Alla fine del conto al ristorante c’è sempre la voce relativa la coperto. Ma perché si paga il coperto? Proviamo a scoprirlo, ripercorrendo un po’ di storia della ristorazione italiana. Anche se si attende da tempo una legge anti-coperto, infatti, i ristoranti italiani posso inserire a oggi questa voce nel conto il coperto al ristorante fa parte della cultura italiana.
Il coperto si discute in Aula
La questione, quella fee che chiude il conto e che fa riferimento all’uso di tovagliato e stoviglie, oltre al servizio offerto dai camerieri, è tanto delicata da esser finita nelle discussioni su possibili leggi. Il coperto nel conto resta, viene abolito? La discussione è in corso ma al momento chi va al ristorante è tenuto a pagare il coperto e, volendo, può integrarlo con una mancia la cameriere.
Un po’ di storia
In origine il pagamento del coperto garantiva la possibilità di fruire di un posto al ristorante o in osteria. Nasce agli inizi del Medioevo a indicare la possibilità, da parte degli utenti, di utilizzare tavoli, tovaglie e stoviglie di un’osteria portandosi però il pranzo da casa. Un fagotto in spalla con il cibo da consumare ma senza rinunciare al pranzo della domenica fuori casa. In osteria, infatti, si acquistava solo il vino. Ecco perché l’idea di coperto rimanda proprio a stoviglie e tovagliato e non all’uso del cestino di pane, come spesso viene inteso. Ma perché i ristoratori accettavano di ricevere solo il coperto, rinunciando alla vendita degli alimenti? Semplice, perché solo in questo modo era possibile allargare l’utenza. Agli inizi del Medioevo e per molto tempo ancora, infatti, solo le classi più facoltose potevano permettersi un pranzo fuori casa e, inutile dire, non erano certo la maggioranza della popolazione. Inoltre, non volevano rinunciare al guadagno sul vino. Da specificare che il coperto non era conteggiato per quei clienti che si recavano all’osteria per consumare cibi prepararti dall’oste.
Quando il coperto inizia ad associarsi al pane
Perché oggi leghiamo l’idea di coperto al consumo del pane? Perché per contrastare l’invasione di avventori particolarmente scostumati, i ristoratori iniziarono ad affiancare all’acquisto del vino, il consumo del pane. E’ così che il pane rientrò nel pagamento del coperto, siamo arrivati così all’inizio del Novecento. Ma oggi cosa corrisponde al coperto? In realtà più nulla, al ristorante si paga tutto e soprattutto non si entra con il pranzo preparato a casa.
Coperto sì, coperto no
Anche se può far sorridere l’idea che le Camere si perdano in discussioni sul coperto, il tema presenta aspetti sociali di gande interesse. Proprio in un contesto socio-economico complesso come quello attuale, infatti, l’idea originale del coperto potrebbe essere reintrodotta per andare verso le esigenze delle famiglie in maggiore difficoltà. Dal 1987, la Franci ha scelto di abolire il coperto. Il costo di pane, acqua e servizio, infatti, deve essere indicato nei costi presentati al cliente. Da riflettere, poi, sul fatto che molto spesso ci ritroviamo a ordinare dell’acqua in bottiglia quando dovrebbe far parte del coperto. In Italia, il tema è lasciato alla decisione delle autonomie locali. Fa scuola Roma, in questo senso. Nel 1995, infatti, il coperto è vietato da un’ordinanza del sindaco. Può essere indicato nel conto, però, il consumo di pane e acqua. Accade il contrario nel 2006 con una legge regionale che abolisce la dicitura relativa a pane e acqua ma introduce il riferimento al servizio. I locali, però, devono esporre sia la licenza che l’autorizzazione all’esercizio della ristorazione. Da mettere in evidenza, rigorosamente, anche il listino dei prezzi. Come finirà la storia della legge anti-coperto? E’ di certo presto per dirlo, al momento non sembra essere tra le priorità da affrontare ma non è da escludere che presto ci saranno sorprese su questo fronte.