Il food delivery è ormai una realtà consolidata anche in Italia, soprattutto dopo gli anni di pandemia che ci hanno costretto (e poi convinto) a convertirci alla praticità di ordinare a domicilio tante tipologie di piatti e praticamente ogni tipo di prodotto alimentare, pane compreso. E se la mancanza di tempo, la comodità di gustare piatti di qualità senza muoversi da casa e la possibilità di sperimentare cucine diverse in modo facile sono alcuni dei motivi del successo del delivery, ci sono però alcuni “segreti” che dobbiamo valutare, in particolare rispetto ai piatti da non ordinare.
Il successo del food delivery
Secondo le ultime stime, in Italia il mercato del digital food delivery ha sfiorato quota 1,5 miliardo di euro, in forte crescita dopo il già positivo 2020: ormai gli italiani si sono riscoperti appassionati del click-dinner, ovvero delle cene (e più in generale dei pasti) a portata di click da smartphone, grazie alla diffusione di app food come Deliveroo, Glovo, Just Eat, Foodora, Uber Eats, i maggiori player attualmente presenti sul nostro territorio.
A questi poi si uniscono i sistemi digitali avviati – anche su base singola – dai grandi ristoratori (compresi alcuni stellati Michelin) che sin dal lockdown hanno sperimentato nuove soluzioni per raggiungere i clienti, e poi il classico servizio di consegna a domicilio offerto dai ristoranti e, soprattutto, dalle pizzerie su base locale.
Food delivery, 6 piatti da non ordinare a casa
Insomma, tutti noi ormai ordiniamo a distanza un pasto: che sia per la pausa pranzo in ufficio, per una cena romantica o semplicemente perché non abbiamo voglia di cucinare o abbiamo il desiderio di gustare qualcosa d’esotico, utilizzare il food delivery è comodo e pratico.
Eppure, ci sono alcune controindicazioni – e non solo di tipo economico/etico (polemiche sui rider e sui loro compensi in primis) o di igiene – rispetto a questa pratica, perché alcuni piatti non tollerano il trasporto e rischiano di subire effetti negativi che ne compromettono gusto e consistenza. In particolare, ci sono almeno 6 pietanze che non dovremmo mai ordinare a casa, perché sono quelli che possiedono il maggiore “scarto” tra il consumo domestico e l’assaggio al ristorante a causa di vari fattori.
- La pizza
Sembra incredibile, visto che è probabilmente il cibo che più frequentemente si ordina a domicilio, eppure per i puristi e per i pizzaioli la pizza va consumata solo in pizzeria, servita fumante appena uscita dal forno. I problemi sorgono perché il trasporto all’interno del cartone fa lentamente deperire il prodotto, che dopo 20-30 minuti diventa freddo, secco e gommoso. Insomma, un’esperienza del tutto diversa dal piacere che si prova addentando una pizza perfetta!
- La pasta e il ramen
Anche la pasta, un altro dei grandi classici della cucina italiana, ha un cattivo rapporto con il food delivery: un tempo di attesa di circa 30 minuti significa che la pietanza (chiusa nel contenitore di plastica alimentare e nel cartone) continua praticamente a cuocersi all’interno del suo stesso vapore di condensa, aumentando il rischio di ritrovarsi con un piatto lontanissimo da quello preparato originariamente e desiderato, perché colloso e addensato in modo poco invitante.
Lo stesso problema avviene ordinando il ramen: gli ingredienti di questo piatto orientale continuano a cuocere nel brodo durante il trasporto, col risultato che tutto sarà completamente scotto quando apriremo la confezione a casa.
- Fritti
Il tempo è fattore critico anche per chi ordina fritture, sia le classiche patatine fritte che specialità come i fritti di mare o la frittura all’italiana: la croccantezza è una caratteristica che determina la golosità di queste prelibatezza, ma quando le ordiniamo a distanza rischiamo di ritrovarsi con pietanze fredde e ormai mollicce, che neppure un tentativo di riscaldamento in forno o al microonde può salvare.
- Sushi
Di segno completamente opposto sono i rischi del consumo di sushi ordinato a domicilio, che rimandano a possibili intossicazioni alimentari da consumo di pesce crudo di cui si interrompe la “catena del freddo”: se il prodotto non è raffreddato a sufficienza nel trasporto e se passa troppo tempo tra la preparazione e il consumo, infatti, germi e batteri potrebbero attivarsi e proliferare in modo pericoloso.
- Gelato
L’interruzione del freddo rende svantaggioso anche ordinare gelato a distanza: in media, una consegna avviene da 15 a 60 minuti dopo l’ordine, e pertanto un gelato artigianale difficilmente può arrivare a casa nostra completamente intatto e cremoso come “all’origine”.
- Vino
Secondo i puristi e gli estimatori, il delivery rischia di compromettere le caratteristiche organolettiche di vini fermi o bollicine, perché nel corso del trasporto potrebbero non essere prese tutte le necessarie accortezze per preservare le bottiglie e il loro prezioso contenuto.
Food delivery e igiene, le indagini di Altroconsumo
Nella maggior parte dei casi citati, i rischi sono soprattutto di natura “qualitativa” – ovvero, il prodotto peggiora dal punto di vista organolettico rispetto a quello appena preparato – e solo il sushi può invece determinare un vero e proprio rischio alimentare.
Eppure, secondo un’indagine di Altroconsumo ci sono altri tipi di potenziali pericoli legati al food delivery, che interessano soprattutto la difficoltà di individuare la presenza di allergeni nei menù e le pratiche di corretta conservazione dei piatti con la consegna.
Sul primo versante, il test del 2020 eseguito si 60 ordini rivelava che “nel 25% dei casi non è presente una lista di ingredienti utilizzati per le ricette, nell’85% non è possibile deselezionare gli ingredienti e solo due ristoranti evidenziano gli allergeni sul menù della piattaforma come previsto dalla legge”; ancora peggio, anche nei casi in cui si è provato a segnalare le allergie a uova e soia, al momento dell’apertura della confezione in 18 volte è stata rilevata comunque la presenza di questi prodotti, come ingredienti o in tracce per contaminazione.
Critica anche la questione della temperatura degli alimenti, verificata al momento della consegna: per i piatti freddi (che non dovrebbero superare i 10°C) la temperatura media delle consegne rilevata è di 23.5°C, con punte di oltre 30°C in due ordini. Inoltre, quasi in 4 ordini su 10 non si raggiunge la sufficienza per questioni legate a sicurezza microbiologica.