Si chiama carbonato di ammonio, ma più comunemente la conosciamo come ammoniaca per dolci e forse la usiamo abitualmente per far lievitare biscotti e altri dolci: eppure, anche questo prodotto, come tanti “additivi alimentari”, è finito un po’ sotto accusa ed è visto con sospetto dai consumatori, preoccupati delle possibili conseguenze. Tutti a chiedersi, insomma, se l’ammoniaca per dolci fa male: in questo caso, e per fortuna, la risposta è assolutamente negativa, come vedremo.
Che cos’è l’ammoniaca per dolci
L’ammoniaca per dolci si chiama tecnicamente carbonato d’ammonio ed è un sale di ammonio dell’acido carbonico: si tratta di un agente lievitante utilizzato in pasticceria, sia a livello industriale che casalingo, che si distingue facilmente per l’odore forte e pungente, che ricorda quello della classica ammoniaca detergente.
A contatto con l’acqua, questo prodotto libera anidride carbonica e innesca quindi il processo di lievitazione, che assume caratteristiche molto particolari: in particolare, fa crescere rapidamente la massa e consente di ottenere degli alveoli più piccoli e uniformi (grazie alle piccole bolle di anidride carbonica che produce). Per questo motivo per cui l’ammoniaca alimentare si usa soprattutto per fare dei biscotti da colazione, che diventano friabili, leggeri e perfetti per l’inzuppo, aumentandone al contempo anche il tempo utile di conservazione.
In generale, l’ammoniaca per dolci è efficace nella preparazione di prodotti secchi, come biscotti o le basi delle crostate, per la sua azione potente e risultati migliori in termini di friabilità, ma non è consigliata per i lievitati e dolci che devono restare soffici, anche perché in cottura potrebbe non essere liberato tutto il carbonato di ammonio, che farebbe sentire il suo sapore nel dolce finito.
Ci sono due metodi di impiego dell’ammoniaca per dolci: in alcuni casi, è prevista la dissoluzione della polvere in un liquido tiepido (latte o acqua), mentre altri prodotti consentono di aggiungerla direttamente alla farina e alle altre polveri, come avviene con il lievito. Ciò che è fondamentale è rispettare le percentuali massime di impiego (di solito riportate in etichetta), che arrivano al 10-12 per mille del peso della farina.
Gli altri utilizzi dell’ammoniaca alimentare
Oltre che come agente lievitante, l’ammoniaca e i sali che ne derivano trovano altre applicazioni in ambito alimentare.
Ricordiamo, ad esempio, il cloruro di ammonio, diffuso nei Paesi nordici (aree baltiche e Paesi Bassi) per la produzione del salmiakki (un particolare tipo di liquirizia), oppure il bicarbonato di ammonio (un composto chimico diverso dal precedente) che viene usato nell’industria dolciaria come regolatore di acidità, identificato in etichetta dalla sigla E503. Lo stesso bicarbonato, inoltre, può servire come supporto di additivi, antiagglomerante, agente di rigonfiamento e addirittura (uscendo dall’ambito alimentare) nella carica degli estintori, proprio perché ha la capacità di cedere e liberare anidride carbonica.
Sempre in tema di applicazioni alternative, citiamo l’idrossido di ammonio (ammoniaca disciolta in acqua), che serve come igienizzante per pulire gli strumenti e i macchinari, ad esempio negli stabilimenti di imbottigliamento della birra e nell’industria lattiero-casearia.
Tornando al carbonato di ammonio, l’ammoniaca per dolci ha anche utilizzi molto particolari: ad esempio, in passato era un componente dei sali impiegati in ambito medico e domestico per far riprendere le persone afflitte da sintomi di svenimento, perché il rilascio di ammoniaca gassosa irrita le mucose e stimola i muscoli che controllano il respiro. Tale azione era nota anche nello sport professionistico, e veniva sfruttata per dare la carica agli atleti in discipline di potenza e contatto fisico come il football americano, l’hockey e il sollevamento pesi, prima che fosse dichiarata una pratica illecita.
Lo scandalo del pink slime negli Stati Uniti
Correlato agli utilizzi alimentari illeciti dell’ammoniaca c’è anche un famoso scandalo che ha coinvolto gli Stati Uniti d’America nel 2012, quando un’indagine giornalistica ha rivelato che il 70 per cento della carne macinata venduta nel Paese conteneva elevati livelli di ammoniaca a insaputa degli acquirenti.
Il caso fu battezzato “pink slime” perché questo è il nome dato alla “poltiglia rosa” che veniva utilizzata per preparare hamburger, salsicce, würstel negli States: queste sostanze, vere e propri scarti, erano ricavate dalla macellazione di tendini, cartilagini e altri parti di natura animali, che potevano entrare in contatto con le deiezioni degli animali durante la macellazione.
Per nascondere questo problema, gli operatori dell’industria alimentare statunitense pensarono di sfruttare l’ammoniaca per lavare e pulire il pink slime, creando di fatto un doppio danno ai poveri consumatori, che ingerivano non solo una poltiglia di bassa qualità, ma anche forti dosi residuali di ammoniaca.
L’ammoniaca per dolci fa male?
Veniamo quindi al dubbio che accompagna di frequente questo agente lievitante: l’ammoniaca per dolci fa male?
La risposta breve è no: si tratta di un prodotto sicuro per il consumo umano, a patto di rispettare le dosi previste dalla ricetta e di procedere a una cottura lunga dell’alimento, che rende innocua la sostanza facendo evaporare anche il forte profumo, che non lascia traccia nei nostri dolci o biscotti.
La questione nasce probabilmente dalla somiglianza tra l’odore dell’ammoniaca per dolci e quella dell’ammoniaca detergente, che quindi fa sorgere qualche preoccupazione: in realtà, a parte un’origine chimica simile, non c’è alcun tratto in comune tra questi due elementi, e quindi possiamo tranquillizzarci.
Ciò non significa, comunque, che non ci siano dei minimi rischi correlati all’uso dell’ammoniaca alimentare, che può essere tossica se mangiata cruda direttamente dalla bustina, perché come detto è la cottura prolungata che ne disattiva profumi e tossicità. E quindi, vale sempre la regola base: rispettare le dosi e i procedimenti indicati dalle ricette e non eccedere nell’utilizzo (in genere mai oltre i 10-20 grammi per composto), di modo che i nostri dolci non abbiano né l’odore, né il sapore dell’ammoniaca.