panettieri di trattare i clienti senza distinzioni di rango e lavoro e, quindi, di riservare pane di qualità anche ai boia – sancendo il principio “chi non accetta il boia come cliente diventerà cliente del boia”. Spaventati ovviamente dalla minaccia ma convinti delle proprie ragioni, i fornai trovarono un altro ingegnoso sistema per protestare contro il re e gli esecutori materiali delle sue condanne: distinguere il pane destinato ai boia mettendo le pagnotte capovolte. A sua volta, poi, il re decise di risolvere la questione decidendo di far operare i boia incappucciati, per renderli irriconoscibili dagli altri cittadini.
Un’altra variante di questa storia, più semplice, sostiene invece che i panettieri si rifiutassero (per sdegno o per paura) di vendere pane ai boia; per rispondere alle richieste di queste persone, che rischiavano di morir di fame, il re impose una tassa a tutti i fornai sotto forma di pagnotte da destinare a questi odiati “aguzzini”. Costretti a obbedire, i panificatori decisero di produrre del pane con ingredienti di scarsa qualità, selezionati fra gli scarti del forno, e le pagnotte capovolte erano appunto il segno scelto per consentire agli altri clienti di distinguere i pezzi destinati ai boia.
I pani di una volta
Insomma, il pane capovolto ha un significato storico e ci ricorda di un tempo in cui anche la produzione di questo alimento basilare era fortemente condizionata dalle distinzioni sociali ed economiche: se infatti il pane di boia era appunto quello capovolto e probabilmente prodotto con ingredienti di qualità inferiore, esisteva anche una vera e propria scala di qualità del pane.
In cima a questa graduatoria c’era il Pane del Papa, poi a seguire il Pane dei Cavalieri e quello del prete, fino al pane dello scudiero, e ogni gradino era contraddistinto dalla perdita del colore bianco: infatti, il pane bianco era quello servito alle tavole dei ricchi, mentre alle altre classi sociali toccavano dei prodotti fatti con farine integrali e quindi pagnotte brune, come il pane di polenta, il pane di crusca, il pane di fave o il pane di ghianda.